Due italiani su tre si fidano del biotech nell’agroalimentare
Il progetto bioglusafe del’Enea punta sulle proteine del glutine detossificate per ottenere prodotti simili a quelli con glutine naturale
di Davide Madeddu
2' di lettura
I consumatori si fidano delle biotecnologie utilizzate nel settore agroalimentare. E la tendenza mostra anche un segno positivo con un trend destinato alla crescita. A certificare questo andamento e questo dato uno studio dell’Enea che parte da un sondaggio svolto da dicembre 2020 a gennaio 2021 su un campione composto da 511 persone consultate online, in prevalenza donne (65%), e da cui emerge che il 65% degli intervistati assaggerebbe prodotti senza glutine ottenuti attraverso un approccio biotecnologico e il 57% li acquisterebbe a un prezzo superiore a quello attuale di mercato.
Inoltre, l'accettazione delle biotecnologie da parte degli intervistati aumenta se vengono riconosciuti i benefici per la salute e l'ambiente. La ricerca, nata dal progetto “Bioglusafe”, realizzato per lo sviluppo, con un approccio biotecnologico, di proteine del glutine detossificate al fine di ottenere prodotti simili a quelli con glutine ‘naturale' ma fruibili dai celiaci ha interessato.
Il sondaggio ha interessato per il 24%, nella fascia più rappresentativa, una popolazione di giovani di età compresa tra 18 e 24 anni. Tra gli intervistati il 66 per cento i ha un'istruzione terziaria e il 61% una cultura prevalentemente scientifica. La regione più rappresentata è il Lazio, con Roma in testa.
«Con il nostro studio abbiamo indagato la consapevolezza e l'accettazione dell'uso delle biotecnologie avanzate da parte dei consumatori e abbiamo valutato il loro grado di conoscenza della celiachia e la propensione all'acquisto di prodotti innovativi con glutine detossificato – dice Paola Sangiorgio, responsabile dello studio e ricercatrice del Laboratorio di Bioprodotti e bioprocessi –. Abbiamo poi confrontato i nostri risultati con i dati di studi simili in letteratura come quello di Bucchi and Neresini del 2004».
I dati dello studio, come sottolinea la ricercatrice, certificano un cambiamento dell'opinione dei consumatori. «Il 52% degli intervistati all'epoca dichiarò questi usi moralmente inaccettabili, mentre oggi sono considerati accettabili e utili - aggiunge -. Tuttavia, la percezione del rischio associato alle biotecnologie rimane la stessa nel 2020, anno del nostro studio, come nel 2003».
L'indagine compiuta venti anni fa, sottolinea l'esperta, riconosceva «un'elevata affidabilità della comunità scientifica nelle tecnologie genetiche ma non una grande fiducia nelle autorità pubbliche». Situazione mutata adesso. «I nostri ultimi risultati testimoniano che i consumatori oggi si fidano sia di scienziati che di autorità, fenomeno quest'ultimo legato allo specifico periodo di emergenza sanitaria caratterizzato da forte cooperazione tra scienza e politica — continua la ricercatrice –. Un altro aspetto di rilievo riguarda la grande importanza di una corretta comunicazione dei risultati scientifici che possa fare da ‘argine' alla proliferazione e diffusione di notizie che spesso alterano la realtà e ne danno un'immagine parziale o distorta. Questo a causa di una diffusione sempre maggiore di informazioni provenienti da fonti diverse e dal fondamento spesso non verificabile».
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