Dolce&Gabbana, ritorno all’intenso nero delle origini
Essenzialità nella collezione per l’AI 23-24, ma senza minimalismo: perché il nero costringe a ritrovare la purezza dei volumi e il taglio sartoriale
di Giulia Crivelli
2' di lettura
«Nero non è... nero. Col bianco, suo compare, il nero ha dato luogo a un immaginario a parte, a una rappresentazione a volte più veridica di quella a colori». Sono parole di Michel Pastoreau, che ha dedicato la vita (e decine di libri) allo studio dei colori. Parole che ben riassumono lo spirito della collezione che Domenico Dolce e Stefano Gabbana hanno chiamato L’essenza e che ha sfilato ieri a Milano, con un allestimento anch’esso dominato da bianchi lampi di luce e scalini in pietra lavica, una delle passioni dei due stilisti-imprenditori.
Ottantuno uscite (venti in meno circa del solito), «perché anche così abbiamo voluto esprimere questa esigenza di andare al cuore del nostro lavoro», hanno spiegato. Niente di più lontano dal minimalismo, hanno poi precisato, «anche perché il nero, nella sua essenzialità, costringe a ritrovare la purezza dei volumi e il taglio sartoriale». Anche questa collezione non avrebbe potuto essere realizzata senza l’artigianalità e la duttilità del saper fare a mano: «A ogni stagione riscopriamo il piacere di lavorare fianco a fianco con chi realizza i capi e dà vita alle nostre idee e alle nostre visioni e richieste, che a volte sembrano irrealizzabili persino a noi», aggiungono Domenico Dolce e Stefano Gabbana.
Il piacere – forse quasi un bisogno, dopo gli anni della pandemia – di ritrovare un rapporto diretto con le persone che condividono i loro progetti, si ritrova anche in un’altra decisione spiegata ieri: «Quando abbiamo iniziato facevamo tutto, disegnavamo e poi vendevamo la collezione, dopo averla spiegata in ogni dettaglio a chiunque venisse in showroom. Negli anni le cose sono cambiate (oggi Dolce&Gabbana è un’azienda, fieramente indipendente da oltre un miliardo di euro di ricavi, ndr), abbiamo seguito molti progetti. Ora vogliamo tornare a vendere insieme ai ragazzi, molti dei quali giovanissimi, che lavorano con noi. Oltre a essere divertente, è molto istruttivo: abbiamo bisogno di vedere le reazioni di chi vede e desidera le nostre creazioni».
Non che il nero sia una novità, per il marchio, anzi, ma per il prossimo autunno-inverno si trasforma da simbolo a sintesi. «In passerella abbiamo voluto protagonisti soprattutto l’abbigliamento – concludono Domenico Dolce e Stefano Gabbana –. Pochi accessori, bando all’eccesso di styling (la “costruzione” dei look di una sfilata, ndr). Non perché non ci piacciano borse, occhiali e gioielli e non perchè non ci piaccia lo styling... ne abbiamo usato tanto anche noi. Pochi accessori in sfilata, questa volta, perché nasciamo come creatori di abiti e continuiamo a pensare che siano in grado di stabilire un legame fortissimo con chi li sceglie al mattino e poi li porta con sé, sulla sua pelle e potremmo dire sulla sua anima, per tutto il giorno».
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