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Draghi: «Kiev deve vincere la guerra o per l’Ue sarà un colpo fatale»

Nel suo discorso al MIT delinea le sfide di un mondo passato da competizione a conflitto. E il ruolo da ridefinire dell’Unione Europea

di Marco Valsania

Ucraina: Draghi, Kiev deve vincere o per l’Ue sarà fatale

5' di lettura

Ucraina e inflazione. Mario Draghi, nel ricevere il Miriam Pozen Prize al MIT, dove aveva studiato, per la sua leadership in politica finanziaria internazionale, dà lezione di geopolitica ed economia, affrontando due drammi interconnessi che, dice, hanno colto di sorpreso i policymaker. Frutto di ciò che descrive come un passaggio epocale, sul palcoscenico globale, dalla competizione al conflitto. E che promettono di continuare a influenzare il futuro, imponendo pedaggi all'economia e oltre.

ENGLISH VERSION / Il discorso di Mario Draghi

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Guerra e inflazione

In un ampio e articolato intervento, Draghi si è concentrato su due eventi che, assieme alle tensioni crescenti con la Cina, «hanno dominato le relazioni internazionali e l’economia globale nell’ultimo anno e mezzo: la guerra in Ucraina e il ritorno dell’inflazione». E ha cominciato con una diagnosi delle debolezze che spiegano questo presente: «Supponevamo che le istituzioni che avevamo costruito, insieme ai legami economici e commerciali, sarebbero state sufficienti per prevenire una nuova guerra di aggressione in Europa. E credevamo che le banche centrali indipendenti avessero padroneggiato la capacità di limitare le aspettative di inflazione, al punto da temere una stagnazione secolare».

Non è stato così. Le sfide aperte «sono piuttosto una conseguenza di un cambiamento di paradigma che negli ultimi 25 anni ha visto la geopolitica globale slittare dalla competizione al conflitto». Un paradigma che «potrebbe portare a tassi di crescita potenziale più bassi e richiederebbe politiche che portino a deficit di bilancio e tassi di interesse più elevati».

La visione ottimistica della globalizzazione degli anni Novanta, che avrebbe portato alla diffusione di valori liberali e democratici, si è rivelata fallace, come dimostrato sia dalla Cina, che non è diventata un'economia di mercato nonostante l'inclusione nell'Organizzazione mondiale del Commercio, che dalla Russia, protagonista ora dell’invasione dell’Ucraina con una guerra d'aggressione. E Draghi ha sottolineato in particolare il significato della nuova realtà per la Ue.

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Minacciati i valori europei

«I valori esistenziali dell’Unione europea sono la pace, la libertà e il rispetto della sovranità democratica ed è per questo che non c’è alternativa per gli Stati Uniti, l’Europa e i loro alleati ad assicurare che l’Ucraina vinca questa guerra». Solo «un cambiamento di politica interna a Mosca» vedrebbe la Russia abbandonare i suoi obiettivi, «ma non vi è alcun segno che un tale cambiamento si verificherà». Draghi vede «conseguenze geopolitiche di un conflitto prolungato al confine orientale dell’Europa». Le elenca, invitando a prepararsi al meglio.

«In primo luogo, l’Ue deve essere disposta a rafforzare le proprie capacità di difesa. Questo è essenziale per aiutare l’Ucraina per tutto il tempo necessario e per fornire una deterrenza significativa contro la Russia». Poi «dobbiamo essere pronti a iniziare un viaggio con l’Ucraina che porti alla sua adesione alla Nato». Infine, «dobbiamo prepararci a un periodo prolungato in cui l’economia globale si comporterà in modo molto diverso dal recente passato».

È qui che «cambiamenti geopolitici e dinamiche dell’inflazione si intersecano». La guerra in Ucraina «ha contribuito all’aumento delle pressioni inflazionistiche a breve termine, ma è anche probabile che inneschi cambiamenti duraturi che preannunciano un aumento dell’inflazione in futuro». L’inflazione «si sta dimostrando più resiliente di quanto inizialmente ipotizzato dalle banche centrali». E la lotta per domarla «non è finita e richiederà probabilmente una cauta continuazione della stretta monetaria».

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Rischio deficit di bilancio più elevati per gli Stati

Draghi prevede anche che «i governi registrino deficit di bilancio permanentemente più elevati» in nome di un ventaglio di questioni da affrontare: dalla crisi climatica, alla necessità di puntellare le nostre catene critiche di approvvigionamenti, alla difesa, soprattutto nell’Ue. Queste «richiederanno investimenti pubblici sostanziali che non possono essere finanziati solo attraverso aumenti delle imposte». E un impatto da simili impegni ci sarà anche sul carovita: «Questi livelli più elevati di spesa pubblica eserciteranno ulteriore pressione sull’inflazione, accanto ad altri possibili shock».

È quindi probabile «nel lungo periodo che i tassi di interesse siano più elevati rispetto al passato decennio», in una fase che vedrà un «volatile cocktail» composto di bassa crescita potenziale, più elevati tassi e elevati livelli di debito post pandemico. Spetterà tuttavia anzitutto ai governi «ridisegnare» le politiche fiscali nella nuova situazione, tenendo conto di uno «spazio fiscale che non è infinito» come parso in precedenza. La composizione della politica fiscale sarà elemento cruciale: l'obiettivo dovrebbe essere alzare la crescita potenziale e allo stesso tempo proteggere e includere chi ha più bisogno di aiuto. Un interrogativo è rappresentato da radicali innovazioni, quali l’Ai, se dovessero «scuotere il mondo e alzare la crescita globale».

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Per l’Ue lo spartiacque della guerra

La Ue in tutto questo dovrà fare i conti con «sfide sovranazionali senza precedenti». Il suo modello sociale, con la sua rete di welfare, ha ad oggi protetto i più vulnerabili meglio che altrove dalle conseguenze più dannose della globalizzazione e le sue istituzioni e regole robuste hanno meglio contrastato gli effetti collaterali del libero mercato. Ma l’Unione non era «disegnata per trasformare il suo peso economico in potere militare e diplomatico». La risposta alla Russia è così uno «spartiacque». Ha dimostrato come non mai «l'unità della Ue nel difendere i suoi valori fondanti», al di là delle priorità nazionali.

Una simile unità sarà essenziale negli anni a venire, per ridisegnare l'Unione al fine di accomodare l'Uncraina, i paesi dei Balcani e dell'Europa Orientale, per organizzare un «sistema di difesa europeo complementare e capace di rafforzare la Nato». E per gestire sfide collettive del calibro della transizione climatica e della sicurezza energetica.

Draghi si è recato negli Stati Uniti per essere insignito del Miriam Pozen Prize 2023, motivato dalla suo ruolo di protagonista in politica finanziaria internazionale. Il premio, gestito dall'MIT Golub Center for Finance and Policy, gli è stato conferito durante una cerimonia presso il Samberg Conference Center a Cambridge in Massachusetts. È diventato il secondo vincitore del riconoscimento, dopo Stanley Fischer. Nel ricordare la carriera di Draghi, lo MIT GCFP ha sottolineato il suo ruolo di Presidente della Banca centrale europea, di Chair del Financial stability board, di governatore della Banca d'Italia fino a quello di Primo ministro del Paese. Draghi ha ricevuto un PhD in economia dall'Mit nel 1977, sotto Franco Modigliani e Robert Solow.

Il Miriam Pozen Prize

Il Miriam Pozen Prize, più in dettaglio, «riconosce l'eccellenza nella ricerca o nella pratica della politica finanziaria».Quando il premio fu annunciato, a marzo, Draghi fece sapere che «da studente all'MIT negli anni Settanta non avrei immaginato la carriera che la mia educazione avrebbe aiutato a lanciare. Spero che questo premio ispiri una nuova generazione di economisti ad entrare nell'arena della politica». Robert Pozen, che ha istituito il premio in nome di sua madre, aveva per l'occasione affermato che Draghi «combina l'intuizione di un praticante accademico con la determinazione di applicare le sue convinzioni al policymaking». E', ha aggiunto, «un modello per l'integrazione della teoria e pratica finanziaria che il Premio intende incoraggiare».


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