È ora di ratificare il Mes (e creare le condizioni per non ricorrervi mai)
Il dibattito sulla ratifica del nuovo Trattato del Mes resta alto nell’agenda politica italiana ed europea. Alle riunioni dell’Eurogruppo il ministro Giorgetti deve rispondere a domande sempre più pressanti dei partner comunitari sul perché l’Italia non abbia ancora ratificato il nuovo trattato.
di Marco Buti e Giampaolo Vitali
6' di lettura
Il dibattito sulla ratifica del nuovo Trattato del Mes resta alto nell’agenda politica italiana ed europea. Alle riunioni dell’Eurogruppo il ministro Giorgetti deve rispondere a domande sempre più pressanti dei partner comunitari sul perché l’Italia non abbia ancora ratificato il nuovo trattato.
Molti dei dubbi che sono emersi nel dibattito italiano non sembrano convincenti. Li passiamo qui in rassegna.
«Il Mes è figlio della stagione dell’austerità»
Durante la crisi finanziaria, l’austerità imposta ai Paesi in difficoltà che hanno utilizzato i programmi del Mes oppure imposta dai mercati finanziari agli altri Paesi si è rivelata controproducente, perché deprimendo la crescita ha fatto aumentare ulteriormente il debito pubblico. L’Europa ha imparato dalla crisi finanziaria e infatti la risposta data alla pandemia è stata notevolmente diversa, come dimostrato dalla creazione di Next Generation Eu, finanziato dall’emissione di debito comune. Il fatto che abbiamo superato la stagione dell’austerità è anche dimostrato dal nuovo trattato del Mes, che ha previsto la creazione di interventi precauzionali proprio per evitare un suo intervento soltanto in condizioni di crisi manifesta. In questo caso, la condizionalità è molto più leggera, proprio per evitare le conseguenze perverse dell’austerità. Inoltre, il nuovo trattato introduce la possibilità di utilizzare una parte dei fondi del Mes come “paracadute” per il fondo unico di risoluzione, una componente essenziale dell’Unione bancaria. Un tipo di intervento che non è possibile con l’attuale Trattato. Quindi il “nuovo Mes” è ben diverso dalla sua versione originaria.
«Il Mes ha aiutato le banche tedesche durante la grande crisi finanziaria»
C’è un elemento di verità in questa critica, in quanto le banche tedesche avevano in portafoglio molti titoli del debito pubblico greco, e l’uso del Mes da parte della Grecia ne ha salvaguardato il valore. Tuttavia, vanno sottolineati due punti. In primo luogo, il mancato aiuto avrebbe comportato una drastica ristrutturazione del debito pubblico greco, comportando quindi drammatici rischi di instabilità per la Grecia e di contagio per gli altri Paesi vulnerabili dell’eurozona. In secondo luogo, anche se oggettivamente le banche tedesche e quelle di altri Paesi dell’eurozona hanno beneficiato della stabilizzazione della situazione greca, ricordiamo che la Germania è stata molto reticente nell’approvare la trasformazione del fondo Esfs, che era uno strumento temporaneo, in un’istituzione permanente quale il Mes: per la Germania, i Paesi in difficoltà avrebbero dovuto fare “i compiti a casa” per mettere i conti in ordine invece di beneficiare di prestiti agevolati che implicano una parziale mutualizzazione del rischio.
«Il Mes è un organismo segreto e non trasparente dominato dalla Germania»
Gli azionisti del Mes sono i Paesi dell’eurozona secondo il loro peso del Pil. La Germania è il primo azionista con più del 27% mentre l’Italia è il terzo azionista con quasi il 18% del capitale versato. I ministri dell’Economia fanno parte del Consiglio dei governatori del Mes che decide all’unanimità, mentre in caso di crisi decide a maggioranza super-qualificata dell’85% dei voti. Pertanto, l’Italia con il suo 17,8% dei voti ha in via di principio potere di veto.
È vero che il Mes è un organismo intergovernativo e questo crea uno stigma nei suoi confronti, come si è evidenziato durante la crisi pandemica quando il programma Sure della Commissione è stato utilizzato al 100% mentre il programma di aiuto sanitario del Mes non è stato usato da alcun Paese, nonostante le condizionalità dell’accesso fossero sostanzialmente le stesse. In futuro è pertanto auspicabile la trasformazione del Mes in una vera e propria istituzione comunitaria, come proposto dalla Commissione.
«Il Mes richiede la ristrutturazione del debito come condizione per ottenere il prestito»
Il Mes deve assicurarsi che i fondi prestati ai Paesi in difficoltà saranno effettivamente restituiti alla scadenza del prestito, come successo per i prestiti fino a ora erogati a Grecia, Irlanda, Portogallo, Cipro e, per la crisi bancaria, alla Spagna. Ciò comporta un’analisi di sostenibilità effettuata dalla Commissione europea in cooperazione con il Mes. Le richieste di aggiustamento di bilancio e di riforme hanno esattamente il compito di salvaguardare la sostenibilità del debito pubblico. Il nuovo Trattato del Mes dà la possibilità di aiuti precauzionali a condizioni molto favorevoli in termini di condizionalità. Infatti, per i Paesi che rispettano le regole fiscali europee non si applica il principio della “condizionalità rafforzata”, e non si richiedono ulteriori tagli di bilancio, ma semplicemente il rispetto delle regole fiscali comunitarie. Quindi, la ristrutturazione del debito pubblico interviene soltanto in condizioni estreme, quando il Paese è sul baratro del fallimento, mentre non è una precondizione per accedere agli aiuti del Mes quando il Paese non ha perso ancora l’accesso ai mercati finanziari.
«Ci fa perdere sovranità nazionale obbligando il governo a seguire i dettami del Mes»
In caso di crisi finanziaria il Paese perde praticamente la sua sovranità nel momento in cui non può più accedere ai mercati che si rifiutano
di sottoscrivere ulteriori quote del debito pubblico e che anzi tentano di liberarsi dei titoli pubblici in portafoglio.In sostanza, i tagli indiscriminati alla spesa pubblica o gli aumenti delle imposte imposti dai mercati finanziari sarebbero ben più pesanti delle riforme strutturali che potrebbero richiedere il Mes e la Commissione
per erogare gli aiuti.
«Ci prestano soldi che aumentano il debito pubblico e che dobbiamo restituire con gli interessi»
Si accede agli aiuti del Mes solo in circostanze eccezionali quando c’è il rischio concreto di perdere accesso ai mercati finanziari o di dover emettere titoli pubblici a tassi molto elevati. Perdere l’accesso ai mercati avrebbe conseguenze drammatiche per il Paese perché implicherebbe l’impossibilità di pagare stipendi o pensioni senza tagli della spesa in altri comparti del settore pubblico o un aumento repentino della pressione fiscale. Inoltre, il Mes presta al Paese beneficiario fondi con tassi di interesse notevolmente inferiori a quelli che il Paese si troverebbe costretto a pagare emettendo titoli pubblici in condizioni di instabilità finanziaria. Basta ricordare che lo spread fra i nostri Btp e i Bund tedeschi ha raggiunto nel passato livelli di 500 punti base.
«Ratifichiamo il Mes solo se otteniamo concessioni sulla riforma del patto di stabilità o sul completamento dell’unione bancaria con l’assicurazione comune dei depositi»
L’Italia è il solo Paese che non ha ratificato il nuovo trattato del Mes, pur avendolo approvato nel 2021. Essendo l’Italia comunemente inserita tra i Paesi che potenzialmente potrebbero avere più probabilità di dover accedere al Mes in caso di una nuova crisi finanziaria mondiale, la mancata ratifica appare un atto di autolesionismo. Anche per questo, il suo potere negoziale nei confronti degli altri 19 Paesi dell’eurozona è largamente illusorio: prendere in ostaggio il Mes radicalizzerebbe la posizione degli altri Paesi, che vedrebbero nell’Italia un partner inaffidabile, riducendo quindi la forza negoziale. Appare invece molto più credibile procedere adesso alla ratifica del Mes e iniziare subito a operare per aprire un negoziato sul suo adeguamento. Questa iniezione di fiducia avrebbe effetti favorevoli anche sugli altri tavoli europei, quali la riforma delle regole di bilancio e la revisione a metà percorso del bilancio pluriennale dell’Unione che si aprirà questa estate.
In conclusione...
Molte delle critiche al Mes sono il retaggio della percezione negativa del ruolo giocato dal Mes durante la crisi finanziaria degli anni ’10 e dalla scarsa conoscenza che si ha ancora di questa istituzione e delle potenzialità offerte dal nuovo Trattato. Ratificare il Mes non comporta alcun obbligo di utilizzo. Ed è certamente meglio mantenere la stabilità finanziaria, piuttosto che utilizzare il Mes. Ciò comporta seguire comportamenti virtuosi che implichino una riduzione graduale del debito pubblico e realizzare riforme che migliorino le prospettive di crescita. Oggi questo significa essenzialmente ricreare adeguati surplus del bilancio primario e attuare le riforme e gli investimenti del Pnrr. Queste due linee di direzione manterranno in sicurezza il debito pubblico allontanando di fatto la necessità di dover accedere al Mes. Tuttavia, come l’esperienza passata ha mostrato, è comunque prudente cautelarsi con la ratifica del Trattato del Mes per fronteggiare rischi imprevisti.
La ratifica è essenziale a ricreare la fiducia fra gli Stati membri e ad assicurare la credibilità dell’Italia: pacta sunt servanda. Questo aiuterà a completare l’Unione bancaria e ad approvare la riforma della governance fiscale dell’Unione. Ricreare la fiducia è anche condizione per esplorare le possibilità di estendere l’orizzonte di intervento
del Mes, riconsiderando il suo ruolo nella risposta alle sfide attuali
per l’Unione europea.
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