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Ecco come saranno valorizzati i formaggi Dop nei menu dei ristoranti

Protocollo d’intesa presentato al ministero: Afidop e Fipe lavoreranno insieme per definire Linee guida di corretta evidenziazione delle produzioni certificate nei menù.

di Giorgio dell'Orefice

(Microgen - stock.adobe.com)

3' di lettura

Ci sono ma in realtà è come se non ci fossero. I grandi formaggi a denominazione d’origine italiani, dal Parmigiano al Grana padano, dal Gorgonzola al Taleggio e alla Mozzarella di Bufala Campana sono presenti in oltre un ristorante italiano su 4 (25,3% del totale) ma appena il 10,2% dei pubblici esercizi li valorizza in maniera adeguata riportandone la presenza e la corretta denominazione nei propri menu, finendo invece per confonderli spesso con altri prodotti generici.

In questo modo le eccellenze lattiero casearie italiane sono private di una fondamentale leva di promozione presso il grande pubblico.Questa sostanziale sottovalutazione dei grandi formaggi made in Italy nei ristoranti italiani è stata sottolineata da uno studio che Griffeschield ha realizzato per Afidop, l’associazione dei consorzi dei formaggi Dop e Igp italiani, e che è stato presentato questa mattina al ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare.

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Uno studio che ha inoltre rappresentato la base di un protocollo d’intesa siglato da Afidop e Fipe (la federazione italiana dei pubblici esercizi) e diretto proprio a promuovere e valorizzare questi prodotti chiave della cultura gastronomica made in Italy nei ristoranti. Il comparto dei formaggi a denominazione d’origine è un settore chiave dell’agroalimentare italiano, rappresenta infatti un valore alla produzione di 4,68 miliardi di euro, conta 56 marchi registrati e rappresenta ben il 59% del valore complessivo del paniere dei prodotti Dop e Igp italiani.

Il legame tra formaggi Dop e ristorazione italiana, quindi, rappresenta una grande potenzialità inespressa come confermato anche dal 58% dei consumatori italiani che ritiene importante la presenza di un formaggio Dop nei propri acquisti alimentari mentre il 40% di loro si dice disposto a spendere dal 5 al 10% in più per avere un prodotto certificato.Con il protocollo d’intesa presentato oggi le due associazioni, Afidop e Fipe, lavoreranno insieme per definire Linee Guida di corretta evidenziazione delle produzioni certificate nei menù.

«L’impegno – ha commentato il presidente di Afidop, Antonio Auricchio – è quello di promuovere il corretto utilizzo delle denominazioni e una adeguata presentazione dei formaggi certificati. Un patrimonio unico e distintivo e fortemente rappresentativo della cucina italiana, candidata dal Ministro Lollobrigida a diventare patrimonio Unesco».

La ristorazione è uno dei terminali più importanti della filiera agroalimentare. La tavola italiana tra pasti in ristoranti, agriturismo o pizzerie, vale oltre un terzo della spesa turistica prevista per il 2023.«Come Fipe – ha aggiunto il direttore generale di Fipe-Confcommercio, Roberto Calugi – siamo orgogliosi di collaborare con Afidop per valorizzare i grandi formaggi made in Itay una delle nostre eccellenze alimentari. I Pubblici Esercizi svolgono da sempre il ruolo di porta d’accesso alla cultura, alle tradizioni e ai valori del nostro Paese e rappresentano un veicolo estremamente importante per la valorizzazione dei prodotti Made in Italy».

La collaborazione tra Afidop e Fipe punta alla definizione di un pacchetto di Linee Guida per promuovere al meglio le produzioni certificate all’interno dei menù dei Pubblici Esercizi e incentivarne la conoscenza e il consumo.«Ci sono molte idee allo studio – ha aggiunto il presidente di Afidop, Auricchio –. Una è ad esempio il ritorno nei ristoranti del “carrello dei formaggi» che spesso è stato eliminato dietro la crescita di consumatori vegetariani e vegani. Il carrello va però riproposto in chiave moderna valorizzando anche le proprietà nutrizionali e anche salutistiche dei formaggi. E valorizzando anche quelli naturalmente privi di lattosio. Ma l’altro sogno che ho nel cassetto è quello di arrivare a una scelta da parte del consumatore di un formaggio e anche del suo caseificio di provenienza come avviene già da anni con i vini e le loro cantine. Quello sarebbe il sintomo di un percorso di valorizzazione davvero compiuto».

«Dobbiamo spiegare – ha commentato il ministro dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare, Francesco Lollobrigida – che cosa c’è dietro i formaggi Dop in termini di produzione e trasformazione. Dobbiamo difendere i nostri prodotti dall’aggressione di chi invece, sui mercati internazionali, utilizza il metodo della contraffazione di denominazioni che richiamano i nostri prodotti di eccellenza senza che vengano realizzati con i nostri metodi e con la nostra capacità. Apriremo un tavolo insieme ad Afidop per cercare di capire, senza particolari aggravi per la distribuzione, come riuscire a dare la possibilità alle persone di sapere verso quali prodotti indirizzarsi e avere la libertà di scegliere in maniera più oculata cosa acquistare».

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