Eccesso di velocità, cellulari, alcol: il flop dei controlli automatici
In Europa le telecamere aumentano ma il calo della mortalità non centra gli obiettivi: servono più pattuglie contro distrazione e sballo. In Italia tante carenze della Pa, difficili anche gli incassi
di Maurizio Caprino
5' di lettura
Quando è stata l’ultima volta che avete sentito parlare di sicurezza stradale? Se non lo ricordate, non è solo colpa di guerra e pandemia. In Italia, l’argomento è passato di moda - ammesso che lo sia mai stato - almeno da un decennio. Nello stesso periodo i controlli sono calati in tutta Europa: lo denuncia un rapporto dell’Etsc (European transport safety council, finanziato anche da Commissione e Parlamento Ue e collegato alle autorità nazionali), pubblicato il 15 marzo.
D’altra parte, la Ue ha fallito per il secondo decennio consecutivo l’obiettivo di dimezzare la mortalità stradale fissato a inizio secolo (-50% ogni dieci anni): il periodo 2010-2019 si è chiuso con un -23,66%, meno della metà del calo programmato. Nel 2020 il trend è migliorato, ma probabilmente è merito dei lockdown per Covid. Il dato cumulato dal 2000 è -63,40%, contro un obiettivo del -75%. Ormai la sensazione è che, per puntare a raggiungere il sostanziale azzeramento pianificato per il 2050, gli Stati si affidino soprattutto alla tecnologia. Che però è lontana dall’esprimere tutto il suo potenziale.
I limiti della tecnologia
Infatti, occorre che la tecnologia subentri all’uomo completamente o quasi, arrivando a guidare “lei”(cosa che peraltro rischia di avere un prezzo in termini di privacy - e di vulnerabilità a guasti e attacchi di hacker che potrebbero determinare incidenti o bloccare le strade come oggi può accadere per aerei e treni) . Ma ci vorranno decenni: prima di una diffusione capillare della guida autonoma, sulle strade ci sarà un lungo (e problematico) periodo di convivenza tra conducenti umani e intelligenza artificiale.
Nel frattempo, la tecnologia continuerà a essere presente soprattutto nei controlli automatici delle infrazioni. Innanzitutto quelli sulla velocità, che proliferano: in 21 Paesi su 28 il numero di multe è aumentato dal 2010 al 2019 (grafico sopra). Certo, alla lunga poi cala, per l’effetto deterrente dei controlli. Ma vari studi locali citati dall’Etsc mostrano che dove non ce ne sono l’effetto diminuisce.
Inoltre, l’eccesso di velocità - assieme al passaggio con semaforo rosso - è l’unica infrazione rilevante per la sicurezza che si può accertare in automatico. Le altre che preoccupano gli esperti sono distrazione (soprattutto da uso di smartphone e simili) e guida sotto effetto di droghe o alcol. Qui la tecnologia automatizzata non conta: serve un grande spiegamento di pattuglie, che dissuada dal commettere infrazioni e compensi il fatto che la “produttività” di controlli effettuati da agenti è molto inferiore che nei controlli automatici.
Le pattuglie costano e, se c’è traffico, non sono mai abbastanza. Tanto che i dati raccolti dall’Etsc parlano di controlli sull’uso di smartphone diminuiti in 14 Paesi e aumentati solo in 11. C’è poi un sondaggio del 2018, secondo cui tra gli europei prevale la sensazione di impunità nel caso in cui si mettano alla guida dopo aver bevuto: solo il 23% ritiene probabile essere fermati per un alcol-test.
La tecnologia, infine, può avere anche un effetto collaterale negativo: i sistemi di assistenza alla guida (Adas) sempre più presenti sui veicoli, consentono al guidatore di delegare frenate, mantenimento distanza di sicurezza e corsia, allarme collisione eccetera. Ma il livello cui si è arrivati sinora richiede che il conducente resti attento. Difficile tenerlo presente: gli Adas e i sofisticati sistemi multimediali di bordo, con le loro "coccole”, sono inviti a distrarsi. Non pare casuale se in ambienti di polizia si parla di aumento della distrazione con la ripresa del traffico dopo i lockdown.
I problemi specifici italiani
L’Italia, col suo -66,32% di morti dal 2001 al 2020, naviga a metà classifica. Mercoledì 15 marzo ha varato il Piano nazionale sicurezza stradale 2030. La misura più pubblicizzata non è nuova: la tutela di pedoni e ciclisti, con un aumento di zone 30 km/h e piste ciclabili e il miglioramento dell’illuminazione vicino alle strisce pedonali.
Ma resta un dato di fondo: le carenze di risorse e organizzazione per sicurezza e vigilanza stradale fanno sì da molti anni che si speri nella tecnologia. La Polizia stradale ha problemi ormai cronici di organico e copertura territoriale, mentre gli altri corpi di polizia hanno livelli di preparazione ed efficienza disomogenei tra loro.
E questo si inserisce in un più generale problema di inadeguatezza dalla Pa che si riverbera su più fronti. Gli etilometri, ad esempio, sono numerosi da una dozzina d’anni, ma il ministero delle Infrastrutture non è in grado di gestirne i check-up obbligatori per la prima messa in servizio e la revisione annuale: prima mancavano i laboratori, ora manca il personale.
La segnaletica sulle strade (già colpite dagli annosi problemi strutturali di viadotti, barriere e gallerie) quando non è obsoleta e degradata, non di rado è sbagliata: servono tecnici preparati, che non ci sono. Da settembre 2020 è poi tornato possibile piazzare rilevatori fissi di velocità anche sulle strade urbane ordinarie, ma finora ne sono stati attivati molto pochi: occorre l’ok della Prefettura e l’istruttoria è spesso lenta.
A valle, infine, tra uso della carta, invii via pec a cittadini che non la guardano, impossibilità di notifiche all’estero e contenzioso risulta inadeguata anche la capacità di riscuotere le multe: secondo l’Etsc, nel 2020 in Italia è stata del 61%, superiore solo al Portogallo (44%), mentre gli Stati migliori stanno tra l’80 e il 95%.
Sempre l’Etsc segnala un altro effetto della prevalenza dei controlli automatici: l’Italia ha il primato negativo nell’uso delle cinture di sicurezza posteriori (accertabile solo da agenti in carne e ossa) attestato all’11%, contro il 99% della Germania.
Quando poi sono gli enti locali a gestire i controlli automatici, spesso si avvalgono di privati, cui a volte lasciano decidere anche la collocazione delle postazioni, con criteri non trasparenti. Altre volte scelgono apparecchi poco adatti. Per esempio, si diffonde l’uso del Telelaser per misurare la velocità sorprendendo i guidatori quando hanno oltrepassato il punto in cui sono collocati. Ma il Telelaser nacque per fermare subito i trasgressori, aumentando la deterrenza.
Monopattini
Negli ultimi anni la sicurezza stradale fa notizia solo per i rischi del boom di bici e monopattini elettrici. Per questi ultimi si invocavano più controlli e obbligo di casco e assicurazione, ma a novembre il Dl Infrastrutture (il 121/2021) ha solo diminuito il limite di velocità da 25 a 20 km/h, chiarito qualcosa sui divieti di sosta e imposto l’obbligo di frecce e stop (dal 30 settembre per gli esemplari nuovi e dal 2024 per tutti gli altri).
Nelle pieghe, qualcuno ha cancellato il divieto di circolazione extraurbana, mossa pericolosa e poco compatibile con l’abbassamento del limite di velocità. Divieto ripristinato solo a fine febbraio, con la conversione del “Milleproroghe”.
A Genova e Verona
Il preavviso di sanzione diventa smart
Un modo per favorire il pagamento delle multe è evitare spese e lungaggini della notifica a domicilio. Finora si poteva applicare solo per il divieto di sosta, lasciando sul parabrezza il classico preavviso che invita a versare subito. Ora arriva la versione telematica, utilizzabile per tutte le infrazioni rilevate con controlli automatici (come autovelox fissi, portali Ztl e telecamere sulle corsie preferenziali): i verbali vengono inviati sullo smarthphone, se il destinatario ha la app «Io».
La notifica formale (quella che si fa con una raccomandata Ag o una pec) resta bloccata per cinque giorni, in attesa di un pagamento. Parte solo se il versamento non viene eseguito.
Ma finora tuto questo si fa solo in due città: Genova e Verona. Per il resto, si spera che il Governo vari la piattaforma digitale di notifica atti, annunciata dal ministro dell’Innovazione tecnologica Vittorio Colao per fine anno.
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