L’incontro Scholz-Macron

Due piccoli Napoleoni post ideologici per modernizzare la Ue

di Stephan-Götz Richter

(DPA/AFP via Getty Images)

5' di lettura

Il nuovo cancelliere tedesco Olaf Scholz – seguendo le orme di Angela Merkel – intraprenderà oggi il suo primo viaggio all’estero verso Parigi. I socialdemocratici tedeschi hanno grandi speranze per una stretta collaborazione con il presidente francese Emmanuel Macron in termini di politica fiscale ed europea. Attraverso l’asse con Parigi, sperano di poter finalmente andare oltre il tradizionale conservatorismo tedesco in materia di conti pubblici.

Ma come funzioneranno Scholz e Macron come duo? I parallelismi sono tanto interessanti quanto rivelatori. Il fatto che entrambi siano piuttosto bassi di statura (rispettivamente 1,70m e 1,73m) non è importante. Ciò che conta è che sono entrambi dei tecnocrati con una fiducia talmente smisurata nelle proprie doti intellettuali da essere spesso percepiti come arroganti.

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Emmanuel Macron, tuttavia, è piuttosto bravo a infondere emotività nelle sue apparizioni pubbliche. Lo fa deliberatamente per poter scansare, almeno temporaneamente, l’accusa di arroganza, e con il fine di vedere realizzati i propri obiettivi.

Scholz, invece, trova molto difficile trasmettere anche solo una piccola dose di emotività. Se non ci bada, risulta monotono quanto il controllore di un treno notturno. Inoltre, fino a oggi – e in netto contrasto con Macron – non si è dimostrato in grado di assumersi la responsabilità personale di qualsiasi sviluppo politico indesiderato.

Inoltre, non appena viene sfidato con delle domande, Scholz diventa istintivamente cocciuto e snocciola i suoi argomenti alla maniera di un rullo compressore. E quando cerca di rispondere a una domanda, traspare un’arroganza sprezzante. Per esempio, quando gli è stato chiesto di recente se in politica mostrasse troppe poche emozioni, ha risposto che lui non faceva «il presentatore di un circo».

Ciò che unisce Scholz e Macron, tuttavia, non è solo l’enorme fiducia nella propria intelligenza. Il loro essere diventati cancelliere e presidente fornisce loro anche un legame autobiografico. Per entrare all’Eliseo, Macron ha dovuto, di fatto, mettere in crisi l’intero sistema dei partiti consolidati in Francia. Inoltre, nella campagna elettorale del 2017 si è trovato ripetutamente nella posizione di dover fare delle scelte con esigue possibilità di successo, tutte rivelatesi vincenti.

Macron è così riuscito a polverizzare il sistema dei partiti del suo Paese in modo tale da creare un nuovo nucleo politico su misura per lui. Per inciso, il nucleo del suo movimento En marche è abbastanza vicino a quello della coalizione semaforica tedesca nel suo insieme.

L’ascesa di Olaf Scholz non è stata così improbabile come quella di Macron. Ma il neocancelliere è stato respinto come leader dal partito non più in là del dicembre 2019 ed è risorto dalle ceneri di un’enorme umiliazione personale in un modo che pochi credevano possibile.

Come Macron prima di lui, Scholz evidentemente ha creduto nelle sue chance. Per “emergere” verso la cancelleria sulla scorta di un partito con il 15% dei consensi ci sono voluti avvenimenti non facilmente prevedibili. Chi avrebbe potuto immaginare, per esempio, che la Cdu e la Csu da tanto tempo al potere si sarebbero trasformate da un club spietatamente autoriferito e specializzato nell’elezione dei cancellieri in un apparato così capricciosamente autodistruttivo? A volte sembrava che un agente del team della campagna elettorale della Spd fosse stato segretamente autorizzato a scrivere i dialoghi di autodistruzione della campagna della Cdu/Csu.

Per quanto riguarda il livello politico-concettuale, Scholz e Macron dovrebbero riuscire a trovare un terreno comune per le loro politiche, tra tecnocrazia, tecnologia, modernizzazione sociale, politica industriale e dovrebbero riuscirci velocemente. Macron, in ogni caso, potrebbe facilmente aderire al tema berlinese di una “coalizione del progresso” anche nel quadro franco-tedesco (a condizione, ovviamente, che l’energia nucleare sia considerata “progressista” dai tedeschi).

Per la loro cooperazione dovrebbe aiutare anche il fatto che Scholz è uno stratega senza ideologia. A volte fa dichiarazioni ideologicamente motivate – in questo è molto simile ad Angela Merkel. Tuttavia, lo fa solo quando serve ad avanzare le sue politiche o al consolidamento del suo potere. Questo è anche il motivo per cui è considerato freddo, taciturno e calcolatore. E mostra poche emozioni ed è difficile da capire. Era già chiamato «Scholzomat» negli anni ’80.

Macron, d’altra parte, è molto diverso nel suo stile di politica di potere. Come Giove, è il disordine stesso. Inoltre, si sforza costantemente di dimostrare agli altri la sua genialità – e quindi si rende naturalmente vulnerabile. Macron si basa su visioni audaci, non sull’ideologia, che considera superata.

Ciò che Macron ha in più di Scholz in termini di vision, Scholz se lo ritrova in esperienza politica. Questo deficit relativo, tuttavia, è in qualche modo compensato dal sistema presidenziale francese, grazie al quale è più probabile che Macron sia in grado di governare. Un sistema di governo che, segretamente, potrebbe piacere anche al leader tedesco.

Tuttavia, Scholz sarà sotto un’enorme pressione nei prossimi quattro anni. Nella campagna elettorale del 2021 si è molto consapevolmente presentato come un futuro cancelliere onnipotente (salari equi, pensioni stabili, affitti equi, buon clima). Questi annunci, combinati con l’immagine dell’uomo che riesce a portare a termine ciò che inizia («Scholz lo affronterà»), sono andati ben oltre quello che lo stesso Macron, ancora più convinto di sé, aveva osato fare in Francia.

Ciò che rimane come impressione comune e unificante è che entrambi gli uomini cercano in qualche modo di tirare fuori il loro Napoleone interiore (quello precedente al 1815!). Non nel senso di un generale in una campagna di conquista, ma di un uomo che era abissalmente – e quasi soprannaturalmente – convinto di se stesso e del suo personale potere creativo.

Ciò che rimase di Napoleone oltre i campi di battaglia fu una modernizzazione essenziale proprio delle strutture economiche. Questo è vero per la Francia e soprattutto per la Germania. La de-feudalizzazione perseguita con determinazione da Napoleone e dai suoi amministratori pose le basi prima per l’ascesa della borghesia e poi per una prosperità che si estese gradualmente ad altri strati della popolazione.

Per una coalizione franco-tedesca per il progresso, varrebbe la pena di continuare a lavorare su questo asse di modernizzazione.

Scholz e Macron, i due mini-Napoleoni del XXI secolo, non dovrebbero mettersi troppo direttamente l’uno contro l’altro. C’è da sperare che si completino bene nell’interesse della causa europea, nella misura in cui l’irrequietezza di Macron completa bene l’habitus da rullo compressore di Olaf Scholz.

Ma c’è anche il rischio che questi due diversi temperamenti alla lunga non vadano d’accordo perché esemplificativi di due diversi stili di comando.

Direttore di The Globalist e del Global Ideas Center di Berlino
@stephan_richter

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