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Ecco perché il boom di profitti di JP Morgan e Wells Fargo non sostiene le Borse

Conti trimestrali oltre le attese per le grandi banche, ma i listini guardano altrove. E in vista del weekend, prevale la prudenza

di Morya Longo

3' di lettura

JPMorgan Chase chiude il terzo trimestre con un nuovo record per il margine d’interesse. E alza ulteriormente l’asticella delle previsioni per l’intero anno. Wells Fargo non è da meno: batte le stime degli analisti sempre sul margine d’interesse e incrementa le attese per l’intero 2023. E, in casa Citigroup, i trader di tassi e valute hanno messo a segno il loro miglior terzo trimestre da almeno otto anni. Il mondo di tassi elevati, che crea dolori tra famiglie e imprese, ha il suo positivo risvolto della medaglia nei bilanci bancari: i primi grandi istituti statunitensi a pubblicare i conti del terzo trimestre dell’anno hanno infatti tutti battuto le attese e hanno fatto il botto proprio sul margine d’interesse.

Questo ha dato un minimo sostegno alle Borse ieri, soprattutto negli Stati Uniti, ma solo fino a un certo punto: le Borse europee hanno infatti comunque chiuso in deciso calo (Milano -0,90%, Francoforte -1,57%, Parigi -1,44%) e quelle Usa in serata non erano da meno. Questo per due motivi. Uno: una serie di indicatori (come l’indice di fiducia dell’Università del Michigan) e alcune dichiarazioni di banchieri centrali (o ex) hanno riacceso i timori di un aumento dell’inflazione e di una Federal Reserve forse più dura del previsto sui tassi. Due: le crescenti tensioni in Medio Oriente, in vista di un weekend che potrebbe portare ad un’escalation, pesano sul petrolio (il Brent è salito del 5% ed è arrivato a 90 dollari al barile) e sull’umore in Borsa.

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Banche col turbo

I tassi alti, come detto, fanno vincitori (pochi) e vinti (tanti). Tra i vincitori ci sono le banche, che aumentano i ricavi derivanti dal margine di interesse (cioè la differenza tra i tassi a cui raccolgono soldi anche attraverso i depositi e i tassi a cui li prestano a famiglie e imprese). Così JPMorgan ha registrato un incremento dei profitti pari al 35% rispetto al terzo trimestre dell’anno scorso, mentre Wells Fargo ha addirittura messo a segno un +60%. Citigroup ha invece registrato un più modesto, ma pur sempre positivo, +2%. Ma a premiare queste banche in Borsa è stata soprattutto un’altra cosa: sia JPMorgan sia Wells Fargo, la prima e la quarta maggiore banca statunitense, hanno anche alzato le previsioni sul margine d’interesse nell’intero 2023.

Eppure tutte loro hanno messo in guardia sul futuro: l’economia sta rallentando e questo potrebbe avere ripercussioni. «Sebbene l’economia Usa si stia dimostrando resiliente - ha per esempio commentato Charlie Scharf, Ceo di Wells Fargo - noi vediamo l’impatto del rallentamento sulla qualità del credito». «Questo è il periodo più pericoloso che il mondo abbia visto da decenni», ha aggiunto Jamie Dimon, amministratore delegato di JPMorgan.

Rischio Fed e guerra

Ma i brillanti conti trimestrali delle banche non sono bastati a dare davvero forza alle Borse. Questo perché il mercato continua a temere sorprese sul fronte dell’inflazione e della Fed (mentre preoccupa meno la Bce). Ieri sono arrivati alcuni indizi negativi su entrambi i fronti. Da un lato l’indice di fiducia dell’Università del Michigan, tra le tante cose ne ha evidenziata una: le famiglie statunitensi si aspettano un nuovo aumento dell’inflazione. Le aspettative sul costo dell vita a un anno sono infatti balzate dal 3,2% al 3,8%, tornando su livelli che non si vedevano da maggio. Questo significa che il caro-vita, almeno nelle aspettative, è davvero duro a morire. Questo significa che la Federal Reserve potrebbe restare più restrittiva del previsto sui tassi. Per ora il mercato si attende un nuovo rialzo (dall’attuale 5,25%-5,5%) se non a novembre almeno a dicembre. Poi è arrivato James Bullard, ex membro del board della Federal Reserve, a buttare il sasso nello stagno: gli investitori sono troppo fiduciosi - ha detto - ma se l’inflazione tornasse a salire, la Fed potrebbe essere costretta ad alzare i tassi ulteriormente, arrivando al 6% o anche al 6,5%». Dall’attuale 5,25%-5,5%. Insomma: nulla di incoraggiante.

Poi in serata sono aumentate le preoccupazioni sul Medio oriente. L’indice della “paura” (il Vix che misura la volatilità a Wall Street) è arrivato a 20: ancora relativamente contenuto ma in deciso rialzo rispetto a giovedì. Il petrolio è salito del 5%. E anche l’oro è balzato del 3%. Segno che le preoccupazioni, rimaste sottotraccia per tutta la settimana, aumentano in vista di un weekend incerto.

Riproduzione riservata ©
  • Morya LongoVicecaposervizio

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: Italiano, inglese

    Argomenti: Finanza, mercati azionari e obbligazionari

    Premi: Vincitore del premio State Street 2018 – Giornalista dell’anno, autore del miglior scoop

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