Liguria, Sicilia, Toscana e Romagna: così riapriranno (o non riapriranno) le spiagge in Italia
Dalla Liguria che protesta alla costa romagnola e alla Sicilia ecco come si stanno preparando gli stabilimenti alle nuove aperture
de Forcade, Vesentini, Amadore, Pieraccini
6' di lettura
«Le regole messe a punto da Inail per la riapertura degli stabilimenti balneari non sono applicabili in Liguria: se restano queste non apriremo affatto. Siamo tutti d’accordo». Ad affermarlo è il presidente del Sib ligure (e vicepresidente nazionale), Enrico Schiappapietra, che rappresenta l’80% dei balneari della regione. «Ho parlato – spiega – anche con i miei omologhi di Fiba, di Cna e di altri sindacati: siamo tutti sulla stessa linea».
La dura posizione dei balneari liguri ha trovato, però, l’appoggio della Regione Liguria. «Abbiamo incontrato in videoconferenza - afferma l’assessore regionale al demanio marittimo, Marco Scajola - le associazioni di categoria di settore e le Camere di commercio. Abbiamo raggiunto un accordo e sottoscritto un documento per permettere agli stabilimenti di riaprire e lavorare, mantenendo le condizioni di sicurezza».
La quadratura del cerchio, secondo l’intesa consiste in «un distanziamento di 3 metri tra un ombrellone e l’altro, distanza misurata - sottolinea Scajola - partendo dalle due aste piantate nella sabbia; nobché una distanza sempre di 3 metri tra una fila e l’altra. Questo protocollo, concordato con le associazioni, verrà validato dal comitato tecnico scientifico, composto da figure sanitarie, che sarà varato nei prossimi giorni».
Nel documento, conclude Scajola, «è prevista una distanza minima di un metro e mezzo per le attrezzature da spiaggia non situate nella postazione con l’ombrellone, ad esempio i lettini. Ovviamente sono previsti tutti i protocolli di igienizzazione e sicurezza previsti a livello nazionale per garantire la salute delle persone. Si tratta di misure di buon senso, che contemperano le necessità di garantire la sicurezza con quella delle imprese di lavorare».
A suscitare in Liguria la dura protesta dei balneari è stata la combinazione di due fattori: «Fino a ieri – dice Schiappapietra – nelle bozze del decreto rilancio appariva anche una norma che imponeva, come previsto dalla legge 145/2018, l’estensione al 2033 delle concessioni in scadenza al 31 dicembre 2021, che in Liguria sono moltissime. Ora questa norma è sparita dal decreto. Ed molto grave per aziende che, dopo aver affrontato la mareggiata devastante del 2018 e quella del 2019 hanno investito per continuare a lavorare e ora devono gestire anche gli effetti del covid».
A questo, prosegue Schiappapietra, «si aggiungono le misure di distanziamento degli ombrelloni imposte dall’Inail. Immaginavamo che l’ente desse delle indicazioni generali e lasciasse alle singole Regioni la possibilità di decidere, in funzione degli stabilimenti presenti sul territorio. Invece l’Inail ha imposto, per tutti, una distanza di 4,5 metri tra ombrelloni sulla stessa fila e di 5 metri dalla fila davanti e da quella dietro. Insomma, per ogni ombrellone uno spazio di 22,5 metri. Più di un monolocale standard. Impraticabile in Liguria, dove la media, l’anno scorso, è stata di 5,5 metri quadrati».
Simili indicazioni, conclude Schiappapietra, «riducono del 75% la capacità ricettiva degli stabilimenti liguri rispetto all’anno scorso ed equivalgono a una volontà politica di chiudere la Liguria, che ha un turismo prettamente balneare».
Preoccupazione anche per i bagnini. «Gli 80 ragazzi che lavorano con noi – spiega Oreste De Rossi, della cooperativa Liguria servizi – mi chiedono che succederà. Se gli stabilimenti non aprono, resteranno senza lavoro».
La costa romagnola
In Emilia-Romagna c'è stato un mese di confronto serrato con bagnini, albergatori ed esercenti della costa romagnola dietro alla decisione apparentemente smart e condivisa annunciata dal governatore Stefano Bonaccini, che il 18 maggio riapriranno i 110 chilometri di spiagge tra Comacchio e Cattolica. Una decisione che cancella le classiche immagini da cartolina della Riviera-divertimentificio: addio alle sfilate colorate e serrate di ombrelloni, addio alla movida in spiaggia e ai buffet sul mare, addio alle discoteche trendy, addio a beach volley e palestra sotto il sole. La stagione riparte con 4 metri di distanza tra una fila e l'altra di ombrelloni (12 metri quadrati per ogni parasole), un metro e mezzo tra i lettini sulla battigia, accessi contingentati alle spiagge libere, steward con mascherina per gli ingressi ordinati negli stabilimenti e la consegna di cibi e bevande sotto l'ombrellone.
«Significa che perderemo circa il 40% degli ombrelloni e quindi dei clienti e non potremo certo aumentare del 40% i prezzi per pareggiare i conti, perché perderemmo il valore di anni di lavoro fatto per fidelizzare i turisti», commenta Danilo Piraccini, consigliere della Cooperativa bagnini di Cervia, 200 stabilimenti e 30mila ombrelloni nelle stagioni pre Covid-19.
La Romagna - la più importante industria turistica del Paese con i suoi 3.500 alberghi, altri 400mila posti letto tra alloggi privati, campeggi e villaggi turistici, una rete di 1.600 stabilimenti balneari e un giro d'affari di 9 miliardi di euro – si è data per il 2020 un solo obiettivo: «Arrivare a settembre ancora tutti dritti in piedi, nonostante i guadagni azzerati di Pasqua e del ponte del 1° maggio e la prospettiva di una stagione estiva corta, che a fine agosto sarà già finita e che produrrà ingenti perdite soprattutto per le medie strutture alberghiere, quelle piccole e datate. Ma stiamo già progettando il 2021 qui a Cervia – rimarca Piraccini – affideremo uno studio a Nomisma e Crif per monitorare l'andamento del business in questa estate extra-ordinaria e partiremo dai dati per costruire un progetto ragionato di rilancio».
Le linee guida in Sicilia
«Noi siamo pronti a fare la nostra parte ma servono regole chiare e purtroppo queste linee guida che abbiamo letto ci mettono seriamente in difficoltà». A parlare è Alessandro Cilano, procuratore legale della cooperativa L'Ombelico del Mondo che gestisce un lido sulla spiaggia di Mondello a Palermo (una trentina gli addetti) ed è presidente regionale della Fiba (balneari) di Confesercenti. I gestori dei lidi siciliani (sono circa 3.000 le concessioni in tutta la regione) si sentono tra l'incudine e il martello. Costretti a riaprire e investiti di responsabilità: «Ci si chiede un distanziamento di cinque metri quando basterebbe un metro e mezzo e poi c'è la questione dell'obbligo delle mascherine - dice Cilano - insomma un caos. Al mare a certe temperature ci sembra veramente impossibile che il virus possa sopravvivere. In ogni caso noi abbiamo fatto sempre la pulizia e la sanificazione e ci stiamo organizzando per contingentare gli ingressi. Ma non è questo il problema: il tema vero è quello delle aree libere».
A Mondello i lidi sono circondati solitamente da aree , molto frequentate, liberamente accessibili da tutti: la battigia, lungo tutta la fascia della borgata marinara di Palermo, è solitamente occupata nell'alta stagione da migliaia di persone: «Ecco - dice Cilano - chi è responsabile della salute di questi cittadini?» Una situazione talmente complessa che, viene da pensare, potrebbe spingere gli imprenditori a non aprire saltando una stagione «e invece non è possibile - spiega Cilano - perché l'articolo 47 del Codice della navigazione prevede la decadenza della concessione in caso di mancata apertura». Cilano aveva spiegato qualche giorno fa quale fosse il progetto per provare ad aprire in sicurezza ma tutto va rivisto alla luce delle novità di questi giorni. E non solo per lui.
Toscana e Isola d’Elba
In Toscana da settimane operatori e sindaci sono al lavoro per confezionare soluzioni anti-Covid che vanno anche al di là delle linee-guida raccomandate nei giorni scorsi da Inail e Iss. All'Isola d'Elba, per esempio, il presidente degli albergatori Massimo De Ferrari ha annunciato test sierologici per tutti i vacanzieri, da effettuare prima della partenza, al porto di Piombino, oppure al porto d'arrivo, anche se molti hanno già espresso dubbi sulla praticabilità e sui costi di questo sistema. L'isola punta comunque a conquistare l'immagine Covid-free, e sta lavorando in questo senso.
Al lavoro è anche il sindaco di Orbetello, Andrea Casamenti, che amministra uno dei territori toscani con più spiagge: ben 35 chilometri di litorale maremmano, coperto per il 95% da spiagge libere che, in questa fase, sono le più difficili da controllare. Da qui le idee: permettere agli stabilimenti balneari in concessione (una ventina) di allargarsi sulla spiaggia libera per mantenere lo stesso numero di ombrelloni; chiedere in cambio agli stessi stabilimenti di sorvegliare anche una parte di spiaggia libera confinante; affidare (a pagamento) alle associazioni Croce Rossa e Misericordia la sorveglianza delle spiagge libere residue, che spesso non solo collegate tra loro o hanno difficile accesso.
«Sono invece assolutamente contrario alla prenotazione sulle spiagge libere, tramite App o strumenti del genere – spiega il sindaco Casamenti – perché significherebbe la morte del turismo, così come sono contrario a mettere nastri per delimitare le aree in cui sdraiarsi».
Meno problemi, sulla carta, ci sono in Versilia, dove la situazione è rovesciata rispetto alla Maremma: il litorale è in gran parte occupato da stabilimenti balneari che affittano tende e ombrelloni per tutta la stagione, o comunque per periodi limitati, dietro prenotazione. Qui si tratterà soprattutto di far rispettare la distanza di sicurezza e alcuni stabilimenti hanno già annunciato di volersi dotare di termoscanner per misure la temperatura ai clienti.
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