Dopo 25 anni (e la pandemia) è arrivato il momento di riformare la legge sull’usura
di Antonella Sciarrone Alibrandi
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Venticinque anni fa, in un contesto di forti sofferenze economiche e sociali provocate dal dilagare dell’usura – definibile, in prima battuta, nei termini di «richiesta di interessi in misura eccessiva a fronte di un prestito o di un mutuo»» -, si giunse ad approvare, con l’accordo dell’intero arco parlamentare sollecitato dalla società civile, la legge 7 marzo 1996, n. 108, finalizzata al contrasto di un fenomeno deprecabile e complesso le cui origini sono assai risalenti nel tempo.
Al dichiarato fine di rafforzare la protezione dei soggetti più vulnerabili sotto il profilo economico reprimendo in maniera estesa il fenomeno usurario, il legislatore – ispirandosi alla normativa ai tempi vigente in Francia – scelse in primo luogo di parametrare il reato d’usura a criteri oggettivi, cioè al mero superamento del cosiddetto «tasso soglia» – posto dall’articolo 2 della stessa legge 108/96 – diversificato sulla base delle differenti forme tecniche di erogazione del credito (mutui prima casa, credito al consumo e così via). In tal modo, si intendeva ricondurre nell’alveo della legge – e sanzionare con i medesimi meccanismi – non solo i soggetti criminali (usurai di quartiere e malavita organizzata) abituati ad approfittare dell’altrui stato di bisogno per conseguire vantaggi per sé o per altri, ma anche operatori del circuito legale del credito (banche, società finanziarie) nell’ipotesi di applicazione di condizioni economiche inique e fuori mercato.
A distanza di un quarto di secolo dall’entrata in vigore della disciplina in discorso e alla luce di un primo bilancio dei risultati raggiunti per effetto della sua applicazione, sono numerose le voci che si levano a evidenziare la necessità di un intervento sull’impianto complessivo della legge n. 108/1996 al fine di rendere la normativa più efficace e adeguata al contesto attuale.
È anzi proprio la problematicità della situazione socio-economica che stiamo attraversando a rendere particolarmente urgente una riflessione sull’idoneità della vigente legislazione anti-usura a fronteggiare la crescente espansione del prestito usurario e, più in generale, del cosiddetto “welfare criminale”. Infatti, per varie ragioni, principalmente ma non esclusivamente correlate alla pandemia (basti pensare alla piaga sociale del gioco d’azzardo anche online come pure all’incapacità di controllare i consumi), fasce sempre più estese della popolazione, fra cui non solo operatori economici ma anche famiglie e persone fisiche, sono diventate vulnerabili sotto il profilo finanziario e più esposte a tutte quelle varie forme di “assistenzialismo deviato” che la malavita è in grado di offrire ai soggetti più fragili, sfruttando l’assenza di una strategia pubblica e privata orientata a trovare soluzioni sostenibili per l’intero sistema.
Lo stesso governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, nel mese di settembre dello scorso anno, ha significativamente lanciato un monito circa l’avanzamento dell’usura di origine criminale, invitando a modificare la legge 108 per assicurarne la piena coerenza con l’obiettivo originario di tutela dei soggetti vulnerabili.
È quindi davvero essenziale individuare oggi strumenti idonei a contrastare in modo efficace le nuove forme di usura, perché, come ha lucidamente evidenziato papa Francesco, a sua volta riprendendo le parole di papa Benedetto XVI, la vulnerabilità «non dipende tanto da scarsità materiale, quanto piuttosto da scarsità di risorse sociali, la più importante delle quali è di natura istituzionale».
In questa prospettiva, è necessaria una risposta forte, a partire da una riforma della legge 108 in grado, per un verso, di offrire strumenti differenziati di contrasto dell’usura criminale rispetto a quella “bancaria” e, per un altro, di superare ritardi e farraginosità burocratiche che nell’oggi ostacolano non poco la presentazione delle denunce di usura da parte delle vittime. Sotto quest’ultimo profilo, potrebbe rivelarsi utile l’introduzione di uno strumento simile al cosiddetto “Codice Rosso”, già utilizzato a favore delle vittime di violenza domestica e sessuale allo scopo di assicurare l’immediata verifica della fondatezza delle fonti di prova documentali e testimoniali inserite nella denuncia, di cui la vittima si assume la responsabilità diretta. Nell’attesa di una riforma a tutto campo della legge, da più parti si segnala, però, l’urgenza di un intervento su tale normativa quantomeno al fine di rendere più efficiente e adeguato alle odierne esigenze il meccanismo di funzionamento dei Fondi di cui agli articoli 14 e 15. Mediante un potenziamento dell’utilizzo di tali Fondi, come evidenziato in un recente report dell’Ufficio studi dell’Associazione artigiani e piccole imprese Mestre Cgia, si potrebbe infatti rafforzare sensibilmente la capacità di risposta agli effetti negativi della pandemia.
Analoghe convinzioni sono state espresse nel corso del Convegno nazionale “Prevenzione del sovraindebitamento e dell’usura e solidarietà alle vittime: è il tempo di osare”, tenuto a Napoli il 16 ottobre 2021 per il 25° anniversario della Consulta Nazionale Antiusura “San Giovanni Paolo II” Onlus, che in questi anni ha operato in modo capillare nella prevenzione dell’usura, attraverso numerose fondazioni e associazioni attive su tutto il territorio nazionale.
In tale occasione, è stata anche presentata una proposta di riforma degli articoli 14 e 15 che, su sollecitazione della Consulta, è stata elaborata in Università Cattolica, nell’ambito di un Osservatorio sul debito privato, costituito di recente per promuovere una maggiore comprensione delle problematiche della relazione creditizia. Lo scopo della proposta emendativa è duplice: ampliare la platea dei soggetti potenzialmente beneficiari di interventi del Fondo di solidarietà e introdurre qualche correttivo alla disciplina del Fondo per la prevenzione.
Più in dettaglio, innanzitutto si propone l’erogazione dei mutui ex articolo 14 anche a vittime del delitto di usura che non esercitano attività economiche. L’estensione in favore di famiglie e persone fisiche appare quanto mai urgente oggi, considerata la più sopra accennata eterogeneità di cause di sovraindebitamento personale e familiare (dal sempre più consistente fenomeno delle ludopatie, favorite dalla diffusione di giochi online, alla contrazione dei servizi di welfare).
Per le famiglie si delinea una procedura di accesso al Fondo di solidarietà più snella, con istruttorie rapide e digitalizzate, per evitare che le lungaggini burocratiche aggravino irreversibilmente la vulnerabilità dei richiedenti. La nuova procedura valorizza il ruolo e l’expertise di fondazioni e associazioni anti-usura, affiancate da consulenti del debito professionalmente preparati con percorsi formativi specifici.
Più in generale, occorre promuovere nel nostro Paese una efficace rete di supporto e di consiglio ai debitori (debt advice) che, in un’ottica di prevenzione, permetta loro di orientarsi correttamente ai primi segnali di crisi senza attendere l’aggravarsi di situazioni difficili. Bisogna poi elaborare progetti innovativi ed efficaci che favoriscano composizioni negoziali delle situazioni di crisi in cui oggi si trovano molti piccoli imprenditori che mostrano però una sostenibilità prospettica della loro attività.
Politiche di questo genere risultano non solo funzionali a prevenire l’usura (e, specie in questo campo, la prevenzione è misura senz’altro più efficace del contrasto) ma anche a mitigare il forte impatto sociale generato dall’espulsione anzitempo dal circuito bancario di famiglie e imprese. Si tratta di modifiche di non difficile realizzazione, richieste all’unisono da chi lavora sul campo per evitare l’espansione del “welfare criminale”. Come accadde nel 1996, così anche oggi la politica dovrebbe prendere in seria considerazione le istanze che provengono dagli operatori della società civile.
Prorettore vicario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore; professore ordinario di Diritto dell’economia, facoltà di Scienze bancarie, finanziarie e assicurative. Il testo pubblicato qui sopra è uno stralcio tratto dall’articolo dell’autrice che apparirà sul prossimo numero della rivista «Vita e Pensiero». La rivista, bimestrale, esce il prossimo 17 marzo (€ 11,00).
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