Ecco come un immenso castello di stracci ha fatto grande l'Europa
Dal XII secolo i tessuti divennero materia prima vitale per la carta e gli straccivendoli, pur malvisti, erano una lobby: ciò che raccoglievano si trasformava in poltiglia per la produzione
di Alessandro Giraudo
4' di lettura
«Attraverso gli stracci si può comprendere la storia del mondo e se un Paese è povero o ricco», scrisse Curzio Malaparte.
Un Paese povero si veste con abiti usati e modificati da sarte che sanno valorizzare ogni pezzo di stoffa; nell’Italia del Dopoguerra quanti cappotti dismessi dei padri diventavano cappottini – tutti nuovi – per i figli? Un Paese ricco, invece, utilizza un abito e poi lo butta quando è consumato, passato di moda o rovinato.
Per molto tempo, gli abiti diventati stracci per i ricchi venivano passati ai servitori e agli schiavi. In Francia, la famosa braderie de Lille è una grande fiera annuale che attira oltre 1 milione di visitatori; era nata perché i signori donavano ai servitori gli abiti dismessi e i lacchè li rivendevano per le vie della città con altri oggetti della casa di cui i loro padroni volevano disfarsi.
L'importanza degli stracci per produrre carta
Ci sono due strani indicatori della ricchezza e dello sviluppo di un Paese o di una civiltà: saper produrre alte temperature e ...gli stracci!
In Europa gli stracci avevano acquistato un valore importante nel XII-XIII secolo con la diffusione delle tecniche per produrre la carta. Tali tecniche erano monopolio del mondo cinese, ma, dopo la grande battaglia di Talas (attuale Kirghizistan) del 751 fra la dinastia dei Tang e i califfati, molti soldati che lavoravano nelle cartiere cinesi furono fatti prigionieri e inviati a Samarcanda per insegnare la tecnica al mondo musulmano.
La tecnica passò quindi a Baghdad, da lì in Spagna (a Xativa) e poi in Italia, a Fabriano, che con le sue innovazioni tecniche per almeno tre secoli divenne il grande centro di produzione della carta in Europa.
Il mestiere dello straccivendolo
L’impero ottomano utilizzava la carta di Fabriano per stampare i documenti ufficiali; Dürer e altri grandi artisti volevano disegnare solo sulla carta di Fabriano; Aldo Manuzio la utilizzava per stampare i suoi libri a Venezia.
Anche altre città svilupparono l’industria della carta: Padova, Norimberga, Ravensburg, Chemnitz, Strasburgo e Lubecca. Più tardi, il monopolio passò ad Amsterdam che inventò i cilindri per la carta che funzionavano con l’energia prodotta dalla torba, dai mulini a vento e anche dai canali.
Nacque, così, in Europa il mestiere dello straccivendolo che raccoglieva gli stracci per portarli alle cartiere, ma anche pelli di coniglio per i cappellai e i pellicciai, per produrre la colla per i falegnami e gli ebanisti, gelatine per la cucina e le ossa destinate alla fabbricazione del sapone.
Più tardi, gli straccivendoli cominciarono a raccogliere anche la ferraglia da riciclare nell’industria siderurgica.
L’espressione “battersi come straccivendoli” deriva proprio dalla lotta degli chiffonniers per comprare partite di stracci, pelli, ferraglia in un mondo dominato da un’aspra concorrenza.
Molto rapidamente il prezzo degli stracci triplicò (e anche più), a seconda della qualità del tessuto: ancora oggi gli stracci di lana sono utilizzati per concimare le vigne e i terreni dove sono coltivati il luppolo. Per molto tempo, invece, l’industria tessile non seppe come riciclare gli stracci di seta.
Divieti e paletti alle esportazioni
Lino, cotone e canapa diventarono i materiali preferiti dei produttori di carta. Ma nel XVIII secolo numerosi governi presero delle misure drastiche per limitare le esportazioni di questi tipi di cenci verso Paesi stranieri. In Inghilterra, fu perfino proibito seppellire i cadaveri avvolti con tessuti di lino, da destinare all’industria della carta.
Federico il Grande raccomandava di utilizzare gli agarici (i funghi di Parigi) al posto della tela per avvolgere i cadaveri.
L’Olanda divenne il più grande importatore di stracci d’Europa: i cilindri olandesi, grazie alla rapida rotazione e alla struttura interna dentata, erano capaci di trasformare gli stracci in una poltiglia ideale per la produzione della carta. Il vento, che caratterizza il clima olandese, era perfetto per far asciugare i fogli di carta… gratuitamente.
Negli Usa l’industria della carta si sviluppò rapidamente, ma a causa della bassa densità della popolazione mancavano gli stracci che dovevano essere importati dall’Europa. La lista dei Paesi che vietarono le esportazioni è lunga: Francia, Belgio, Olanda, Spagna e Portogallo.
L’industria americana si rivolse dunque alla Grecia e alla Turchia, e poi all’Italia, alla Polonia e alla Germania. Il caso di Prato ha una storia molto lunga: è diventata il più grande centro europeo del trattamento degli stracci che vengono selezionati, lavati, cardati, sovente tessuti ed esportati in tutto il mondo.
Stracci e pandemie
Tutti coloro che lavoravano nella filiera della raccolta degli stracci erano malvisti e spesso accompagnati da un pessimo lezzo, gli stracci pullulavano di pulci, scarafaggi zecche e roditori.
A ogni epidemia o pandemia gli straccivendoli erano i primi a soccombere e nei Paesi specializzati in questa attività il numero di morti aveva effetti disastrosi sulla popolazione locale, in particolare nelle vallate alpine.
Le autorità pubbliche, per lottare contro le epidemie, proibivano la vendita degli stracci con un impatto supplementare sui prezzi e lo sviluppo vertiginoso del contrabbando, favorito proprio dal rialzo dei prezzi.
Il progressivo utilizzo del legno e di altre sostanze ricche in cellulosa ha penalizzato duramente il mercato degli stracci, che si era sviluppato in misura impressionante tra la seconda metà del XIX e la prima metà del XX secolo, con l’aumento della domanda di carta per stampare giornali e libri.
L’industria degli stracci, dopo aver subito una crisi che portò al collasso intere aree geografiche, ha saputo risorgere con l’espansione della filiera del recupero e del riciclaggio, largamente favorita dal mondo del marketing che spinge al consumo e riduce i tempi di utilizzo degli abiti secondi i dettami della moda, nel nome della sostenibilità.
loading...