Ecco come il mercato sta cambiando di nuovo pelle e come ricalibrare il portafoglio
Tira aria di recessione: flussi paralleli su oro, bond e titoli difensivi
di Vito Lops
4' di lettura
Il mercato cambia pelle frequentemente e, al contrario di quanto si possa immaginare, spesso prende direzioni sbagliate. Del resto non è semplice prevedere come sarà il futuro nei prossimi sei mesi. Perché in sostanza è questo il lavoro che compie tutti i giorni “Mr market”: senza avere la sfera di cristallo provare comunque a scontare in anticipo lo scenario prevalente dei successivi due o tre trimestri. I capitali si spostano sulle varie classi di investimento a seconda di quello che, dati alla mano, potrebbe essere l’orizzonte più probabile.
Questa prima parte del 2023 è la riprova della natura camaleontica dei mercati. La prima parte dell’anno (gennaio in particolare) è stata caratterizzato dal “soft landing trade”. In parole più semplici i flussi si sono diretti verso quelle aree che tendono più a beneficiare di un contesto in cui i tassi sono rivisti in ribasso, in seguito a un processo di disinflazione. Allo stesso tempo, lato crescita economica, gli investitori hanno puntato su una sorta di “miracolo” da parte della Federal Reserve: ovvero di una riduzione dell’inflazione senza mandare l’economia in recessione. Cosa che è già successa, ad esempio, nel 1995 e nel 2018, ma che nella maggior parte dei casi risulta quasi impossibile. Su questa scia i capitali hanno premiato le classi di investimento più rischiose (il settore azionario dei titoli ad alta crescita come dimostra il +16% messo a segno dal Nasdaq nel primo trimestre) ma anche le obbligazioni che invece nel 2022 avevano pagato il dazio di una delle più violente strette monetarie della storia. Anche l’oro si è messo in moto perché, non distribuendo cedole, trova terreno fertile in un contesto in cui l’inflazione diminuisce e, con essa, frenano i tassi reali insieme a un dollaro meno forte.
Il cambio di metà marzo
Da metà marzo, però, qualcosa è cambiato. Osservando le relazioni intermarket e gli spostamenti della liquidità è emersa una maggiore forza relativa dei titoli difensivi e anticiclici (healthcare, consumi di base, utility) rispetto ai titoli tecnologici. Allo stesso tempo l’oro ha accelerato portandosi oltre i 2.000 dollari l’oncia mentre i tassi dei bond hanno continuato a scendere con conseguente rialzo dei prezzi. «Quello a cui stiamo assistendo in questo momento è un movimento da “hard landing trade” - spiega Nicola Maino, chief investment officer di Valori asset management -. Vuol dire che il mercato sta abbandonando sempre più l’idea che questa lotta all’inflazione possa concludersi senza passare da una recessione economica. Di conseguenza sta crescendo il posizionamento verso settori più difensivi che tendono a performare meglio e a proteggere il capitale durante una fase del ciclo avversa».
La congiuntura Usa
A cementare questa convinzione sono arrivati gli ultimi dati macro, che fanno da sfondo, insieme alla liquidità delle banche centrali, ai posizionamenti tattici degli operatori. Negli Usa l’Ism del settore servizi relativo al mese di marzo si è attestato a 51,2 punti, in netto calo sia rispetto al mese precedente (55,1) che alle stime (54). Quasi il 70% del Pil degli Stati Uniti arriva dai servizi e se questi si avvicinano a quei 50 punti - che separano la crescita dall’espansione - danno un segnale di debolezza. E poi sono arrivati dati deboli sul fronte del lavoro. Le aperture di nuovi posi di lavori (i cosiddetti jolts, ovvero job openings and labor turnover survey) di febbraio sono scesi di 632mila unità scendendo sotto la soglia dei 10 milioni per la prima volta da maggio 2021. Se a gennaio ogni cittadino americano aveva a disposizione due posti di lavoro ora ne ha 1,7. Si tratta di una contrazione importante, confermata anche dagli Adp (il dato mensile rilevato dalla società che “stampa” le buste paga) che ha indicato l’aggiunta di 145mila posti del settore privato a marzo, in calo rispetto ai 261mila di febbraio e ai 200mila attesi. Ieri poi sono arrivate le richieste di sussidi di disoccupazione, che si sono attestate a 228mila, più delle stime (200mila).
Il 7 aprile a mercati chiusi (per la festività pasquale) arriverà il dato sulla disoccupazione che al momento è al 3,6%. Sarà certamente un market mover. Il passaggio dal “soft landing trade” all’ “hard landing trade” è documentato dal cambio di mood di mercati. Nel primo caso reagiscono bene alle brutte notizie macro (perché, essendo il focus sui tassi, lasciano immaginare una Fed meno aggressiva). Nel secondo caso “bad news is bad news” perché il focus si sposta sulla crescita e sul possibile calo degli utili.
I nuovi punti di riferimento
Il mercato potrà cambiare ancora pelle? «Il focus da cui dipenderanno eventuali cambi di strategie è se la recessione attesa porterà l’inflazione al 2% oppure se la Fed sarà costretta ad alzare la soglia obiettivo al 3-3,5% - prosegue Maino -. In quel caso oro, consumi di base e bond investment grade potrebbero far parte del portafoglio. Se invece dovesse, complici tensioni geopolitiche, prefigurarsi il peggiore degli scenari, ovvero quello di una stagflazione, i bond tornerebbero a soffrire e dovrebbero essere sostituiti da un basket di materie prime e di titoli di società in grado di aumentare i prezzi senza perdere fatturato. Per proteggersi dalla nuova ventata inflativa che questo scenario porterebbe».
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