Sale in Zucca

Draghi al bivio tra Palazzo Chigi e Colle e la riedizione del 2011

L'attuale situazione economico-politica del Belpaese ricorda un poco quanto nel 2011, dieci anni fa, capitò allo stesso premier Mario Draghi

di Giancarlo Mazzuca

(IMAGOECONOMICA)

2' di lettura

Pochi ci hanno fatto caso, ma l'attuale situazione economico-politica del Belpaese, con tanti nodi da sciogliere compreso il dilemma Draghi-sì, Draghi-no per la prossima corsa alla presidenza della Repubblica, ricorda un poco quanto nel 2011, dieci anni fa, capitò allo stesso premier.

Allora «Supermario» era al vertice di Bankitalia e, il 31 maggio, tenne per l'ultima volta le sue Considerazioni finali, la “messa cantata” in chiave laica. Furono, quelli, giorni molto delicati: lui era già stato designato alla guida della Bce, la Banca centrale europea, ed era, quindi, in procinto di trasferirsi al posto del francese Jean-Claude Trichet, ma arrivò la notizia della condanna a 4 anni comminata ad Antonio Fazio, il predecessore di Draghi in via Nazionale, coinvolto nella vicenda della scalata Antonveneta.

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Si creò così una situazione molto difficile perché mai un governatore della Banca d'Italia aveva subito prima l'onta di una sentenza giudiziaria tanto pesante. Interpretando il pensiero di molti, scrissi in quei giorni che forse sarebbe stata meglio la prima opzione, che, cioè, il Nostro fosse rimasto a Roma. La discussione fu accesa: se era particolarmente prestigiosa la scalata di un italiano ai vertici dell'Eurotower - soprattutto in un periodo in cui il nostro Paese sembrava il fanalino di coda della Ue, con gli euroscettici sempre più numerosi -, ugualmente importante era la consapevolezza, in un momento così delicato, di poter avere ancora un personaggio autorevole come Draghi alla guida della Banca d'Italia.

Il passaggio da Bankitalia alla Bce

E non furono pochi coloro che si dichiararono favorevoli alla seconda ipotesi nonostante il prestigio della poltrona di Francoforte. Ma Draghi non rinunciò alla Bce e, nell'ottobre del 2011, lasciò Palazzo Koch: al suo posto venne designato Ignazio Visco che ancora oggi siede in Via Nazionale.

Ora si sta giocando una specie di secondo tempo di quella partita perché molti vedrebbero bene una salita al Quirinale dell'attuale premier al posto di un Mattarella in fase di congedo. Altrettanto numerosi sono, però, gli esponenti dell'attuale maggioranza che sostengono che Mario debba restarsene a Palazzo Chigi per due motivi: da una parte è prioritaria per l'Italia l'operazione-ripartenza dopo il lungo “buco nero” del Covid mentre, dall'altra, la scelta per Draghi di scalare il Colle aprirebbe la strada ad una crisi di governo che porterebbe alla fine anticipata della legislatura. E proprio tale eventualità viene demonizzata dai tanti parlamentari in carica che temono di non essere rieletti. Cosa farà il premier? Si comporterà come nel 2011 o imboccherà l'altra strada? La domanda se la pongono in molti, peccato solo che, al di là delle indiscrezioni, nessuno abbia chiesto espressamente al diretto interessato quali siano le sue reali intenzioni.

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