E-fuels: perché al momento costano tra i 2 e i 3 euro al litro
L’industria testa gli elettrocarburanti ma il nodo è la penuria di idrogeno e gli alti costi vista la mancanza di economie di scala
di Nino Amadore
3' di lettura
Potrebbero essere utilizzati da subito. Se ci fossero. Ma la strada per l’uso degli e-fuels non è solo lunga, è anche in salita. Intanto per la mancanza dell’idrogeno, che è poi elemento fondamentale, e poi per la necessità di costruire gli impianti di energia rinnovabile.
In ambedue i casi la Germania, per dire, si è già portata avanti: all’inizio dell’anno ha siglato un accordo con la Norvegia per la fornitura su vasta scala di idrogeno ed è già stato commissionato un piano di fattibilità che dovrebbe essere pronto in primavera.
L’accordo prevede di rafforzare la cooperazione tra i due paesi in diversi settori, tra cui le fonti rinnovabili (eolico offshore), cattura e stoccaggio della CO2 con tecnologie Ccs (Carbon capture and storage), approvvigionamenti di materie prime per le batterie, carburanti alternativi per le navi. Quello di cui si parola in questi giorni. E l’Italia? A fine novembre 2020, il nostro Paese ha pubblicato le “Linee guida preliminari per una strategia nazionale sull’idrogeno”, inteso soprattutto come idrogeno verde prodotto da fonti rinnovabili elettriche, senza escludere del tutto l’opzione blu ma si attende ancora un documento strategico più avanzato.
Idrogeno verde
Ne parla diffusamente il rapporto curato da Rie (Ricerche industriali e energetiche) e Unem (Unione energie per la mobilità) pubblicato un paio di mesi fa: «Tra gli obiettivi abbozzati per il 2030 – si legge nel rapporto – quello di ottenere una penetrazione dell’idrogeno verde del 2% della domanda energetica finale, attraverso 5 Gw di elettrolizzatori e 10 miliardi di euro di investimenti (al netto di quelli delle Fer per alimentare gli elettrolizzatori, fondamentali per la produzione di e-fuels ndr). Nel più lungo termine, ovvero verso il 2050, il documento considera che l’idrogeno possa coprire fino al 20% della domanda finale di energia, ma siamo più nel campo degli auspici che della programmazione». E non è affatto detto che si arrivi ad avere (e non solo in Italia) la materia prima necessaria per produrre la quantità di e-fuels necessaria per rispondere alle necessità di mercato.
Ancora più complessa la questione che riguarda la produzione degli e-fuels che è oggi ancora in fase sperimentale: «La transizione dalla fase pilota-dimostrativa attuale a impianti in grado di attivare una produzione su scala commerciale richiede realisticamente più di un decennio – si legge ancora nel rapporto Rie-Unem – in quanto connessa alla messa in campo di ingenti investimenti volti a costruire una nuova value chain (elettrolizzatori, sistemi di cattura, stoccaggio e utilizzo dell’anidride carbonica, impianti di conversione). Serve inoltre un aumento molto forte della capacità di generazione elettrica da fonti rinnovabili, in considerazione dell'intrinseca inefficienza di conversione che caratterizza questo genere di produzioni».
Costi troppo alti
Una penetrazione diffusa non è quindi ipotizzabile entro il 2035 anche per i costi molto alti. Serve più tempo. «Su un orizzonte di più lungo termine (2040-2050) gli e-fuels potrebbero aggredire tutto il mercato dei combustibili liquidi e gassosi impiegati nel settore dei trasporti. Una loro elevata penetrazione nel lungo periodo dipende dagli investimenti che potranno essere realizzati nel decennio in corso – si legge ancora nel rapporto Rie-Unem –. Gli studi in materia sono concordi nel ritenere che le principali voci di costo riguardino la capacità di generazione da rinnovabili, gli elettrolizzatori e la modalità impiegata per la cattura della CO2».
Investimenti negli impianti
Altro tema è poi quello dei costi di realizzazione degli impianti. In Italia è in fase di realizzazione un impianto pilota per la produzione di e-metanolo a partire da idrogeno verde e anidride carbonica catturata, mentre è stato avviato un progetto di ricerca per un impianto pilota dedicato alla produzione di e-fuels. Complessivamente, per questi due progetti, è previsto un investimento di circa 340 milioni, con tempi di realizzazione pari a 4 anni. Per rimanere ai costi degli impianti su scala industriale, secondo Concawe, un nuovo impianto di questo tipo con una capacità di 0,2 milioni tonnellate equivalenti di petrolio all’anno potrebbe determinare una spesa di investimento tra i 400 e i 650 milioni. «Lo sviluppo di economie di scala e di apprendimento è indicato come la principale leva di abbattimento dei costi, benché vi sia consenso sul suo conseguimento in un orizzonte di lungo periodo quale il 2040-2050».
Lato veicolo il ricorso agli e-fuels non incide sul prezzo medio del mezzo ma sul costo operativo. Il costo degli e-fuels è oggi molto elevato e strettamente correlato al costo della generazione elettrica da fonti rinnovabili (che può rappresentare un terzo del costo totale) e all'efficienza del processo di conversione. Secondo alcune stime, si aggira attualmente attorno a 2-3 euro al litro; una futura riduzione, dopo la realizzazione di significative economie di scala, li porterebbe al 2030 sotto i 2 euro per arrivare al 2050 intorno a 1 euro.
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