Il boom delle due ruote

Domanda in crescita e materie prime più care: alle stelle i prezzi delle bici

Si continua a sentire l’effetto del bonus bici dopo un anno in cui le vendita hanno superato i due milioni di pezzi. La produzione torna in Italia

di Marco Trabucchi

Lapresse

3' di lettura

Il 2020 sarà ricordato anche come l'anno del boom delle bici con più di due milioni di velocipedi acquistati (+14% per le bici elettriche, +44% per le ebike) durante i mesi segnati dalla diffusione del Covid-19.

I motivi so no ben noti: la necessità di distanziamento sociale e, soprattutto, il bonus bici hanno giocato un ruolo determinante. Ad oggi però sul comparto pesano come un macigno i ritardi nelle forniture di componenti dal Far East.

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Le aziende del settore – come denunciato da Confindustria Ancma, l’associazione che raggruppa i produttori del settore - si trovano a fronteggiare le conseguenze globali della pandemia di Covid-19 e dei mesi di stop che ha subito la produzione di parti e componentistica in Cina e nell'intero Far East.

Il risultato più evidente è il ritardo nelle consegne: chi ha comprato la bici sul finire dell'anno scorso, incentivato dal bonus, ancora sta aspettando la consegna.

L'aumento dei prezzi

Ma c'è un'altra presenza inquietante a gravare sul comparto, l'aumento dei prezzi. E i motivi sono sempre gli stessi: l'incremento delle quotazioni delle materie prime (il prezzo dell'alluminio per tonnellata è aumentato del 27% rispetto all'anno precedente, ma anche altri materiali come metalli e plastiche, sono cresciuti del 40-60%).

Anche i costi di trasporto – in particolare dall'Estremo Oriente – sono aumentati, secondo quanto rivelato da alcuni produttori.

Infine, l'attuazione dei protocolli anti-Covid negli stabilimenti di produzione (igienizzazioni, tamponi rapidi, attrezzature per il lavoro a domicilio…) ha ulteriormente fatto lievitare i costi aziendali in maniera ovviamente non prevedibile.

Un anno di pandemia ha quindi assestato un bello scossone all'industria della bicicletta, provocando degli extra costi che si riversano lungo tutta la filiera, fino ad arrivare al cliente finale.

La realtà dei fatti è che quasi tutti i brand che non hanno già aumentato i prezzi, quasi sicuramente lo faranno a breve. Il primo è stato il marchio Orbea che in un comunicato diffuso un mese fa ha puntato il dito sull'incremento dei costi logistici da parte dei fornitori, che in alcuni casi hanno moltiplicato per otto il prezzo precedente. Questo, insieme ad un aumento dei prezzi in origine, all'esaurimento dello stock e all'interruzione della catena di fornitura, ha portato il marchio spagnolo produttore di bici di alta gamma alla decisione di incrementare i prezzi di listino da febbraio.

Una situazione difficile da digerire per gli appassionati, visto che i prezzi delle bici erano già alti prima della pandemia. Senza considerare che la difficoltà con cui si trovano bici sul mercato ha fatto lievitare anche i prezzi dell'usato.

Delocalizzazione addio

Sono molte le aziende che hanno deciso di rilocalizzare la produzione in Italia. Tra queste c’è Vittoria, l’azienda bergamasca specializzata nella produzione dei pneumatici per bici. Bianchi, storico produttore delle bici celesti, ha di recente comunicato di aver intrapreso un investimento di oltre 30 milioni di euro con l'obiettivo di arrivare a un impianto di produzione di 1.500 biciclette al giorno e di consolidare la sede italiana, attualmente a Treviglio, come un fulcro produttivo anche di parti in carbonio, ruote e manubri, riportando in Italia anche questa produzione molto specializzata.

Riportare in Italia la produzione di telai e componenti oltre che una necessità per scongiurare i problemi di approvvigionamento, potrebbe essere una risorsa, come auspicato da Ancma: «Quanto sta succedendo apre a nuove sfide e a prospettive di sviluppo della produzione di componentistica direttamente sul suolo nazionale, dove si concentrano know-how e capacità produttive».

Un orizzonte questo che, secondo i produttori di biciclette, ha bisogno di un sostegno sussidiario da parte del Governo, «con un intervento deciso sul costo del lavoro e con un supporto agli investimenti di un settore che è in fase di ulteriore crescita e che può creare ancora occupazione e valore per il Sistema Paese».

Oltre a Bianchi sono tante le eccellenze del “made in Italy” che beneficerebbero di un ricollocamento della filiera produttiva in Italia. Difficilmente i prezzi si abbasseranno, ma almeno si potrebbe riportare in Italia il grosso di una produzione che fino a trent’anni fa era interamente localizzata.

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