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Draghi all’Atlantic Council: dopo la guerra, un piano Marshall per l’Ucraina

Il Presidente del Consiglio riceve il premio per la leadership. E dice: davanti a grandi sfide “è il momento dell’Europa”, che deve saperlo cogliere

di Marco Valsania

Draghi: la pace deve essere quella che vuole Ucraina, non imposta

3' di lettura

“L'Italia ha attraversato momenti estremamente difficili negli ultimi anni. Abbiamo fronteggiato una pandemia prima di altri nel mondo occidentale. Abbiamo sopportato uno shock economico molto più severo che altrove in Europa. Adesso viviamo il ritorno della guerra sul nostro continente, che minaccia la nostra sicurezza, prosperità, la nostra sicurezza energetica. E questo accade per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale”. Un ritorno della guerra, con l'aggressione a Kiev da parte della Russia. Che trova però anche una risposta convinta dell'Europa, la quale può avvicinare ancor più i paesi della UE tra loro oltre a rafforzare l’alleanza con gli Stati Uniti. E in futuro assicurare un piano Marshall per la ricostruzione dell'Ucraina.

Mario Draghi non è timido nell'elencare le sfide davanti all’Italia e all'Europa, nel ricevere nella serata di gala di mercoledì il premio Distinguished Leadership Award dell'Atlantic Council a Washington, a lui presentato dal Segretario al Tesoro, e collega di antica data ai vertici delle banche centrali, Janet Yellen, davanti a una platea del “Who is who” della capitale americana. Yellen che ha ricordato, a esempio delle doti di leadership di Draghi, la credibilità delle prese di posizione che lo resero celebre alla guida della Bce, a cominciare dal “Whatever it takes” per salvare l'Euro durante la crisi del debito in Europa. Seguito da un’altra frase altrettanto cruciale, ricorda Yellen: “Credetemi, sarà sufficiente”.

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Anche dalle più recenti sfide, ha detto Draghi, “l'Italia si è ripresa, come ha sempre fatto nella sua storia”. E “siamo pronti a fare la nostra parte, assieme agli alleati europei e transatlantici, per superare questo tragico momento. Per ritrovare la pace dove ora c'è il male”.

Il Presidente del Consiglio ha indugiato sulla strada della memoria nel ricostruire i suoi rapporti personali con gli Stati Uniti. Ha ricordato gli studi all'MIT negli anni Settanta, con Yellen che era assistant professor a Harvard. La sua scoperta degli Usa, della loro apertura e accoglienza. La generosità dei mentors, da Franco Modigliani a Paul Samuelson, Bob Solow e Stan Fischer, e i brillanti studenti che incrocia in quegli anni, Paul Krugman, Larr y Summers. E’ all'MIT, dice, che “ho imparato a sfidare le verità convenzionali, a pensare con rigore”.

Sono lezioni che oggi intende applicare al cospetto delle crisi aperte.L'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, spiega, ha causato una “svolta nel paradigma della geopolitica”. Ha rafforzato i legami tra EU e Usa, isolato Mosca, sollevato profonde questioni per la Cina. Cambiamenti che “sono ancora in divenire” ma che “sono destinati a rimanere con noi per lungo tempo”. Occorre, in questa situazione, “continuare a sostenere l'Ucraina e continuare a infliggere costi alla Russia”. Ma anche fare “tutto il possibile per raggiungere un cessate il fuoco e una pace duratura. Spetterà agli ucraini decidere i termini di questa pace”. Dobbiamo tuttavia, aggiunge, essere pronti fin d’ora a rimanere al loro fianco anche dopo la guerra. “La distruzione delle loro città, delle loro industrie, dei loro campi, richiederà enormi risorse finanziarie”. L'Ucraina “avrà bisogno del suo piano Marshall”. E “dovremo assicurare che le sue istituzioni democratiche rimangano solide”.

La guerra in Ucraina, come già la pandemia, ha anche il potenziale di portare i paesi della Ue più vicini tra loro, di far scattare un salto di qualità. Perchè è chiaro che sfide di questa portata “non possono essere affrontati su scala nazionale, richiedono uno sforzo congiunto”. In futuro, ha detto, “dovremo razionalizzare la spesa per la difesa, accelerare la transizione energetica, rilanciare la ripresa economica, fare i conti con vecchie e nuove diseguaglianze”. E le trasformazioni “richiedono cambiamenti nelle nostre istituzioni e potrebbero richiedere modifiche nei trattati costitutivi. ”Ma questo è il momento dell'Europa e dobbiamo coglierlo”, afferma. Nelle certezza che comunque non saremo soli, che in questi tempi di cambiamento in realtà “lo stretto legame tra Ue e Stati Uniti rafforza entrambi”.


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