Donnet: «Generali, leadership assoluta in Europa con M&A e diversificati»
Parla il ceo del colosso assicurativo: «Il rinnovo del consiglio di Mediobanca riguarda solo Mediobanca. Delfin? Può fare ciò che ritiene nell’ambito delle autorizzazioni ricevute dal Regolatore»
di Laura Galvagni
8' di lettura
«Le ultime acquisizioni? Frutto di «un gran lavoro di squadra in un contesto di governance finalmente pacificata, anche grazie alla lista del consiglio». La possibile ascesa di Delfin nel capitale? «Può fare ciò che ritiene nell’ambito delle autorizzazioni ricevute dal Regolatore». Il focus del management? «L’implementazione del piano. Questo e solo questo». Philippe Donnet, ceo delle Generali, in questo colloquio con Il Sole 24 Ore mette in fila i traguardi tagliati dal Leone anche grazie alla campagna di M&A: 7 miliardi in sette anni che hanno garantito una «leadership assoluta in Europa». E rilancia il piano di un’alleanza pubblico-privata per affrontare le emergenze, sempre più attuali, italiane ed europee: la crisi climatica e le crescenti difficoltà del sistema sanitario.
L’M&A è sempre stato tema di acceso dibattito per Generali, ora in poco tempo siete cresciuti nel Danni, con Liberty Seguros e nell’asset management con Conning
In due settimane abbiamo fatto due importanti operazioni e negli ultimi sette anni siamo stati la società più proattiva sul fronte M&A con 7 miliardi di euro investiti in acquisizioni, valore che è pari al 24% della nostra capitalizzazione, di gran lunga superiore a quanto fatto dai nostri competitor. Ne abbiamo fatte tante, alcune di piccole dimensioni, e questo ha consentito anche di contenere il rischio. La penultima, Liberty Seguros, che peraltro è stata ben accolta dal mercato, è stata il risultato di un processo molto competitivo che ci ha permesso di fare un rilevante salto dimensionale in Spagna, di crescere in Portogallo e di rientrare in Irlanda. Ci siamo riusciti anche grazie al supporto del consiglio di amministrazione e ora abbiamo una posizione di leadership assoluta in Europa: siamo il primo gruppo assicurativo del Continente, non ci sono molte altre aziende italiane che possono vantare questo primato.
L’operazione nell’asset management crede invece sia un punto di svolta?
Due settimane dopo Liberty Seguros abbiamo annunciato l’acquisto di Conning. Per Generali è un passo estremamente importante. Abbiamo incrementato sensibilmente le masse, di 160 miliardi di dollari, ma lo abbiamo fatto riducendo al minimo il rischio, considerato che abbiamo pagato con azioni Generali Investments. Allo stesso tempo abbiamo innescato anche una profonda trasformazione culturale. Conning gestisce infatti solo masse di terzi ed è operativo su reddito fisso, prodotti strutturati, debito dei mercati emergenti e debito e equity del settore immobiliare. Fin da subito abbiamo trovato un’intesa molto forte, parliamo la stessa lingua ed è un’operazione con un’ottica di lungo termine perfettamente coerente con la nostra strategia. Con queste due operazioni abbiamo dimostrato di sapere lavorare molto bene in un contesto competitivo ma anche di essere in grado di realizzare acquisizioni studiate per le nostre esigenze, tagliate su misura. Tutto questo è frutto di un grande lavoro di squadra.
Viste le specificità di Conning e visto il contesto macroeconomico generale, fra tassi in ascesa e inflazione, muterete o aggiusterete le vostre strategie di investimento?
Dobbiamo certamente tenere conto delle tendenze di mercato. Con il rialzo dei tassi il reddito fisso torna ad essere più attrattivo. Conning ha grande competenza per quel che riguarda il mercato americano, noi per quello europeo. Un altro ambito di sicuro interesse è quello dei prodotti strutturati. Ma non possiamo considerare solo i trend, vanno valutate anche le nostre passività. E su questo fronte l'intero comparto assicurativo è sotto pressione, questo rialzo repentino dei tassi ha chiaramente inciso sui i portafogli vita e ora ci dobbiamo adeguare. L'aumento dei riscatti comporta un maggior consumo di liquidità. Gli asset liquidi stanno diventando più attrattivi ma abbiamo masse per 800 miliardi di euro: è una nave enorme che non può cambiare rotta in un attimo. L’acquisizione appena fatta però, sono certo, ci offrirà nuove opportunità.
Per l’M&A avevate stanziato a piano 3 miliardi di euro, cosa farete con i denari rimasti? Possibile un altro buy back?
La priorità al momento è realizzare il closing delle due operazioni e poi procedere con l’integrazione degli asset appena rilevati. Peraltro abbiamo già impegnato buona parte delle risorse destinate all’M&A. Liberty Seguros è costata 2,3 miliardi, poi sono serviti altri 500 milioni per chiudere l’operazione Cattolica e l’acquisizione del controllo nelle joint venture in India. Ci restano dunque circa 200 milioni ai quali si potrebbe sommare l’eccesso di capitale, circa 300 milioni, custodito in Liberty Seguros. Se alla fine del piano non li avremo utilizzati, li restituiremo agli azionisti, come abbiamo sempre detto.
A proposito di buy back, il precedente riacquisto di azioni proprie ha aperto la strada alla possibile ascesa nel capitale di Generali fino al 20% del socio Delfin, che a suo volta è primo azionista di Mediobanca dove è imminente il rinnovo delle cariche. Sul tavolo del governo poi c’è il Ddl capitali che punta a un’estensione del voto maggiorato. Temete una nuova fase di scontro con gli azionisti privati?
Non sono preoccupato di nessuna delle cose che ha appena elencato. Il mio lavoro è raggiungere gli obiettivi del piano strategico nonostante il contesto di guerra che, oltre ad essere prima di tutto una tragedia umana, ha ridefinito gli equilibri geopolitici e finanziari. Io sono focalizzato su questo e solo su questo. Il mio interlocutore è il cda, tutto è funzionale all’implementazione della strategia e ci stiamo riuscendo con un gran lavoro di squadra in un contesto di governance finalmente pacificata, anche grazie alla lista del consiglio. Il rinnovo del cda di Mediobanca riguarda solo Mediobanca. Delfin può fare ciò che ritiene nell'ambito delle autorizzazioni ricevute dal Regolatore. Quanto al Ddl sono fiducioso. Questo governo ha capito subito quanto conta la fiducia del mercato, a sua volta rassicurato da una prospettiva di stabilità politica. L’esecutivo non metterà a rischio questa percezione. È buon senso. E questo governo ce l’ha.
Tornando a temi più industriali, per quel che riguarda il Vita come state affrontando e gestendo la sfida della veloce ascesa dei tassi?
Abbiamo iniziato a cambiare la nostra offerta di prodotti assicurativi già una decina di anni fa. Si tratta di prodotti ibridi con una minima propensione all’investimento: c’è una piccola parte garantita, una parte di unit linked e una componente di protezione. Questa è la nostra filosofia: fornire soluzioni olistiche di protezione dei nostri clienti per tutto l’arco della loro vita. E questo si può fare solo attraverso una rete professionale, che è quella dei nostri agenti. Poi c’è un altro mondo, che è quello legato agli accordi di bancassurance, dove è la banca a fare la distribuzione. Qui si vendono prodotti finanziari non polizze vita. Per noi vale poco ma certamente è un segmento che in questa fase è sotto pressione. L’accordo più importante che abbiamo è quello con Banca Generali. Di conseguenza, se un cliente esce dall’orbita della compagnia per effetto dei riscatti, perché è a caccia di rendimento, resta comunque nel perimetro della controllata bancaria. Siamo riusciti a mantenere la redditività durante tutta la fase dei tassi a zero, il momento più critico è quello dell’ascesa dei tassi, ma è temporaneo: quando si stabilizzeranno il comparto tornerà molto redditizio. L’importante è presidiare con le reti la fase di transizione. In ogni caso non torneremo a prodotti capital intensive, resteremo su un’offerta capital light, sulla quale stiamo aggiungendo nuovi servizi per fidelizzare i nostri clienti.
A proposito di Banca Generali, non si placano le voci circa una possibile cessione dell’asset, con Mediobanca tra i possibili candidati
Banca Generali sta andando molto bene e noi siamo ancora un azionista molto soddisfatto. Non c’è alcun progetto di cessione e non parliamo con nessuno di questa ipotesi.
Passiamo al comparto Danni, anche qui le sfide non mancano tra inflazione, aumento della sinistralità eventi atmosferici e catastrofali. Che evoluzione vede?
Il business del Danni sta vivendo una fase complessa. Il peso dell’inflazione si fa sentire in maniera rilevante sulla gestione dei sinistri. Uno scenario che può essere affrontato solo con un aumento dei premi ed è quello che stiamo facendo assieme al resto del mercato. Certo questo non può bastare. Va fatta anche una selezioni dei rischi, va posta particolare attenzione alla qualità del portafoglio e alla gestione delle frodi. Per quanto riguarda le catastrofi naturali è aumentata sia la frequenza degli eventi che la loro intensità. Vanno protette le persone.
Restiamo però un Paese fortemente sotto assicurato.
Il 75% degli italiani è proprietario di una casa ma solo il 5% del patrimonio immobiliare del Paese è assicurato contro eventi catastrofali. C’è un protection gap enorme che va colmato. È necessario fare qualcosa. Ho cominciato a parlare di una partnership pubblico privata già dieci anni fa. Lo Stato da solo non è attrezzato per gestire un simile contesto, anche solo per liquidare tempestivamente i danni. Noi possiamo farlo, è il nostro mestiere. Dopo quanto accaduto in Emilia-Romagna dobbiamo riuscire a trovare con il governo un modo per costruire un sistema di protezione. Anche gli eventi accaduti in Lombardia e Veneto meritano altrettanta attenzione. E noi come leader di mercato in Italia e in Europa siamo a disposizione per trovare una soluzione.
Lei cosa immagina?
Attraverso l’obbligatorietà della copertura le assicurazioni e le riassicurazioni andrebbero ad assorbire il computo dei danni fino a dove possibile e solo per la parte eccedente tale soglia andrebbe previsto l’intervento statale. Con questo schema verrebbero garantiti servizi adeguati con effetti immediati nella fase emergenziale.
Al di là delle sfide industriali il Danni si trova ad affrontare anche un tema, cruciale, di redditività. Il combined ratio della linea auto del settore viaggia ormai oltre il 100%
Il settore sta vivendo una fase particolare: un combined ratio dell’auto intorno al 100% è sopportabile, per il momento, perché l’investment yield è superiore rispetto al passato. Per quanto ci riguarda, la nostra eccellenza tecnica colloca Generali ai vertici in Europa: la linea auto rappresenta solo un terzo del nostro portafoglio e meno del 10% dell’utile operativo; inoltre, il non motor sta crescendo a doppia cifra e ha un combined ratio in area 90%.
La stessa proposta di una partnership pubblico-privata viene spesso avanzata anche per il settore sanitario. In Italia le liste d’attesa hanno raggiunto ormai livelli allarmanti.
Non è un tema solo italiano. I sistemi di sanità pubblica sono in sofferenza anche nel resto d’Europa. Anche in questo caso c'è un forte protection gap. Chi non ha i soldi non può curarsi e questo non è accettabile. Va garantito a tutti l’accesso a una sanità pubblica di qualità . E per farlo andrebbe pensato un modello di accordo tra Stato e compagnie. La pandemia, per esempio, è stato un eccesso di sinistralità che andava coperto. Le compagnie non possono assicurare le pandemie ma possono, a fronte di una riassicurazione dello Stato, gestire la fase emergenziale.
Avete da poco firmato un’intesa per il salvataggio di Eurovita, la crisi della società a parere suo è frutto di mala gestio o la conseguenza di una non corretta applicazione del modello di bancassurance? Perché, tra l'altro, si è sentita la necessità di intervenire con una soluzione di sistema? A differenza di quanto avvenuto per alcune vicende bancarie qui non si prospettava alcun rischio sistemico.
C’era un rischio reputazionale, soprattutto per le banche distributrici. Il Regolatore dovrebbe avviare una profonda riflessione sul modello della bancassurance. Il governo e il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, hanno spinto per una soluzione di sistema per tutelare i 400 mila clienti. Ovviamente è stato un sacrificio per tutti farsi carico della situazione, ma era doveroso partecipare. E dovrebbero farlo anche gli altri gruppi internazionali che hanno importanti accordi di bancassurance nel Paese. Anche loro, come noi, dovrebbero farsi carico del salvataggio.
A breve avrete il cda sui risultati del primo semestre e intanto il titolo in Borsa viaggia da qualche tempo oltre i 19 euro.
Il consiglio per approvare la semestrale è il prossimo 9 agosto, dunque non posso dire nulla in proposito. Quanto al titolo, se guardiamo all’andamento dal 23 novembre del 2016, giorno del mio primo Investor Day, il prezzo è salito del 63% contro il 38% registrato dall’indice europeo di settore. Anche in termini di Tsr (Total shareholder return, ndr) abbiamo sovraperformato l’indice: 143% per Generali, dato che è superiore di 69 punti rispetto al comparto. E se guardiamo agli ultimi 12 mesi, la dinamica è la stessa, con un trend superiore sia al mercato sia ai nostri principali competitor.
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