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Ecco come funzionava Nft, la crypto italiana che ha congelato i risparmi di 6.000 clienti

Per oltre due anni sono stati pagati interessi elevati (10% al mese). Il capitale era vincolato per 3 mesi, ampliati a fine maggio a 12. Giusto prima che la società congelasse somme per almeno 100 milioni di euro

di Vito Lops

La Nft art, le criptovalute e i cryptoartisti. Siamo tornati ai tempi della New economy?

3' di lettura

«Questa mattina l’avvocato Giullini ci ha detto, in una video call in cui eravamo in 150 clienti, che attraverso nuovi investitori sta provando a rimettere in piedi il modello di business e conta di restituirci i soldi tra 30-180 giorni». È il racconto di uno dei 6.000 clienti della New financial technology, la società veneta (ma con sedi anche a Londra, Stoccolma e Dubai) che da fine giugno ha congelato i versamenti e sospeso il pagamento degli interessi sui depositi di Bitcoin che chiedeva ai propri clienti (sparsi tra Veneto, Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna ma anche in Svizzera e Germania).

Interessi mensili del 10% pagati grazie, secondo quanto comunicato dalla società, ai guadagni di un algoritmo proprietario che era in grado di fare arbitraggio sulle differenze delle quotazioni delle criptovalute nelle varie piattaforme. Il modello di business prevedeva il versamento di Bitcoin (o porzioni più piccole chiamate satoshi) in un wallet dell’azienda. I clienti, ai quali veniva inviata una ricevuta via email, ricevevano sul loro address mensilmente interessi, denominati in Bitcoin, del 10%. Finché il prezzo della criptovaluta cresceva filava tutto liscio perché quel 10% di interessi fisso sul primo capitale versato in proporzione diventava via via inferiore e “meno oneroso” per la società. Il castello è crollato quando il prezzo di Bitcoin è sceso, passando da 67mila di novembre 2021 ai 17mila di metà giugno. Ora la situazione è fuori controllo e si ipotizza un buco di oltre 100 milioni di euro.

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«Per due anni hanno sempre pagato - continua -. Faceva piacere ricevere ogni mese un interesse del 10%. Interessi non vincolati, che potevamo spendere. Erano soldi reali. Il capitale era vincolato per tre mesi. Poi il 30 maggio ci hanno fatto firmare un nuovo contratto, non più con la società londinese ma con quella con l’indirizzo di Stoccolma, in cui il vincolo veniva allungato a 12 mesi. In ogni caso, pagando una penale del 25% il capitale era svincolabile dopo sei mesi. Quando il 5 agosto ho ricevuto la comunicazione dell’avvocato Giullini in cui comunicava che i compensi di luglio non sarebbero stati pagati, di aver cambiato il board della società e di aver sollevato il socio Visentin dall’incarico a causa di problemi interni, è stata una doccia fredda».

La community telegram “I truffati di New Financial Technology” continua a popolarsi di utenti che raccontano la loro storia. «Ho investito 27mila euro il 27 luglio dopo le rassicurazioni di un agente sulla solidità dell’azienda», racconta un ragazzo che in questo momento si trova in mano il classico cerino acceso anche perché a differenza dei clienti della prima ora (che raccontano di aver ricevuto realmente gli interessi coi quali dopo un anno si sono ripagati l’investimento iniziale) ha investito prima del crollo e quindi di interessi manco a parlarne. «L’avvocato Giullini ci ha detto che i primi ad essere rimborsati saranno proprio gli ultimi ad aver versato», rassicura un altro utente che ha partecipato alla video call di aggiornamento con Giullini, l’unico dei tre soci (Christian Visentin e Mauro Rizzato sono scomparsi dai radar) a metterci in questo momento la faccia. Il grande dubbio che molti clienti nutrono è che però si tratti di un tentativo di comprare tempo. «Ma quali nuovi investitori? Chi metterebbe i propri soldi in un’azienda del genere in questo momento?», commenta un altro cliente che pare aver perso la speranza.

A inizio giugno, lo stesso mese in cui ha smesso di pagare gli interessi, la società ha organizzato un evento in pompa magna a Lugano per presentare il lancio di un token con il quale puntava a finanziare l’apertura di un exchange di criptovalute. «Al termine della presentazione molti dei nostri investitori ci hanno chiesto un parere. Dopo aver letto il white paper del token e aver analizzato la società abbiamo sconsigliato di farlo - spiega Michele Ficara Manganelli, founder & director Swiss Blockchain Consortium -. E direi meno male perché per come sono andate poi le cose siamo riusciti ad evitare che molti nostri investitori professionali rischiassero di perdere nel complesso oltre 5 milioni di euro. Contestualmente abbiamo segnalato la cosa al Comune di Lugano affinché non fosse confusa con le attività del Plan B».

La sensazione è che questa brutta storia non finisca qui. È presto per dire se si tratta di un modello di business andato in corto circuito o di una truffa premeditata. La lezione che si può trarre è che in un Paese dove l’educazione finanziaria è bassa ma l’avidità degli investitori non manca, il Madoff di turno (posto che questo ne sia un caso) è sempre dietro l’angolo.

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