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Ecco perché i dati sull’occupazione Usa sono un game changer per i mercati

Il mercato del lavoro negli Stati Uniti frena oltre le attese e cambia radicalmente le aspettative sulla Federal Reserve.

di Morya Longo

(amazing studio - stock.adobe.com)

2' di lettura

Un «game changer». Cioè un totale cambiamento di prospettiva. I dati arrivati venerdì dagli Stati Uniti, che hanno mostrato un forte indebolimento del mercato del lavoro, hanno cambiato in maniera radicale la percezione dei mercati sul futuro atteggiamento della Federal Reserve. Se martedì sera (prima dell’ultima riunione della Fed) era atteso un rialzo dei tassi entro gennaio con una probabilità del 40%, ora la percentuale è scesa a un misero 10%. E se si guarda alla probabilità di una nuova stretta monetaria nel 2023, cioè entro dicembre, si scende addirittura al 5%. Insomma: le attese di nuovi rialzi dei tassi negli Stati Uniti si sono praticamente azzerate. E questo ha prodotto un impatto forte sui mercati: le Borse europee sono salite, anche se si sono indebolite sul finale (Milano +0,69%, Francoforte +0,30%, Parigi -0,19%), mentre Wall Street col rialzo di venerdì superiore al punto percentuale ha chiuso addirittura la miglior settimana del 2023. I rendimenti dei titoli di Stato Usa sono invece sprofondati. E il dollaro si è indebolito, con l’euro tornato a quota 1,07.

I dati economici...

Per capire la reazione dei mercati bisogna partire dai dati economici. La svolta venerdì l’ha data il mercato del lavoro. L’US Bureau of Labor Statistics ha comunicato che nel settore non agricolo ad ottobre i posti di lavoro sono aumentati di 150mila unità: dato decisamente inferiore alle attese degli economisti, che si aspettavano 180mila nuovi impieghi. Così il tasso di disoccupazione si è attestato al 3,9%, contro aspettative al 3,8%. Non solo: sono stati anche rivisti al ribasso (cioè in peggio) i dati dei mesi precedenti. Il dato di agosto è stato abbassato di 62mila unità a 165mila, mentre quello di settembre di 39mila a +297mila.

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Questo significa che il mercato del lavoro, la cui forza è sempre stata alla base delle decisioni della Fed di tenere alto il costo del denaro, mostra evidenti segnali di peggioramento. Notizia negativa per i lavoratori statunitensi, ma positiva per i mercati che non vedono l’ora che la Fed smetta di alzare i tassi d’interesse. E questo desiderio è ora avvalorato anche dagli indici Ism che monitorano il settore manifatturiero e servizi: entrambi sono usciti (uno giovedì e uno venerdì) inferiori alle attese.

...e la reazione dei mercati

«Se la scorsa estate i dati economici erano coerenti con uno scenario in cui l’economia Usa non faceva alcun atterraggio, ora indicano invece che una qualche forma di atterraggio ci sarà - osserva Giuseppe Sersale, partner di Anthilia -. Difficile capire se sarà morbido o duro, ma ormai il rallentamento si vede». Così, come detto, i mercati ne hanno preso atto. E hanno messo a segno un notevole riprezzamento, coerente con uno scenario in cui la Fed non alza più i tassi d’interesse.

I titoli di Stato Usa da martedì (giorno precedente l’ultima riunione della Fed) hanno ridotto i rendimenti in maniera consistente: quelli con durata biennale pagavano martedì sera il 5,09%, mentre venerdì sera si limitavano a offrire il 4,84%. I decennali sono scesi dal 4,93% al 4,53% e i trentennali dal 5,09% al 4,70%. Movimenti enormi per i titoli di Stato. Contemporaneamente il dollaro si è indebolito, perché ha perso il sostegno delle aspettative di nuovi rialzi dei tassi.

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  • Morya LongoVicecaposervizio

    Luogo: Milano

    Lingue parlate: Italiano, inglese

    Argomenti: Finanza, mercati azionari e obbligazionari

    Premi: Vincitore del premio State Street 2018 – Giornalista dell’anno, autore del miglior scoop

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