Djokovic resta Re, ma il futuro è Sinner. Stasera tocca all’Italia del calcio
Sinner piace perchè non è perfetto ma vuole sempre migliorarsi
di Dario Ceccarelli
6' di lettura
Ora che l’inossidabile Djoker, ha rimesso in riga anche Sinner, l’ultimo dei ribelli della meglio gioventù tennistica, sarà bene goderci quello che Jannik ci ha dato in questi giorni fantastici senza farci condizionare dal retrogusto amaro dell’ultima sconfitta. Nulla è perduto, anzi. Il futuro lavora per lui.
Certo, spazzare via in finale il totem serbo, campione di 24 slam e da 400 settimane numero 1 al mondo, sarebbe stato la realizzazione di un sogno, l’utopia al potere nell’atto decisivo dell’ATP Finals. Però una volta tanto, anche se nello sport alla fine conta vincere, teniamoci ben stretta la grande bellezza che ci ha regalato questo ragazzo di 22 anni che quattro anni fa era ancora 78esimo. Uno dei tanti, insomma, che avrebbe potuto emergere oppure galleggiare nella palude della mediocrità per poi riaffondare di nuovo nel nulla.
Invece Sinner, con una pazienza certosina e molto altoatesina, con quel suo essere normale che non lo è affatto, è riuscito a riportare al centro della scena uno sport che per anni era sparito dai riflettori. Derubricato dai giornali e dalle televisioni come uno sbiadito gioco di nicchia, per nostalgici dei leggendari tempi di Panatta e dei suoi fratelli. Che da una vita ce la cantano e ce la suonano con le loro gesta, le loro rivalità, quel essere campioni bohémien e squattrinati, attenti più al gusto della vita, e ci siamo capiti, che a quello dei tornei. Sinner invece è un altro cosa, un altro mondo, fatto di una serietà perfino ottocentesca. Con quel suo ringraziare il pubblico senza lasciarsi andare. O con la sua semplice concretezza che non prelude mai a fanfaronate o a proclami irrealizzabili. Se Jannik dice una cosa, è perché è realizzabile dentro al suo progetto di atleta che ha lasciato la famiglia quando i suoi amici si ubriacavano nella movida.
Un imperfetto che piace
Sinner piace perché non è perfetto ma vuole sempre migliorarsi: non posta le foto della fidanzata, non si fa tatuaggi strani, non racconta belinate su Tik Tok, dice, credendoci, che la cosa più bella è fare colazione insieme alla sua famiglia. Ma dove lo troviamo un altro così? Che dopo aver perso in finale con un diavolo come Djokovic, riesce a omaggiarlo dicendo che quel diavolo di tennista è di “ispirazione per tutti i giocatori”. In un mondo sportivo dominato dai calciatori, con le loro stravaganze milionarie, quello di Yannik sembra il giardino della nostra infanzia che non tutti abbiamo avuto.
Sinner, come freschezza agonistica, è stato paragonato ad Alberto Tomba e Valentino Rossi, campioni indimenticabili nello sci e nel motociclismo. Confronti che reggono poco, però. La forza di Tomba, oltre a una classe e a una potenza inimitabili, stava nella sua allegra baldanza. “Tomba la bomba” era un casinaro per vocazione che però quando doveva allenarsi - con Gustavo Thoeni, la strana coppia - lo faceva dannatamente sul serio. Lo stesso dicasi per Valentino, showman naturale, contagioso nella sua irrefrenabile passione per le due ruote. Sinner è un trascinatore, ma proprio per la sua naturale semplicità. Non copia nessuno, gli basta essere se stesso.
Però, come Tomba e Valentino, Jannik ci ha ridato il gusto per la vita, per lo sport, per un mondo che non sia solo una interminabile sequenza di guerre, omicidi e volgarità. Il mondo non è né bello né rassicurante, soprattutto in questi mesi, ma Sinner riesce ancora a entusiasmarci, a farci salire su quella meravigliosa macchina dei sogni che è lo sport quando è davvero sport. A questo servono i grandi campioni, a farci sperare che, a volte, mettendoci in discussione, e andando contro corrente, qualsiasi obiettivo è raggiungibile. Non va sempre così. ma crederlo è bello.
Con l’Ucraina giocare per vincere
Una piccola certezza in questo mondo senza certezze l’abbiamo: con Spalletti siamo tornati a segnare. Ne siamo ancora capaci, rigori di Jorginho a parte. Cinque gol in una volta sola non li facevamo da più di due anni, esattamente dall’otto settembre del 2021 quando nella qualificazione per i mondiali strapazzammo la non irresistibile Lituania per 5-0.
Poi arrivò quello strano mal di gol che ci portò allo spareggio con la solita Macedonia che ci fu fatale. Anche in quella funesta serata palermitana, alla fine punita dal contropiede macedone, l’Italia andò in bianco. Un digiuno quasi inspiegabile, forse figlio di una nazionale minore che, dopo il trionfo dell’Europeo, si era sgonfiata come un palloncino bucato.
Ecco perché stasera a Leverkusen (ore 20.45), dove con l’Ucraina ci giochiamo il pass per Germania 24, non dobbiamo aver paura. Perché sono casomai gli ucraini a doverci temere. Lo straripante successo di venerdì l’olimpico, al di là dei non giustificabili cali di tensione sul 3-0, ci permette di partire con due risultati a disposizione. Sia la vittoria, sia il pareggio ci garantiscono infatti il secondo posto nel girone e la qualificazione al’Europeo. in caso di sconfitta, si andrebbe nella palude dei play off, ma gli azzurri non ci devono nemmeno pensare. Come ha detto Barella, devono invece giocare con lo spirito del primo tempo, aggressivi, veloci, sempre in movimento, pronti a colpire con le rasoiate di Chiesa e di chi si propone a far gol. La parte migliore di questa nuova italia di Spalletti, oltre a una ritrovata passione, è la sua capacita di mandare tutti a rete. Non abbiamo Mbappè o un Harry Cane, però abbiamo tante soluzioni alternative.
Un attacco con molte frecce
Chiesa sulla fascia è stato devastante. Come pure Raspadori che, oltre a firmare il liberatorio 4-2, ha fatto un gran lavoro per aprire gli spazi agli altri azzurri, con quel magnifico assist a Darmian che ha permesso di sbloccare il risultato dopo solo 17 minuti.L’Ucraina certo non è la Macedonia. Il loro tecnico, Rebrov, ha ricostruito una nazionale delusa per aver perso il treno del Mondiale e soprattutto sotto choc per l’invasione russa. Una nazionale che però ha reagito con determinazione ferrea diventando simbolo di un paese che non si piega. Nel nostro girone, tra l’altro, ha perso solo con l’Italia a San Siro e pareggiando anche con l’inghilterra (1-1) capolista incontrastata. Andare all’Europeo, con la Russia fuori, sarebbe un traguardo immenso per un paese in guerra da quasi due anni. Pur disponendo di un buon attacco, e di buoni trequartisti (Mudryk e Tsygangov), l’Ucraina preferisce lasciare l’iniziativa all’avversario per colpirlo poi in contropiede. Sarà quindi importante che l’Italia si muova con quel palleggio veloce che si è visto nel primo tempo all’olimpico. Un palleggio filtrante che la tenga sotto pressione fino a quando non si apre una crepa. Raspadori è stato molto bravo ad aprirle. Stasera dovrebbe toccare a Scamacca. meno veloce ma potente e comunque in grado di muoversi da centravanti arretrato.
Qualcuno dice: non esaltiamoci troppo, la Macedonia è piccola, solo noi l’abbiamo fatta diventare un incubo. Batterla 5-2 non è stata un’impresa, ma semplicemente un atto dovuto. Non ne siamo così sicuri. Per come ci eravamo avvitati su noi stessi, quella con la Macedonia è stata qualcosa di più di una semplice partita. Era una ferita che non rimarginava. Un macigno che ci ostruiva la strada. E’ stato rimosso, e ora si può andare avanti. Pause e distrazioni non sono mancate, ma perfino dopo il 3-2 gli azzurri hanno reagito con forza senza farsi incatenare dalle vecchie paure. Anche questi sono segnali importanti.
Lo stesso rigore nuovamente sbagliato da Jorginho (al prossimo concerto De Gregori canterà: “Jorginho non aver paura di sbagliare un calcio di rigore…”) avrebbe potuto provocare uno sfaldamento nell’Italia che invece non c’è stato. Subito dopo, anzi, è venuto il raddoppio di Chiesa, mai così in palla da quando si è ripreso dall’infortunio. Da esterno arriva più facilmente in rete. Forse Allegri, anche se non l’ammetterà mai, dovrebbe farci un pensierino in più.
Detto tutto questo, stasera bisogna timbrare il biglietto per l’Europeo, altrimenti son guai. A Spalletti, che ha ereditato una nazionale in stato comatoso, va dato atto di aver fatto in breve tempo un buon lavoro. L’unica sconfitta è stata quella con l’Inghilterra, ma a testa alta e dopo un ottimo primo tempo. C’è una atmosfera frizzante tra gli azzurri, come un vento liberatorio che spazza le nuvole. Le sensazioni insomma sono buone. Ma potrebbero non bastare perché il calcio non è un teorema matematico. Quindi incrociamo le dita e facciamo correre le gambe.
loading...