«È stata la mano di Dio» e gli altri imperdibili
Ecco la nostra top 10 dei migliori titoli usciti in Italia nel corso del 2021. In testa il nuovo lungometraggio di Paolo Sorrentino
di Stefano Biolchini e Andrea Chimento
4' di lettura
Mentre si inizia a discutere sui titoli più attesi del 2022, in molti stilano le classifiche dei migliori film visti nel corso dell'anno. Per noi, senza dubbio sono questi i più meritevoli. Qui di seguito la lista dei 10 lungometraggi top usciti nelle nostre sale da gennaio a dicembre.
È stata la mano di Dio
Il film più intimo, personale e commovente di Paolo Sorrentino è un vero e proprio tripudio di emozioni, capace come pochi altri di far ridere (il pranzo di famiglia) e di far piangere (in numerosi momenti nella seconda parte). Un ritorno alle origini per l'autore partenopeo, che racconta Napoli e la sua adolescenza, mescolata con l'immaginazione, tra ricordi dolorosi e momenti liberatori. Un'opera grandiosa, che rimarrà impressa a lungo nella mente degli spettatori.
Drive My Car
Ryusuke Hamaguchi sfiora il capolavoro con un film di grande innovazione narrativa, ispirato a un racconto di Haruki Murakami. Dalle differenze linguistiche all'elaborazione del lutto, «Drive My Car» è un lavoro estremamente stratificato, da leggere su più livelli e che merita più di una visione per poterselo godere al meglio. Un viaggio all'interno dell'anima del protagonista (un drammaturgo teatrale che ha subito una grave perdita) e di tutti noi spettatori.
Petite Maman
Un film piccolo e grandissimo allo stesso tempo. Raccontando la storia di una bambina che ha appena perso la nonna, Céline Sciamma si conferma una delle massime autrici contemporanee, riuscendo con una delicatezza praticamente unica a trattare tematiche davvero profonde e complicate. Un film che gioca molte delle sue carte su un grande colpo di scena: se non l'avete ancora visto, cercate di scoprirlo senza leggere troppo prima di iniziare a guardarlo.
The Father
Una delle esperienze cinematografiche più sconvolgenti degli ultimi anni. Florian Zeller porta sul grande schermo la sua pièce teatrale e firma uno degli esordi più importanti della stagione: nel tratteggiare un uomo anziano e sofferente di demenza senile, il regista ci dà spesso il suo punto di vista, facendo prendere una posizione tanto angosciante quanto (quasi) inedita al cinema. Strepitoso Anthony Hopkins, meritatamente premiato con l'Oscar.
West Side Story
Steven Spielberg si dà al musical e firma un grande concerto audiovisivo, capace di ridare nuova vita cinematografica all'omonimo musical di Leonard Benstein, Stephen Sondheim e Arthur Laurents. Una sfida incredibile, pensando anche al confronto con il capolavoro del 1961 firmato da Robert Wise e Jerome Robbins: Spielberg però ha sempre amato fare scelte non semplici e anche questa volta ha avuto ragione. Basta lo splendido incipit per confermare ancora una volta la sua grande maestria tecnica.
Marx può aspettare
Il documentario più intenso dell'anno è quello firmato da Marco Bellocchio che, superati gli 80 anni, ha scelto di raccontare uno degli episodi più difficili della sua vita: la tragica fine del fratello gemello, morto suicida quando non aveva ancora trent'anni. Attraverso le voci e le testimonianze dei suoi famigliari, Bellocchio dirige una pellicola in cui intervista le persone a lui più care, come in un rito di elaborazione del lutto collettiva.
The French Dispatch
Wes Anderson ha firmato il suo lavoro più estremo, senza scendere ad alcun compromesso: un film di purissima maniera, girato con notevole classe, di grande forma e (volutamente) di non troppa sostanza, come se stessimo sfogliando un magazine di alto design pagina dopo pagina. Non è un caso che alla base della storia ci siano proprio una testata giornalistica e alcune storie che verranno raccontate al suo interno: estetica e contenuto sono del tutto coerenti e il regista americano si può scatenare mescolando colore e bianco e nero, live action e animazione, in un vero e proprio mosaico in cui ogni tassello rappresenta in pieno il suo stile.
Qui rido io
Un altro film italiano in una stagione ricchissima per il nostro cinema. Mario Martone racconta di Eduardo Scarpetta e della sua famiglia, della causa con D'Annunzio e di un mondo dello spettacolo che stava cambiando sempre più, con l'inizio del ventesimo secolo. Un'incredibile direzione degli attori (eccellente Toni Servillo, ma tutto il cast fa perfettamente il suo dovere) per un film girato con tempi di montaggio perfetti, scritto benissimo e in cui ogni dettaglio è curato alla perfezione.
Il collezionista di carte
Un'opera cupa e ricca di spunti di riflessione sull'America di ieri e di oggi. Al centro c'è un giocatore d'azzardo professionista che vive senza fissa dimora dopo aver scontato un periodo in prigione. In cerca di redenzione finirà in un vortice di violenza e sensi di colpa. Paul Schrader gira con rigore geometrico e crea, anche attraverso l'ottima prova di Oscar Isaac, uno dei personaggi più efficaci della sua intera carriera. Notevolissimo, dalla prima all'ultima inquadratura.
Collective
Non va dimenticato tra le grandi uscite dell'anno questo documentario che si apre raccontando dell'incendio nel club Colectiv di Bucarest, il 30 ottobre del 2015. Una tragedia che portò alla morte di 64 persone: la maggior parte di loro, però, non morì durante l’incendio, ma nel periodo successivo. Un fatto che insospettì il giornalista Catalin Tolontan, in quanto molte delle vittime avevano riportato ferite assolutamente curabili. Un documentario con un ritmo da thriller politico, coinvolgente e ricco di riflessioni straordinariamente importanti e attuali.
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