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Dop e Igp per crescere ancora investono in ricerca e innovazione

Dalla Lenticchia di Castelluccio alla Burrata di Andria a confronto alcuni progetti universitari per rendere le eccellenze del made in Italy sostenibili, tracciabili e più resistenti ai cambiamenti climatici

di Giorgio dell'Orefice

Pnrr e riforma delle norme Ue. Due temi saranno decisivi prossimamente per le Dop italiane: il Pnrr con un budget da 500 milioni dedicato alla ricerca agroalimentare e che avrà come capofila le Università di Napoli e di Parma; e poi la riforma delle norme Ue sulle denominazioni d'origine, all'interno della quale si auspica possa trovare spazio anche un nuovo ruolo dei consorzi

3' di lettura

Anche la tradizione ha bisogno di essere innovata. Il sistema della qualità certificata ha fatto grandi passi avanti negli ultimi vent’anni passando dall'essere una nicchia a diventare un driver di sviluppo per l’intero settore agroalimentare italiano. Le cifre rese note da Ismea e dalla Fondazione Qualivita nel proprio rapporto annuale sono chiare: i marchi Dop e Igp made in Italy riconosciuti tra vino e prodotti alimentari erano 578 nel 2003 e sono 845 oggi. Ma al di là del numero di riconoscimenti Ue conta che il fatturato che era di 5 miliardi nel 2003 è ora arrivato a quota 19,1 miliardi con una crescita della “Dop economy” che è stata di quasi il 300 per cento.

Un settore quindi che da nicchia è arrivato oggi a coprire il 21% sia del fatturato che delle esportazioni agroalimentari italiane. Un sistema che sui mercati internazionali, in questi anni, oltre che macinare risultati in proprio ha fatto da traino a tutto il food&wine made in Italy, perché insieme ai vini blasonati si sono venduti anche quelli di fascia media, perché insieme ai grandi formaggi Dop sono cresciute le esportazioni degli altri prodotti lattiero caseari italiani.

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Benessere e climate change

«All’orizzonte ci sono ora alcune sfide importanti – spiega il direttore della Fondazione Qualivita, Mauro Rosati – dalla transizione ecologica alla Farm to Fork che avranno un rilevante impatto sul mondo produttivo. Dai temi della sostenibilità a quelli del benessere nutrizionale e della produzione agroalimentare in un quadro di cambiamenti climatici. Il nostro obiettivo è quindi quello di portare il sistema dei prodotti agroalimentari di qualità ad affrontare e vincere queste sfide mantenendo la propria leadership sui mercati. Un punto è chiaro: le leve chiave che hanno funzionato in passato e hanno determinato il successo della Dop economy ovvero il ruolo dell’origine, il legame con i territori e le loro storie, e la qualità certificata non bastano più. Occorre dell’altro».

Ricerca oltre la tradizione

E sotto questo aspetto la strada è obbligata ed è quella della ricerca e dell’innovazione anche per un ambito che ha finora fatto della tradizione il proprio asset principale.

L’ambizioso obiettivo di portare l’innovazione all’interno del sistema dei prodotti agroalimentari di qualità è al centro del primo simposio scientifico sulle filiere a marchio Ue “Italia Next Dop” che si terrà il 22 febbraio a Roma organizzato da Fondazione Qualivita, Origin Italia, Csqa certificazioni, Agroqualità e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato.

«Noi abbiamo censito circa duecento studi scientifici realizzati da Università ed enti di ricerca di ogni regione d’Italia – ha aggiunto Rosati – e che riguardano da vicino le filiere Dop e Igp. Solo che questi progetti rischiano di restare chiusi nei cassetti perché se ne discute solo a livello scientifico. Con Italia Next Dop vogliamo che questi progetti di ricerca escano dai dipartimenti universitari e trovino la necessaria connessione con i consorzi, le filiere e le imprese».

I progetti escono dagli atenei

I progetti che saranno presentati all’Auditorium della Tecnica a Roma il prossimo 22 febbraio come detto sono molti e prevedono, giusto a titolo di esempio, nuove varietà resistenti ai cambiamenti climatici per la Lenticchia di Castelluccio Igp, oppure mild technologies per incrementare la shelf life (cioè la durabilità) della Burrata di Andria Igp.

Saranno presentate tecnologie di precisione per rendere più efficiente la filiera del Pecorino Toscano Dop oppure il restyling varietale per garantire la sostenibilità della Mela Alto Adige Igp. Tra le proposte anche markers molecolari per assicurare la tracciabilità dei prodotti.

Tra Pnrr e riforma dei consorzi

«Sullo sfondo poi ci sono altre due importanti opportunità – ha proseguito Rosati –. C’è innanzitutto il Pnrr con un budget da 500 milioni dedicato alla ricerca agroalimentare e che avrà come capofila le Università di Napoli e di Parma. E poi c’è la riforma delle norme Ue sulle denominazioni d’origine, all’interno della quale noi auspichiamo possa trovare spazio anche un nuovo ruolo dei consorzi».

«Vorremmo - conclude Rosati - che tra le loro attività, accanto alla promozione, alla tutela e alla gestione dell’offerta possa in futuro trovare spazio anche il ruolo di acceleratori dell’innovazione all’interno delle singole filiere Dop e Igp».

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