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Dote Ue da 38 miliardi alle tecnologie pulite pronte per il mercato

Il Fondo Ue per l'innovazione finanzia i futuri campioni. Finora al via 52 progetti con Francia e Spagna in Testa

di Chiara Bussi

Una centrale eolica offshore nelle isole Frisone, tra i progetti finanziati dalla Ue

4' di lettura

Il nome in codice è “Programma K6”, frutto dell’alleanza tra Air Liquide ed EQIOM. Un gioco di squadra per produrre il primo cemento a zero emissioni in uno dei più antichi stabilimenti del settore a Lumbres, nel nord della Francia, nel primo trimestre 2028. Le tecnologie innovative Oxyfuel cattureranno l’anidride carbonica che, una volta purificata e liquefatta, sarà immagazzinate sotto il Mare del Nord o utilizzata, appunto, come materiale da costruzione.

In Finlandia un progetto riciclerà chimicamente la plastica per destinarla a materia prima per le raffinerie, mentre in Svezia verrà creato il primo impianto al mondo per la conversione in metanolo verde di CO2 e flussi di residui entro il 2025. È invece targato Nordsee2 (che ha come azionisti Rwe con il 51% e la canadese Northland Power al 49%) il progetto per dimostrare la fattibilità tecnica e commerciale della produzione di idrogeno dal mare nell’isola di Juist (nell’arcipelago delle Frisone) a partire da una centrale eolica offshore. In Sicilia, a Catania per la precisione, il prossimo settembre verrà ultimata la gigafactory Tango di Enel Green Power presso lo stabilimento 3Sun. Sarà la più grande fabbrica di pannelli solari di ultima generazione d’Europa, destinata a rafforzare la filiera europea delle rinnovabili.

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Progetti diversi con un minimo comune denominatore: consentiranno un avanzamento verso la neutralità climatica e daranno un contributo al territorio con la creazione di nuovi posti di lavoro. E saranno tutte finanziate in parte dal Fondo Ue per l’Innovazione che scommette sulla creazione di campioni europei di tecnologie pulite. In attesa del decollo del Green Deal Industrial Plan è questo il principale strumento di accompagnamento per la transizione ecologica nei Ventisette per tenere fede all’impegno di arrivare alla neutralità climatica entro il 2050, con una riduzione del 55% delle emissioni già entro il 2030. Un tesoretto da 38 miliardi di euro per il periodo 2020-2030 interamente coperto dai proventi derivanti dal meccanismo Ets, il sistema per lo scambio delle quote di emissione della Ue.

I contributi a fondo perduto vengono erogati in quattro grandi aree: settori industriali ad alta intensità energetica, compresi quella della cattura e utilizzo di carbonio (Ccu) che contribuiscono in modo significativo a mitigare i cambiamenti climatici, cattura e stoccaggio geologico di CO2 sicuri sotto il profilo ambientale, tecnologie per la produzione di energia rinnovabile e per lo stoccaggio di energia.

«L’obiettivo di questo strumento - spiega Federico Casolari, direttore del master Meffe (Esperto progetti di finanziamenti e fondi europei) all’Università di Bologna – è creare i giusti incentivi finanziari nelle zone dove la transizione è più difficile per investimenti in tecnologie pulite e consentire ai pionieri prescelti di diventare leader mondiali nel settore». L’idea, prosegue, «è finanziare progetti destinati a essere commercializzati e bilanciare una doppia valutazione: da un lato l’impatto a favore della decarbonizzazione e dall’altro la sua sostenibilità dal punto di vista economico».

Secondo la banca dati della Commissione Ue sono 52 i progetti premiati finora con 126 imprese partecipanti (di cui solo 13 Pmi). In dettaglio si tratta di 22 progetti su larga scala (con una spesa in conto capitale superiore a 7,5 milioni) che coinvolgono 72 imprese con un assegno complessivo di 2,84 miliardi. Quelli su bassa scala (small scale) sono 30 e hanno ottenuto 109,2 milioni di euro. Le più rappresentate sono Francia e Spagna, con otto progetti ciascuna, mentre Italia, Germania e Olanda sono a pari merito con quattro. La misura piace alle imprese, come mostra la relazione intermedia della Commissione Ue all’Europarlamento e al Consiglio dello scorso agosto. Basti pensare che alla prima chiamata per progetti su larga scala del 2021 si sono fatti avanti 311 società, ma solo 7 sono arrivate a traguardo.

Una nuova opportunità si è aperta lo scorso novembre con il terzo bando, sempre per progetti su larga scala. C’è tempo fino al 16 marzo per presentare le candidature e aggiudicarsi parte dei 3 miliardi messi a disposizione, con una dote rafforzata grazie alle maggiori entrate del sistema di scambio delle emissioni. Un miliardo verrà destinato a soluzioni innovative per la decarbonizzazione generale (energie rinnovabili, industrie ad alta intensità energetica, stoccaggio di energia, cattura, utilizzo e stoccaggio del carbonio, carburanti a basse emissioni). Un altro miliardo andrà a progetti per l’elettrificazione innovativa nell’industria e per l’idrogeno, mentre 700 milioni saranno destinati per l’innovazione nella produzione di componenti e apparecchiature per elettrolizzatori e celle a combustibile, energia rinnovabile, accumulo di energia e pompe di calore. Infine, 300 milioni saranno riservati a progetti-pilota altamente innovativi di medie dimensioni.

Un’opportunità per molte imprese, ma non alla portata di tutte. «L’iter è complesso - fa notare Casolari - e ancora a misura di quelle di grandi dimensioni, mentre le Pmi restano in parte ancora escluse dai giochi. Rispetto ad altri fondi Ue diretti, inoltre, c’è una forte mediazione da parte dello Stato che ha voce in capitolo sulla short list delle candidature, proprio per l’importanza strategica dei progetti». È previsto però un premio di consolazione per 20 escluse ritenute meritevoli ma non ancora pronte per il mercato, che potranno beneficiare dell’assistenza allo sviluppo dei loro progetti da parte della Bei, la banca europea per gli investimenti.

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