L'orientamento dei ministeri

E-bike, obbligo di targa, assicurazione, patente e casco se la potenza supera i 250 Watt

di Maurizio Caprino

(Marka)

3' di lettura

Alternativa ecologica per sfuggire al traffico o trucco per aggirare l’obbligo di patentino e assicurazione, a scapito della sicurezza? Solo una cosa è certa: le e-bike (bici con motore elettrico) continuano a crescere sul mercato anche quando i velocipedi tradizionali perdono vendite: è accaduto anche nel 2018, chiuso con un +16,8% contro il -7,6% registrato per le biciclette normali. Per il resto, occorre fare i conti con un’offerta che diventa sempre più varia mettendo in crisi una normativa nazionale rimasta ferma a vent’anni fa e ora in parziale conflitto con quella europea e internazionale in generale.

Il dubbio sulla natura delle e-bike è alimentato non solo dalla cronica indisciplina degli italiani, che può trovare grandi sfoghi in mezzi leggeri, fatti apposta per muoversi nel caos cittadino. È anche una questione normativa: da qualche anno, il regolamento europeo 168/2013 prevede anche bici elettriche molto più potenti e “assistite” di quelle ammesse dal Codice della strada italiano.

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Infatti, il regolamento ha introdotto i “cicli a propulsione” (categoria internazionale L1e-A), il cui motore elettrico consente di accelerare anche quando non si pedala e la cui potenza è di ben 1.000 watt. Il quadruplo rispetto ai 250 fissati dall’articolo 50 del Codice, che pone anche altri due paletti:

il motore elettrico deve essere solo «ausiliario» (quindi non può funzionare se contemporaneamente il conducente non pedala);

la sua spinta deve essere «progressivamente ridotta» all’aumentare della velocità, fino a smettere di funzionare quando si raggiungono i 25 chilometri orari.

Come si conciliano tutte queste limitazioni italiane con il regolamento europeo? Molti Stati Ue si sono dati una propria normativa (si veda la scheda in alto nella pagina a fianco). L’Italia non ha ancora messo nero su bianco alcunché. Ma sta per farlo e dal ministero dei Trasporti qualche orientamento si comincia a intravedere.

In sostanza, prevale il Codice. Quindi, no a potenze superiori a 250 watt e ad accelerazioni in assenza di pedalata. Ma con un’eccezione: le accelerazioni fino a 6 km/h, ammesse dalla norma tecnica internazionale EN 15194/2017 per facilitare la mobilità (soprattutto le ripartenze in situazioni delicate come quelle che si presentano agli incroci) e non in contrasto con alcun vincolo imposto dal Codice.

Il “no” significa che ogni bici che non rispetti i vincoli previsti dal Codice va classificata automaticamente come ciclomotore. Quindi va targato, assicurato per la Rc e si può guidare solo indossando il casco e muniti di patente (basta anche il patentino AM). Dunque, circolando con una e-bike che non rispetta i vincoli del Codice si va incontro a molte sanzioni, anche pesanti:

per non averla immatricolata, multe da 158 a 636 euro per l’assenza di certificato di circolazione e da 79 a 317 per assenza di targa (decide la Prefettura, non si ha il consueto diritto di pagare il minimo se si versa entro 60 giorni) e sequestro del veicolo per poi arrivare alla confisca definitiva;

per la mancanza di polizza Rc auto multa di 868 euro, sequestro del mezzo (e successiva confisca, se non si attiva una copertura entro 60 giorni dalla data in cui l’infrazione viene contestata al trasgressore) e decurtazione di cinque punti dalla patente (se posseduta); mentre per i recidivi (almeno due infrazioni di questo tipo commesse nel giro di due anni) la multa sale a 1.736 euro e scatta la sospensione della patente da uno a due mesi e anche dopo l’eventuale dissequestro è previsto che il veicolo resti sotto fermo amministrativo per 45 giorni;

per guida senza patente, 5.110 euro di multa e fermo amministrativo per tre mesi (e in caso di recidiva si entra nelle sanzioni penali;

per la mancanza del casco, 83 euro di multa e decurtazione di cinque punti dall’eventuale patente.

Il panorama potrà cambiare solo se verrà modificato il Codice della strada. Con quello attuale, non ci sono margini per arrivare a interpretazione più favorevoli che pure sono state studiate dal ministero.

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