Due aziende su tre adottano misure per trattenere i talenti
Il 66% delle aziende, non solo grandi realtà, ma anche Pmi, mette in campo misure per trattenere i propri talenti
di Claudio Tucci
2' di lettura
Il 66% delle aziende, non solo grandi realtà, ma anche Pmi, mette in campo misure per trattenere i propri talenti. Nel 63% dei casi si punta su una valorizzazione economica, aumenti salariali, benefit, incentivi. Nel 50%, vale a dire in un caso su due si apre allo smart working, e più in generale a una maggiore flessibilità organizzativa. Nel 45% dei casi la leva utilizzata dalle imprese è offrire più autonomia e coinvolgimento nelle decisioni aziendali. Spesso queste misure si mixano tra di loro. Insomma, «il mondo imprenditoriale sta offrendo sempre più interventi personalizzati ai propri lavoratori; e anche la stessa azienda, come luogo di lavoro e produzione, è ormai sentita come bene comune da addetti e proprietà», ci racconta Giuseppe Tripoli, segretario generale di Unioncamere, che questa mattina a Roma interverrà al convegno «Il senso del lavoro oggi», organizzato dalle Camere di Commercio assieme alla Fondazione per la Sussidiarietà, alla presenza di esperti e istituzioni.
L’occasione è una riflessione a 360° sui temi del lavoro, e come sono avvertiti dagli attori principali. Continuando a far parlare i numeri, il fenomeno delle dimissioni da parte dei lavoratori, ad esempio, esploso durante la pandemia, sta iniziando a rallentare: nel primo trimestre di quest’anno ci si è attestati a quota mezzo milione (501.595, per la precisione), con un calo del 3,9% sullo stesso periodo del 2022. Peraltro, come ha evidenziato l’Osservatorio Hr del politecnico di Milano, non tutti quelli che hanno cambiato occupazione sono soddisfatti: il 41%, si è pentito della scelta fatta. Mentre è schizzato in alto il mismatch, cioè la difficoltà di reperire la risorsa giusta: siamo al 48% (ultima fotografia Excelsior), e a mancare, in prevalenza, sono proprio i candidati. «Ciò dipende da tanti fattori, inclusa la denatalità - ha proseguito Tripoli -. Le aziende stanno ampliando gli strumenti di ricerca, assumono anche figure simili, poi da formare. Non c’è dubbio che, anche le Pmi, fanno qualcosa di più per attrarre o per non lasciar andare via (spesso alla concorrenza, ndr) i propri talenti».
Si tratta di una nuova policy che dà i suoi frutti. Come riconosce una indagine targata centro studi Tagliacarne-Unioncamere: il 24% delle imprese che adottano più pratiche (almeno tre) per trattenere i talenti in azienda prevedono un aumento della produttività nel 2024.
Una chiave è anche la formazione: in Italia il 60% delle imprese manifatturiere e dei servizi investirà nella formazione up-skilling o re-skilling entro il 2025. Anche qui, ci sono da affrontare le sfide delle rivoluzioni in atto (e occorre reagire vista l’incertezza in atto e l’assestamento del mercato del lavoro, dopo un lungo periodo di aumento dell’occupazione, e della sua qualità).
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