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Ecco come le risorse del private banking possono far crescere le Pmi

Uno studio del Polimi con Aipb e Neuberger Berman mette in luce il ruolo positivo dell’industria dei fondi alternativi ma anche i limiti dei prodotti finanziari esistenti per veicolare risorse alle imprese

di Lucilla Incorvati

(AdobeStock)

3' di lettura

Qual è il legame tra risorse finanziarie dei clienti private e il mondo dell’economia reale? E quale ruolo possono rappresentare questi soggetti nel rilancio dell'economia nazionale nel post pandemia e in vista del piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr)? A queste e altre domande cerca di rispondere una ricerca del Polimi, aggiudicataria del bando di Aipb supportata da Neuberger Berman, che punta ad indagare la dimensione quantitativa e qualitativa del risparmio dal Private Banking nel finanziamento delle Pmi con i fondi di investimento alternativi (Fia) con un focus particolare alle imprese non finanziarie

Le Pmi nei radar del private banking

Nell’arco degli ultimi 5 anni delle 2.032 operazioni di finanziamento realizzate dai Fia commercializzati in Italia, 242 selezionate dal private banking hanno privilegiato investimenti in Pmi (82%), società operanti nell'economia reale (settore terziario al 56%) e situate in prevalenza nel Nord Italia (76,8%). A partire dal 2000, il risparmio gestito dal private banking ha contribuito al finanziamento di 151 imprese. Un risultato questo che appare ancor più rilevante considerate le specificità delle normative che ostacolano la possibilità dei clienti private di investire in fondi Fia.

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Nel 29% dei casi, gli operatori private hanno scelto fondi di tipo non riservato, valore oltre 7 volte superiore alla media di mercato del 4,1%. Una scelta dovuta al contesto normativo, che spesso fa ricadere il cliente private nella definizione di investitore retail (500mila euro il limite dell'importo di sottoscrizione) limitandone l'accesso ai fondi riservati che hanno delle soglie di ingresso più elevate. Il mercato d'altro canto ha già cominciato a muoversi per favorire un maggiore coinvolgimento degli investitori riducendo i ticket dei fondi riservati e aumentando quindi l'offerta, che d'altro lato resta però molto concentrata in un numero ridotto di operatori.

Il contributo all'economia reale

Complessivamente, l'analisi evidenzia un contributo rilevante del private banking alle Pmi dell'economia reale italiana. I Fia collocati dal private banking sono stati coinvolti nel 9% dei deals in equity, in cui il target era una Pmi, per un volume complessivo di capitale di rischio pari al 7,5% del totale investito dai fondi di investimento alternativo.

Allo stesso modo, i Fia selezionati dagli operatori private hanno sottoscritto il 12,8% del totale del capitale di debito disponibile per le Pmi attraverso fondi di investimento alternativo. Quanto alla qualità di tale contributo, analizzando le performance delle imprese oggetto di operazioni che hanno coinvolto Fia, sono stati passato al setaccio i fatturati, l'attivo di stato patrimoniale, il numero di dipendenti, la liquidità di ciascuna Pmi con l'approccio metodologico difference-in-difference.

L'analisi mostra che le imprese finanziate dai Fia scelti dal private banking hanno registrato a tre anni dai deal una crescita dei ricavi del 240% in più e un incremento dei dipendenti superiore del 150% rispetto al campione di controllo composto da Pmi simili per settore economico e dimensione, ma che non sono state oggetto di alcun deal da parte di Fia.

Le Pmi oggetto di deal mediati dal private banking hanno performato meglio di quelle che lo hanno ricevuto attraverso altri canali, sempre attraverso lo strumento Fia, registrando un ulteriore incremento dei ricavi pari a mediamente il 10% in più, degli attivi con il 25% in più e dei dipendenti con il 10% in più, mentre la cassa aumenta leggermente meno ( -5%), rispetto al campione di Pmi oggetto di deal mediate dal private banking.

Il valore della specializzazione

I dati dimostrano quindi che il private banking ha saputo selezionare Fia e i deal con maggiore potenziale di crescita, indice di qualità della consulenza offerta dall'industria. I risultati della ricerca mostrano come, soprattutto in anni recenti, il risparmio gestito dal private banking abbia finanziato operazioni di aumento di capitale e debito privato attraverso la selezione di Fia con impatti molto significativi sulla crescita delle imprese.

Non meno importante è la capacità degli operatori private di individuare i fondi con più alto potenziale di crescita e il valore dell'industria private, quale leva strategica per permettere in futuro alle Pmi di raggiungere gli obiettivi di patrimonializzazione e di sviluppo.

Una domanda potenziale insoddisfatta

L’ Osservatorio Aipb sull'evoluzione della gamma di offerta di fondi di investimento alternativi ha rilevato come dei 1670 Fia autorizzati alla commercializzazione in Italia alla fine del 2020, il 95% rimanga riservato ad investitori professionali. Riguardo alla quota differenziale di Fia “non riservati”, oltre il 65% è distribuito dagli operatori di private banking alla loro clientela assistita da consulenza finanziaria. C’è insomma una domanda potenziale insoddisfatta di Fia “non riservati” collocabili presso una clientela non professionale che possiede portafogli medi finanziari di 1,7 milioni di euro considerando che allo stato gli asset totali dei patrimoni che fanno capo al sistema private banking è oggi pari a 960 miliardi di euro.

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