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Economia circolare, il progetto Ispra-Mimit che punta a coinvolgere 10mila studenti

È un’iniziativa contro lo spreco alimentare e per sostenere, con una campagna di comunicazione, l’economia circolare. È c’è già un portale web

di Niccolò Gramigni

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3' di lettura

Lo spreco alimentare è una piaga che per l’Italia ha un impatto notevole. Si stima che infatti ogni anno si perdano nel nostro Paese tra i 12 e 18 milioni di tonnellate di cibo. A livello globale lo spreco alimentare è un fenomeno di dimensioni gigantesche: un terzo del cibo prodotto (1,3 miliardi di tonnellate) si perde nella fase di produzione agricola o viene sprecata come rifiuto. Sui temi dello spreco alimentare e dell’economia circolare è stata presentata la campagna di comunicazione Ispra-Mimit “Facciamo circolare”: a tal proposito è stato realizzato il portale www.facciamocircolare.it dove all’interno si trovano oltre 150 iniziative di comunicazione ed engagement dedicati all’economia circolare e allo spreco alimentare.

Partecipazione di studenti e aziende

La campagna al momento ha già visto il coinvolgimento di 3500 studenti e l’obiettivo è raggiungere quota 10mila: i numeri parlano di oltre 1,5 milioni le visualizzazioni del portale, 50mila brochure distribuite alle fiere nazionali di settore e 15 webinar organizzati.

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Nel frattempo va avanti la campagna social e sono poi previsti due spot su 30 canali Rai, Mediaset, Sky e Warner Discovery sulla raccolta differenziata, legata al concetto di spreco alimentare.

L’Italia da questo punto di vista è indietro: ha riciclato il 48,1% dei rifiuti urbani (il target Eu entro il 2025 è del 55%) e la percentuale di smaltimento in discarica è del 19% a fronte di una percentuale media di raccolta differenziata, su scala nazionale, del 64%.

Il progetto alimentare

Tra i progetti c’è quello chiamato “L’alveare che dice sì!”. Si tratta di un sistema che permette a tutti di fare la spesa online direttamente dai produttori del territorio. I produttori caricano sul sito i loro prodotti disponibili di settimana in settimana, le persone possono accedere alle vendite in corso attraverso il sito alvearechedicesi.it e acquistare al dettaglio, senza obblighi né minimi di spesa.

Un giorno a settimana avviene poi la distribuzione delle spese in un punto di ritiro nel quartiere, l’Alveare: si tratta di un piccolo mercatino dove i produttori consegnano solo il venduto, azzerando completamente gli sprechi alimentari.

I cosmetici naturali dal packaging green

Sul mondo dei cosmetici è da evidenziare l’azienda made in Italy Lymphae Lab, nata a Dalmine (Bergamo) con l’intento di produrre cosmetici sostenibili realizzati con materie prime naturali, biologiche, cosmetici funzionali. Con un’attenzione soprattutto al packaging che oggi genera un grosso impatto sull’ambiente anche per il settore cosmetico, Lymphae Lab produce e utilizza confezioni compostabili biodegradabili e riciclate.

«Il packaging è il più grosso problema della cosmetica di oggi – dichiara Davide Pasini di Lymphae Lab -. Genera rifiuti. Così noi stiamo lavorando su packaging compostabili, biodegradabili, riciclati, con l’obiettivo ultimo che è quello di produrre un cosmetico a rifiuto zero. Stiamo testando nuovi materiali e sviluppando nuove tecnologie che permettono al settore cosmetico di adottare questi materiali. Non sempre il materiale può adattarsi al tipo di prodotto, può essere magari non compatibile».

Cucire a macchina ed economia circolare

Tra i progetti più interessanti c’è quello di Del Vecchia group, azienda di Lastra a Signa (Firenze). Il gruppo dà vita alle tradizionali macchine da cucito porta avanti un progetto di recupero e upcycling nel settore del tessile e della moda.

«Volevo dare vita nuova a questo strumento, voglio far vedere ai giovani la creatività, l’autonomia e quanto uno strumento del genere può far bene all’ambiente – ha detto Valentina Del Vecchia della Del Vecchia group -. Partire dalle nostre tradizioni e portarle ai giovani sotto forma di qualità di ciò che indossiamo. La nostra è una missione a 360 gradi. Oggi riparare è fondamentale. L’azienda del tessile è tra le prime a livello di inquinamento, bisogna quindi ripensare a quanto si attaccavano le toppe ai maglioni e ai jeans. La riparazione non svilisce, può arricchire».

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