Dl migranti, si riapre il rubinetto dei flussi di lavoratori extra Ue. Ecco la bozza
In dieci articoli, lo schema di decreto semplifica gli ingressi regolari e definisce nuove misure di contrasto all’immigrazione clandestina, con il reato per i trafficanti che provocano morte o lesioni
di Manuela Perrone
I punti chiave
4' di lettura
Un allargamento dei flussi di lavoratori extra Ue in ingresso nel triennio 2023-2025, da definire con Dpcm, anche in base all’«analisi del fabbisogno del mercato del lavoro effettuata dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali previo confronto con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro maggiormente rappresentative sul piano nazionale». Lo prevede all’articolo 1 la bozza di decreto legge contenente «Disposizioni urgenti in materia di flussi d’ingresso legale dei lavoratori stranieri e di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare» all’esame del preconsiglio dei ministri di stamattina, arrivata in Cdm oggi a Cutro.
«Per il triennio 2023-2025 - si legge nel documento - le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato per lavoro subordinato, anche per esigenze di carattere stagionale e per lavoro autonomo, sono definite, in deroga alle disposizioni dell’articolo 3 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con decreto del presidente del Consiglio dei ministri, sentiti i ministri interessati, il Cnel, la conferenza Unificata e le principali associazioni di lavoratori e datori. I pareri delle commissioni parlamentari competenti sono resi entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta.
Al Dpcm spetterà indicare le quote massime di ingressi per ciascuno degli anni del triennio di riferimento. «Qualora se ne ravvisi la necessità - continua l’articolo 1 - ulteriori decreti possono essere adottati durante il triennio, con nuovi Dpcm. E sono assegnate «in via preferenziale» quote riservate ai lavoratori di Stati che, in collaborazione con l’Italia, «promuovono per i propri cittadini campagne mediatiche aventi a oggetto i rischi per l’incolumità personale derivanti dall’inserimento in traffici migratori irregolari».
Primi cinque articoli dedicati all’immigrazione regolare
Già dall’ordine dei temi nel titolo del provvedimento, si capisce che il vento è cambiato: i primi cinque articoli sono infatti tutti dedicati all’immigrazione regolare, con un focus specifico sulla semplificazione e l’accelerazione delle procedure di rilascio del nulla osta al lavoro (che sarà concesso «in ogni caso qualora non sono state acquisite dalla questura le informazioni relative agli elementi ostativi» nei 60 giorni previsti dall’articolo 22 del Dlgs 286/1998) e misure per favorire l’ingresso e il soggiorno al di fuori delle quote per chi completa nel suo Paese un corso di formazione professionale e «civico-linguistica» organizzato sulla base dei fabbisogni manifestati al ministero del Lavoro dalle associazioni di categoria.
I controlli sugli ingressi dei lavoratori stranieri
Le verifiche in relazione agli ingressi dei lavoratori stranieri sono demandate, per quanto concerne il rispetto dei contratti di lavoro e la congruità del numero delle richieste presentate, ai consulenti del lavoro e alle «organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale». Si stabilisce inoltre che le verifiche di congruità «tengono anche conto della capacità patrimoniale, dell’equilibrio economico-finanziario, del fatturato, del numero dei dipendenti e del tipo di attività svolta dall’impresa».
Se tutto va liscio, viene rilasciata l’apposita asseverazione che il datore è tenuto a produrre insieme alla richiesta di assunzione del lavoratore straniero. Fanno eccezione e non devono presentare l’asseverazione le istanze presentate dalle associazioni di categoria più rappresentative che hanno sottoscritto con il ministero del Lavoro un protocollo ad hoc con cui si impegnano a garantire il rispetto, da parte dei propri associati, dell’osservanza delle prescrizioni contrattuali. Resta ferma la possibilità, da parte dell’Ispettorato del lavoro, in collaborazione con l’Agenzia delle Entrate, di effettuare controlli a campione.
Lavoratori agricoli
L’articolo 5 è riservato ai lavoratori agricoli: per loro si prevede che i datori che abbiano presentato regolare domanda e non sono risultati assegnatari di tutta o di parte della manodopera richiesta, «possono ottenere, sulla base di quanto previsto dai successivi decreti sui flussi emanati nel corso del triennio, l’assegnazione dei lavoratori richiesti con priorità rispetto ai nuovi richiedenti, nei limiti della quota assegnata al settore. Viene infine rafforzato l’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari «di adeguate professionalità per proteggere il mercato nazionale delle attività internazionali di contraffazione e criminalità agroalimentare, anche connesse ai flussi migratori irregolari».
Immigrazione irregolare, arriva nuovo reato
Il capo II della bozza di decreto riguarda invece gli interventi di prevenzione e contrasto all’immigrazione irregolare. E qui, oltre a un inasprimento delle pene per gli scafisti (gli anni di reclusione passano da due a sei anni e da sei a 16 anni) compare il nuovo reato che sarà imputabile a chi provoca morte o lesioni «come conseguenza di delitti in materia di immigrazione clandestina: rischierà la reclusione «da venti a trent’anni» se dal traffico di esseri umani deriverà la morte di una o più persone e lesioni gravi o gravissime a una o più persone. In presenza di una sola vittima si applica la pena della reclusione da 15 a 24 anni.
Potenziati i centri di permanenza
I centri di permanenza per i rimpatri vengono potenziati. Fino al 31 dicembre 2025, la realizzazione delle strutture è effettuata «anche in deroga a ogni disposizione di legge diversa da quella penale», fatto salvo il rispetto delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione ex Dlgs 159/2011 e dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea.
Via la norma sulla sorveglianza marittima
L’ultimo articolo della bozza, il decimo, è stato stralciato dal testo approdato in Consiglio dei ministri. Il più controverso (e il più indigesto per il Viminale): stabiliva infatti il potenziamento della sorveglianza marittima affidando alla Marina militare il compito di definire e aggiornare «la situazione marittima nazionale da condividere in ambito intergovernativo», anche aggregando le informazioni acquisite dai ministeri che esercitano competenze in materia marittima. Per questa competenza la Marina si sarebbe dovuta avvalere del Dispositivo integrato interministeriale di sorveglianza marittima, «quale supporto tecnologico di connessione dei sistemi in uso» alle amministrazioni, costituito presso il Comando in capo della squadra navale. A definire le modalità del Diism sarebbe dovuto essere un Dpcm, su proposta del ministro della Difesa di concerto con i ministri interessati. La sorveglianza in mare, «compatibilmente con i preminenti compiti militari», era inoltre stata affidata anche «ai Comandanti delle navi da guerra al di fuori delle acque territoriali e dell'area di mare internazionalmente definita come zona contigua».
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