È in atto un attacco al sonno. Nome in codice: 24/7
Il “capitalismo della sorveglianza”, le immagini a flusso continuo, le ricerche del Pentagono e le serie tv: tutto concorre a ridurre le ore in cui dormiamo. E, no, non è un brutto sogno
di Francesco Guglieri
3' di lettura
Ogni anno milioni di simpatici passeri dalla corona bianca migrano dall’Alaska al Messico settentrionale. Come molte altre specie, direte voi: certo, ma a differenza di tutte le altre, il passero dalla corona bianca non dorme mai. Riesce a rimanere in stato di veglia per una settimana intera, così può procurarsi il cibo di giorno e volare tutta la notte seguendo la rotta. Senza dover mai riposarsi.
Pare che la Difesa americana abbia investito centinaia di migliaia di dollari per finanziare la ricerca sul passero sempre sveglio – e ovviamente l’esercito degli Stati Uniti non lo fa per togliersi una curiosità. Una volta carpiti i segreti neurologici che permettono al volatile di non dormire, li applicherebbero, attraverso sostanze, all’uomo per ottenere un soldato libero dal bisogno di dormire, un super-soldato in grado di rapportarsi (e al suo stesso livello) a un apparato militare ormai formato principalmente da macchine, reti informatiche, droni e compagnia bombardante.
Il sonno è il campo di battaglia definitivo di una guerra il cui nome in codice è “24/7”. Essere svegli, attivi e produttivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7 è l'obiettivo, far cadere quell'ultima «barriera naturale» (definizione di Marx) che è il sonno è il modo per vincerla. A combatterla, questa guerra, sono in tanti. A cominciare da chi la guerra la fa – letteralmente: la privazione del sonno è una delle torture più violente praticate da eserciti e polizie segrete. Ma leggendo il libro di Jonathan Crary, 24/7, si scopre che molti altri conducono questa battaglia: di sicuro in maniera meno violenta, ma di certo più pervasiva se è vero come è vero che il Ceo di Netflix, Reed Hastings, ha dichiarato: «È il sonno il nostro competitor più forte, è con lui che stiamo combattendo».
Non sono, quindi, Amazon, HBO o YouTube i concorrenti per accalappiarsi l'attenzione del consumatore, ma il sonno, l’unica attività umana che avendo degli orari fissi e irrinunciabili – si può soddisfare solo in un certo intervallo di tempo – non può essere soggiogata alla esigenze di una macchina. Del resto «Il denaro non dorme mai» come diceva Michael Douglas nel seguito di Wall Street: e infatti il Capitalismo della sorveglianza (come raccontato nell'omonimo libro di Shoshana Zuboff) prova a estrarre dati dalle nostre vite anche quando dormiamo attraverso app e bracciali indossabili. Ad esempio Sleep Time, che si integra con la funzione Salute dell'iPhone, promette di farci addormentare prima e risvegliare riposati, mentre Sleep Cycle analizza anche il nostro russare (nel caso non abbiate già una compagna che vi dà delle botte sulla schiena per farvi girare).
Ma c’è anche un altro senso per cui il sonno è il fronte più avanzato del presente. Per il filosofo Emmanuel Levinas l'insonnia è un modo per fare i conti con la condizione peculiare e particolarmente difficile in cui si trova la responsabilità individuale di fronte alle tragedie. Siamo costantemente esposti a un flusso ininterrotto (24/7 appunto) di immagini e notizie di disastri, scandali, guerre, epidemie, ingiustizie, orrori vari attraverso i social: tweet e post ci chiamano, ci reclamano, impongono che prendiamo una posizione, che stiamo vigili, svegli. Insomma: “woke”. Essere woke (o aderire alla woke culture) è il termine che, nello slang di internet, indica chi è sveglio, lucido, ha gli occhi aperti di fronte alle ingiustizie sociali.
Nato sull’onda del movimento Black Lives Matter, nel 2016 woke è entrato nel Oxford English Dictionary con la definizione «colui che è vigile verso ogni ingiustizia e discriminazione sociale o razziale»… e non ha paura di dirlo su Twitter.
C’è da perderci il sonno. Per ritrovarlo niente di meglio di un buon libro: il sonno e, soprattutto, il sogno sono sempre stati protagonisti assoluti della letteratura, dai miti greci a La bottega oscura di George Perec, dove lo scrittore elenca 124 suoi sogni. Ma il capolavoro in questa categoria è un meta-libro: Teatro del sonno, a cura di Guido Almansi e Claude Béguin, è una storica antologia di sogni letterari, che da Giobbe alla contemporaneità ne raccoglie di stupendi (Franz Kafka, Michel Leiris, Jorge Luis Borges…). E per una volta ascoltare il racconto di un sogno altrui non sarà per niente noioso.
Jonathan Crary
“24/7. Il capitalismo all'assalto del sonno”
(Einaudi 2015, 144 pagine, 18 euro, traduzione di Mario Vigiak)
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