linda barbarino

Donne ai margini in oscure assonanze

di Stefano Biolchini

2' di lettura

Fattucchiere e prostitute, donne sempre ai margini, descrizioni della dura vita di paese nelle arse lande siciliane, vigne assolate e interni di miseria fissati da una lingua che affastella il dialetto in ghirigori appassionati e colorite assonanze quand’anche incomprensibili. La Dragunera, libro d’esordio di Linda Barbarino per i tipi de il Saggiatore, narra con un alternarsi di flashback in cadenza di Rosa, «la Sciandra», prostituta dal cuore d’oro che si lega indissolubilmente al cliente Paolo, contadino possente. «Quella mano se la sentiva le afferrava le budella, e quella gelosia di mascolo che la considerava cosa sua, la faceva creta e cosa liquida». Plasmabile dalle vicissitudini, Rosa è dapprima bimba indifesa e senza carattere, sballottata dal destino che la ha resa orfana e separata dalla sorella Anna («a sua sorella Anna se la era presa la femmina del diavolo»), poi vittima sacrificale di un eros invincibile. Perché Paolo, andato in sposo alla brutta e agiata Nunziatina «un po’ offesa nel personale», in realtà si è invaghito dell’odiata cognata, la bella e sensuale Dragunera dagli occhi verdi di ramarro e che, novella Circe, lo ha stregato mostrandoglisi nuda «lasciando scoperto il suo fiore peloso come un gatto nascosto in mezzo alle cosce».

Amore impossibile quello di questi “Paolo e Francesca” in terra di Sicilia, passione mortifera quella di Rosa. Il tutto mentre rituali ancestrali si consumano al vento «tu scippa la pinna alla gallina e intanto pensa a chi ci vuole male. Lo stesso duluri della gaddrina lo prova iddu». Niente e nessuno può resistere alla forza inebriante della “magara”. Linda Barbarino, insegnante di lettere, gioca facile con un lessico ammaliante, spingendo la fonetica alla conquista di vette impervie. «Tutta di sugo t’allurdasti», «accampare la racina» e «che vuoi! Nesci di cca, che vai cercannu?». Appare quasi l’intento, or che è scomparso Andrea Camilleri, d’essere interprete nuova della lingua siciliana. Proposito condivisibile, fino a quando certe asprezze dialettali non strizzano troppo l’occhio all’onomatopea manierata e convulsa. Ed è un peccato che il viluppo narrativo delle quadripartite coppie protagonista-antagonista - Rosa/Dragunera, Paolo/Biagio - più che sfumato paia non compiuto fino in fondo, seppure all’interno di un romanzo di fascino e non privo di echi lontani e sofisticati, come d’obbligo nella terra di Gesualdo Bufalino, e che però, come certe architetture baroccheggianti, nel vanaglorioso tentativo di una composizione di perfezione scenografica, finisce per immolarsi in un irrisolto di ripetute alchimie di stile purissimo.

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LA DRAGUNERA

Linda Barbarino

il Saggiatore, Milano, pagg. 192, € 17

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