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Download, dati, notifiche: ecco come funzionerà l’app Immuni per tracciare il contagio

Ciascuno potrà decidere se scaricare l’app, ma maggiore sarà l’utilizzo e maggiore sarà l’efficacia.

di Alessandro Longo

(ANSA)

4' di lettura

Ci sono cose che sappiamo, che sono abbastanza certe, su come funzionerà il tracciamento Covid in Italia tramite app. Ma anche il nome,

Immuni, potrebbe cambiare. Discendono dal modello tecnico che è stato scelto, fortemente voluto da Apple e Google e favorito dalle autorità privacy europee. Altri aspetti certi sono nel decreto Giustizia ieri notte esaminato dal Consiglio dei ministri.

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A che serve l'app

L'app, come tutte quelle che sono in uso o in preparazione in molti paesi (quasi tutti quelli europei, tra cui la Norvegia che già l'ha lanciata; gli Stati Uniti; l'India, Singapore, l'Australia…) serve ad automatizzare, in qualche modo, il tracciamento delle persone che sono state in contatto con i positivi da coronavirus.

In questo modo è possibile applicare misure di isolamento e tamponi con più precisione (solo a chi è a rischio contagio), invece di applicare un lockdown generalizzato. Secondo l'Oms, il tracciamento contagiati è quindi un'arma importante nella Fase 2 e tale è stata riconosciuta anche dall'ultimo Dpcm.

Ciò detto, le app differiscono per livello di informazioni che, sugli utenti tracciati, in automatico arrivano alle autorità sanitarie. L'Italia, come adesso anche la Germania, ha scelto una via di minimizzazione massima di queste informazioni.

Cosa deve fare l'utente

Intanto, si tratta di aspettare l'app che in Italia arriverà verso fine maggio (secondo il cronoprogramma previsto dal Governo), con qualche giorno possibile di ritardo. L'utente potrà installarla su smartphone iPhone e Android, ma per farla funzionare dovrà anche aggiornarne i sistemi, con un update in via di rilascio da parte di Apple e Google.

È possibile che smartphone troppo vecchi, per cui non è previsto l'update, saranno esclusi quindi dalla novità.

Come scritto nel decreto Giustizia e confermato più volte dal Governo, l'istallazione dell'App sarà “volontaria” e che il mancato uso non comporterà “alcuna limitazione o conseguenza con riferimento sia all'esercizio dei diritti fondamentali” sia alla “parità di trattamento”. Non si sarà più liberi di muoversi se si ha l'app (o meno liberi se non lo si ha).

Come funziona

Il modello italiano si appoggia a novità software già elaborate da Apple e Google (e da ieri disponibili in rispettivi aggiornamenti del sistema, per ora solo in beta).

Ogni dispositivo dotato dell'app sulla genera un proprio codice identificativo (Id) temporaneo, che varia spesso, anonimo e che viene scambiato tramite bluetooth (low energy) con i dispositivi vicini (in base a parametri da fissare, ma il commissario alla task force Domenico Arcuri ha detto che riguarda persone poste a meno di due metri di distanza per un tempo di almeno 15 minuti).

I cellulari conservano in memoria gli Id degli altri cellulari contattati e i metadati (durata dell'incontro tra i dispositivi, forza del segnale percepito). Tutti questi dati sono crittografati in modo robusto. Per ciascuno di questi contatti, l'app stabilisce un rischio contagio grazie a questi dati, con un algoritmo in via di affinamento.

I cellulari a intervalli di tempo scaricano da un server, che da noi sarà a gestione pubblica, gli id dei cellulari di chi è risultato positivo a un tampone. Se l'app ritrova questo id all'interno della propria memoria con un livello di rischio giudicato sufficiente, fa apparire una notifica con un messaggio pre-impostato, a cura dell'autorità sanitaria.

La notifica comunicherà che c'è stato un contatto rischioso e darà istruzioni (che potranno essere quelle di isolarsi e contattare i sanitari; su questo non c'è ancora chiarezza).

L'autorità sanitaria saprà che il cittadino ha ricevuto la notifica solo se questi la contatterà. Sul server arriveranno le notifiche, ma senza alcuna associazione con l'identità del cittadino che le ha ricevute.

Cosa resta da decidere

Gli aspetti incerti più importanti, di impatto sul cittadino, sono quelli che riguardano l'interazione con l'autorità sanitaria. Su questi il Governo deve ancora fare chiarezza.

Secondo il modello tecnico seguito, si sa che l'autorità sanitaria chiederà, al soggetto risultato positivo a un tampone, se è stata installata l'app. In questo caso, il soggetto riceverà un codice di sblocco da usare sul proprio cellulare per inserire sul server tutti i propri codici identificativi generati dall'app.

Non è stato ancora deciso di preciso come si svolgerà quest'operazione; come arriverà il codice di sblocco eccetera. È una questione importante per motivi di sicurezza. Da decidere anche la gestione del “diario clinico”, altra funzione di Immuni: dove gli utenti possono annotare l'andamento dei propri sintomi.

Nell'attuale versione sperimentale dell'app, i dati del diario restano solo sul cellulare. Ma c'è l'ipotesi che la task force chieda di poterli avere, per studi epidemiologici o persino per poter contattare il paziente in caso di aggravamento dei sintomi (con il suo consenso, come avviene con l'app sviluppata dalla Provincia di Trento).

Infine, che succede di preciso dopo aver ricevuto la notifica? L'utente potrà chiedere e ottenere un tampone, tramite app o altri canali? In che modo potrà essere messo in contatto con l'autorità sanitaria? Insomma: in che modo sarà gestito, e con quale tempestività? O c'è il rischio che venga abbandonato a sé stesso, in una sorta di isolamento fiduciario, senza alcun feedback o conferme di positività?

Le risposte sono fondamentali perché fanno la differenza tra un tracciamento contatti caotico, che può rivelarsi anche un boomerang, e un modello efficiente che davvero potrà limitare i contagi efficacemente.

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