Divorzio Calenda-Renzi, ecco come si riaprono i giochi al centro. Con vista europee
Ora è caccia agli alleati (radicali di Più Europa, liberali europei, singole personalità) per vincere il derby delle europee 2024, dove vige lo sbarramento al 4%. E se il leader di Azione non esclude in futuro un accordo con Schlein, il leader di Italia Viva punta ai voti di Forza Italia
di Emilia Patta
I punti chiave
- Il Riformista e la decisione di Calenda di liberarsi dell’ingombrante socio
- Le riserve di Renzi verso il partito unico: «Si capirà dopo le europee», diceva
- I termini del divorzio e le personalità di frontiera: da Bonetti e Rosato
- Calenda e Renzi già in cerca di alleati per il derby delle europee
- Il vantaggio di Renzi: il legame con la macroniana Renew Europe
- Meloni o Schlein: la crisi del progetto centrista in un campo ri-bipolarizzato
- Calenda a sinistra e Renzi a destra? Per ora l’ex premier punta ai voti di Fi
5' di lettura
A decretare ufficialmente la fine dell'unione tra Azione e Italia Viva in un unico partito è stato dopo 48 ore di fuoco in data 13 aprile - tramite video sui social - colui che ha innescato la crisi in polemica con Matteo Renzi, ossia Carlo Calenda, con la cancellazione della prevista riunione del comitato politico della federazione ormai divenuta inutile: «Il progetto del partito unico è definitivamente morto. Andremo avanti con due partiti e, se ricomporremo il clima, ci alleeremo dove sarà possibile». Intanto è ufficiale: alle Europee Italia viva e Azione si presenteranno con due liste diverse.
Il Riformista e la scelta di Calenda
In un certo senso ha ragione Renzi quando parla di attacco a freddo. Perché è vero che non è (era) tanto questione di regole e tempistica per arrivare al partito unico, visto che il documento sulla road map preparato dal leader di Azione era stato approvato nella sua sostanza dai rappresentanti di Italia Viva, quanto di decisione politica. E Calenda ha ritenuto che per lui fosse meglio continuare senza l’ingombrante alleato, vissuto come una zavorra.
L’ex premier da parte sua ha dato più di un segnale di non credere fino in fondo al progetto, o comunque di volersi lasciare una via di uscita: a inizio anno ha concentrato su di sé tutte le cariche del suo partito per gestire in prima persona il percorso verso la fusione che ora non si farà più nonostante la “promessa” di fare un passo indietro per lasciare a Calenda la leadership; e soprattutto è stata la decisione di Renzi di tentare l’avventura della direzione del quotidiano Il Riformista, comunicata a Calenda solo un quarto d'ora prima di renderla pubblica, a far scattare il campanello d'allarme.
Le riserve di Renzi verso il partito unico
Già, perché la direzione del Riformista è dichiaratamente intesa da Renzi come rivolta da una parte all'opinione pubblica di Forza Italia, e la scelta di nominare come direttore responsabile l'ex parlamentare azzurro e giornalista di Mediaset Andrea Ruggeri è conseguente, e dall’altra a quei riformisti del Pd che non si trovano a loro agio nel partito di Elly Schlein. Oltre il Terzo polo, insomma.
D’altra parte le riserve verso il partito unico le aveva esplicitare lo stesso Renzi nelle scorse ore in una riunione con i suoi parlamentari: «Il vero test saranno le europee del 2024, è chiaro che se andranno male il percorso si interromperà». Ecco, Calenda lo ha voluto interrompere prima. Nella convinzione che gran parte di quell'8% che i sondaggi ancora pochi giorni fa attribuivano al Terzo polo sono “suoi”. Chi vivrà vedrà.
I termini del divorzio e i nomi di frontiera
E ora che succede? Intanto i termini del divorzio. Separazione significa anche due case diverse? A sentire Calenda non proprio, almeno per quanto riguarda i gruppi parlamentari: «Certo c’è un problema di fiducia reciproca e su questo bisognerà lavorare perché comunque abbiamo dei gruppi parlamentari comuni». Separati in casa, dunque, almeno nel breve periodo (anche perché in ballo ci sono circa un milione e mezzo l'anno di finanziamento ai gruppi), come ha confermato anche Renzi. In attesa che tutti i cocci rimasti per terra si raccolgano da una parte e dall'altra. Perché ci sono alcune personalità considerate di frontiera. Come l'ex ministra Elena Bonetti, presidente della Federazione, ed Ettore Rosato, coordinatore nazionale di Iv fino a tre mesi fa, quando Renzi ha deciso di avocare a sé tutte le deleghe. Non è forse un caso che Calenda era mercoledì sera alla festa di compleanno di Bonetti, dove unico presente del gruppo dirigente renziano era Rosato. E a disagio in questa situazione si sente anche un renziano indipendente come Luigi Marattin.
Il nodo dei gruppi unici: intanto si va avanti così
Ma i toni dello scontro sono stati in questi ultimi giorni così violenti che è difficile immaginare subitanei passaggi da una “squadra” all’altra: tempo al tempo. Quanto ai gruppi, alla Camera, dove occorrono 20 teste per costituirne uno, su 21 deputati i renziani sono 9 e una soluzione potrebbe essere quella di chiedere al presidente Lorenzo Fontana una deroga come già accaduto per Sinistra Italiana e Noi moderati. Ma al Senato è più complicato: vero che qui i renziani sono 5 e basterebbe solo un altro senatore per costituire un gruppo, ma il simbolo Azione/Italia viva è in comune e il regolamento di Palazzo Madama prevede che i gruppi debbano fare riferimento alle liste elettorali.
Calenda e Renzi in cerca di alleati per il derby delle europee
Intanto sia Calenda sia Renzi si guardano intorno per cercare possibili alleati in vista delle europee del 2024, dove si correrà con il proporzionale e toccherà superare la soglia di sbarramento del 4%. La brusca rottura della scorsa estate tra Calenda da una parte e i radicali di Più Europa e il Pd di Enrico Letta dall’altra ancora pesa. «Sorpresa dallo strappo di Calenda? Proprio no, lui è fatto così», è il commento tranchant di Emma Bonino su twitter, commento che riceve subito il like dell'ex segretario dem Letta. Che Calenda e Renzi correranno separati è ufficiale: “Alle elezioni europee ci saranno due partiti che andranno separati perché è stato fatto saltare un progetto” ha detto Calenda.
Il vantaggio di Renzi: il legame con la macroniana Renew Europe
Resta che in vista delle europee Renzi parte avvantaggiato, visto che i tre europarlamentari della macroniana Renew Europe (Danti, Gozi e Ferrandino) fanno a titolo diverso più riferimento a lui che a Calenda. «Un percorso importante come quello che abbiamo avviato in Europa con Renew non può essere fermato per i personalismi di qualcuno - dice non a caso Danti rivendicando il filo diretto con la creatura macroniana -. C‘è uno spazio politico reale, in un Paese stretto tra il sovranismo di destra e il populismo di sinistra, ed è uno spazio che Italia Viva vuole continuare a far crescere insieme alle tante realtà politiche e civiche che hanno dato forza al progetto del Terzo polo in questi mesi». Tra queste realtà ci sono anche i liberali europei di Andrea Marcucci, in procinto di lasciare il Pd, Oscar Giannino e il presidente della Fondazione Luigi Einaudi Giuseppe Benedetto: tutte personalità, anche in questo caso, che guardano a Renzi più che a Calenda.
Meloni o Schlein: la crisi del progetto centrista
Quel che è certo è che due Terzi poli con lo stesso programma non si erano mai visti. E a ben vedere è proprio questa la ragione profonda della crisi del progetto: le ultime elezioni politiche con la vittoria di Giorgia Meloni e dei suoi alleati e le ultime primarie del Pd con la vittoria della radical-movimentista Elly Schlein hanno ridisegnato il campo politico con la polarizzazione destra-sinistra. D'altra parte la legge elettorale nazionale, il Rosatellun, ha una forte spinta maggioritaria e le leggi per l'elezione dei sindaci e dei presidenti di regione si basano sul premio di maggioranza alla coalizione vincente. In questo quadro non c'è spazio per un centro indipendente dai poli, come hanno dimostrato le elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia dove il candidato del Terzo polo si è fermato sotto il 3%, bensì di due centri: uno dentro il polo di sinistra e uno dentro quello di destra.
Calenda a sinistra e Renzi a destra?
I retroscena di questi giorni già dipingono Calenda in avvicinamento al Pd («L’accordo con Schlein? Mai dire mai», strizza l’occhio lui) e Renzi in avvicinamento a Forza Italia per prendere addirittura il testimone di Silvio Berlusconi riunificando attorno a lui anche la galassia centrista del centrodestra che fa capo a Noi moderati di Maurizio Lupi. Un po’ fantapolitica e un po’ un paradosso, per chi conosce bene i due: Calenda ha sempre propugnato un centro indipendente disponibile ad allearsi di volta in volta con l’uno o l’altro polo sui temi, mentre Renzi ha sempre immaginato un centro forte alleato con il centrosinistra per rafforzarne l'impronta riformista. Ma di necessità, è noto, si fa sempre virtù. Per ora l’ex premier punta ai voti forzisti che presume in uscita con il dopo-Cavaliere. E punta a sfilare a Calenda, in vista del derby delle europee, una personalità come quella dell’ex ministra di Fi Mara Carfagna. Il resto si vedrà.
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