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Ecco quanto costerà alle big tech il nuovo calcolo dell’indice Nasdaq 100 e gli impatti sui portafogli

L’indice azionario tecnologico statunitense risulta ormai sfasato, nel calcolo ponderato per le capitalizzazioni, dal peso eccessivo che ricoprono poche grandi aziende: su tutte Apple, Nvidia, Microsoft, Amazon e Tesla. Così dal 24 luglio cambia la metodologia di calcolo. Ecco cosa potrebbe comportare per gli investitori

di Vito Lops

(Getty Images via AFP)

3' di lettura

Davide contro Golia. All’interno del Nasdaq 100, il più importante indice tecnologico al mondo, è partito un movimento forzato di redistribuzione dei capitali. Dai grandi, sempre più grandi e ingombranti, verso i più piccoli. Oggi saranno resi noti i dettagli del nuovo meccanismo di ribilanciamento - che diventeranno operativi dal 24 luglio - ma intanto grosso modo accadrà qualcosa del genere: nel caso in cui i cinque maggiori titoli dell’indice, con pesi individuali superiori al 4,5%, abbiano un peso combinato superiore al 40%, il loro peso combinato nel calcolo dell’indice sarà ridotto in modo tale da non superare il 40% nell’adeguamento trimestrale e il 38,5% nel ribilanciamento annuale.

Viene quindi finalmente inserito un tetto allo strapotere finanziario delle big tech che stava rendendo il Nasdaq 100 un indice sfasato, drogato dalla performance di una manciata di titoli. Un meccanismo ulteriormente sfasato dalla forte crescita degli Etf, strumenti a replica passiva. Fino ad oggi, volente o nolente, chi investiva 1.000 euro in un Etf a replica Nasdaq, finanziava per circa 500 euro appena cinque aziende.

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Quindi, dal punto di vista pratico, la domanda che gli operatori si stanno ponendo è: cosa accadrà adesso alle big five? Ci sarà un tracollo? Gli Etf che replicano l’andamento del Nasdaq 100, dovendo essere costretti a ribilanciare rapidamente le posizioni, innescheranno una forte pressione in vendita sulle big tech?

Per rispondere, non ci resta che prendere la calcolatrice e arrivare a un numero. Il ribilanciamento speciale si baserà sulle azioni in circolazione al 3 luglio 2023: quindi riguarderà Microsoft, Apple, Nvidia, Amazon e Tesla che in quella data erano i primi cinque e avevano un peso combinato del 43,55%, quindi oltre il limite posto dalla nuova metodologia di calcolo.

In circolazione ci sono 24 Etf che replicano il Nasdaq 100, il cui valore è di 271 miliardi di dollari. Il 3,55% di questa cifra, percentuale da decurtare per far scendere le nuove ponderazioni dal 43,55% al 40%, ammontano a 9,6 miliardi. Un importo che potrebbe salire intorno ai 13 miliardi retrocedendo al 38,5%, come da vincolo imposto per il ribilanciamento annuale. Quindi stiamo parlando di una cifra che oscilla tra 10 e i 13 miliardi. Questo importo “scivolerà” dai grandi per confluire nei titoli più piccoli. «Sulla base del volume medio giornaliero scambiato negli ultimi 20 giorni per queste azioni e di un ribilanciamento regolare effettuato in cinque sessioni di negoziazione, l'azione più impattata sarà Microsoft - scrive Peter Garnry, head of equity strategy di Bg Saxo -. Gli Etf muoveranno circa il 6,67% del volume medio transato mentre la meno coinvolta sarà Tesla con un 0,50%».

In ogni caso non si tratta di movimenti da “panic selling”, ma di un qualcosa che potrebbe essere tranquillamente assorbito e digerito dal mercato. Piuttosto alcuni piccoli trader improvvisati potrebbero farsi male. «Il vero rischio di un’operazione del genere può essere quello di sovrastimare l’effetto negativo sui titoli coinvolti e quindi operare di conseguenza, magari attraverso posizioni short - spiega Davide Biocchi, trader professionista -. Nei giorni scorsi abbiamo già assistito a un movimento emotivo di molti trader che hanno venduto questi titoli salvo poi essere finiti già in perdita a causa del loro recupero. Piuttosto farei attenzione alla concomitanza del ribilanciamento con la stagione delle trimestrali in corso. Il mix combinato potrebbe far aumentare la volatilità».

In ogni caso la scelta del Nasdaq di darsi una veste un po’ meno oligopolistica nella formula con cui calcola tutti i giorni il suo percorso a Wall Street può essere anche interpretata come l’innesco di una narrativa che sta andando di moda da qualche settimana: quella con cui i gestori preferiscono estrarre adesso le performance non più dai grandi, che hanno corso tanto nel primo semestre, ma dai più piccoli che sono stati lasciati in panchina e che magari ai multipli attuali potrebbero rappresentare delle occasioni. «Perché questo trend prosegua ci vorrà un quadro macro favorevole - spiega Eugenio Sartorelli, membro del comitato di Siat, Società italiana analisi tecnica -. Perché in questo momento il mercato sta scontando un soft landing dell’economia Usa ma la storia insegna che il passaggio da “soft” ad “hard landing” può essere molto rapido. E in questo secondo scenario i titoli più piccoli non hanno quelle difese che offrono invece settori come i consumi di base, gli health care e le utilities che un buon gestore in questa fase di incertezza farebbe bene ad inserire in portafoglio».

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