È ora che le democrazie liberali cambino le regole del gioco
Le grandi democrazie liberali, (con il progetto europeo di Next generation Eu e del Green new deal in testa) devono mettersi alla guida dell’autoriforma dell’economia di mercato. In gioco ci sono le condizioni stesse della nostra pacifica sopravvivenza sulla terra come specie
di Giovanna Melandri
3' di lettura
Le grandi democrazie liberali, (con il progetto europeo di Next generation Eu e del Green new deal in testa) devono mettersi alla guida dell’autoriforma dell’economia di mercato. In gioco ci sono le condizioni stesse della nostra pacifica sopravvivenza sulla terra come specie. La crisi è evidente. Il turbo-capitalismo finanziario guidato esclusivamente dalla massimizzazione del profitto che ignora i suoi effetti sulla natura, sugli esseri umani e sulle relazioni non è più in grado di curare il pianeta, né di sanare le grandi ingiustizie sociali e i processi disegualitari sempre più acuti. La sfida è questa: trasformare il vacillante modello estrattivo in un modello generativo di valore, facendo leva proprio sugli spiriti creativi e imprenditoriali di oggi. Coinvolgendo le migliori energie del capitalismo nella sfida trasformativa del mondo, nella direzione di una maggiore giustizia sociale e ambientale.
È dall’economia, dalla finanza, dagli spiriti innovativi e imprenditoriali che bisogna ripartire. Non bastano – anche se largamente necessarie – politiche pubbliche fiscali e monetarie espansive. La sfida oggi è quella di piantare la logica della responsabilità sociale, della cura, della consapevolezza e degli impatti prodotti nel cuore materiale, sociale e umano di ogni investimento. È questa la impact revolution: una rivoluzione gentile che mette al centro della generazione del valore non più la massimizzazione del profitto, ma piuttosto l’impatto complessivo generato. E che lo fa con strumenti concreti, una cassetta di attrezzi nuovi che la politica deve esplorare e sperimentare.
È la profondità della crisi che chiede questo salto quantico nel capitalismo trionfante. Una crisi multifattoriale. [...] È crisi energetica, ambientale, sociale, spirituale. A fronte della quale la sensazione dominante è che ci si soffermi più sulle analisi che sulle soluzioni. Al contrario, è sempre più evidente – e urgente – che la strada da percorrere, il passo da compiere, decisivo, sia, appunto, rivoluzionario. Una rivoluzione gentile, aggettivo in questo caso non accessorio. Una rivoluzione responsabile. Dove l’energia del denaro e della finanza sia messa al servizio delle soluzioni e della generazione di valore e impatto positivo (usato in questa accezione come impatto ambientale, sociale, di parità di genere, generazione, territori).
Qualcosa, in questa direzione, sta già accadendo. Sicurezza, protezione, benessere stanno diventando parole sempre più interne anche al mondo della finanza e dell’economia. Veniamo da decenni di cultura liberista e individualista. In cui finanza e impresa hanno agito in un orizzonte di dittatura del profitto e di nichilismo. Due sole dimensioni hanno contato davvero: il rischio, da limitare al massimo, e il rendimento da massimizzare, costi quel che costi. Cosa produrre, quanto guadagnarci. Punto.
Oggi più che mai va incorporata una terza dimensione: l’impatto complessivo generato. Qual è l’obiettivo intenzionale di un investimento o di una produzione? Per cosa? Per chi? Per ottenere quale cambiamento? È la dimensione del valore, che non è un vestito romantico o un aroma per profumare investimenti o affari di altro segno (anche se il problema del social e green washing esiste eccome). Il valore è la freccia che porta dalla finanza speculativa alla finanza a impatto sociale, dal guadagno per sé (poiché business is business) al guadagno anche per gli altri, in un’ottica di trasformazione e redistribuzione sociale. Ecco perché mi sono appassionata alla rivoluzione della finanza a impatto: perché non delega al solo attore pubblico la responsabilità di rendere il mondo o i territori un posto migliore. E tira dentro la sfida gigante del cambiamento sociale e ambientale i privati: fondi, industrie, imprese. Responsabilizza il capitalismo ad autoriformarsi, a trovare strumenti concreti di contrasto all’ingiustizia sociale e all’ecocidio. Strumenti pragmatici, propositivi e misurabili. Capaci di ri-orientare la spesa pubblica e allargare gli spazi del welfare. Migliorando efficacia e qualità degli interventi. Gli strumenti della finanza impact, in sempre maggiore ascesa in tutto il mondo.
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