Economia, l’Europa vede segnali di ottimismo
L’Esecutivo comunitario si aspetta un rimbalzo dell’attività economica nel 2024. Con Germania e Finlandia, l’Italia è tra i paesi dell’Unione monetaria che rischiano la ripresa più modesta
di Beda Romano
3' di lettura
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
BRUXELLES – Si intravede un certo ottimismo nelle previsioni economiche della Commissione europea, pubblicate oggi, mercoledì 15 novembre. Dopo avere preso atto del rallentamento degli ultimi mesi, l’esecutivo comunitario si aspetta un rimbalzo dell’attività economica nel corso del 2024, tensioni internazionali permettendo. Insieme alla Germania e alla Finlandia, l’Italia è tra i paesi dell’unione monetaria che rischiano di registrare la ripresa più modesta l’anno prossimo.
“In vista del 2024, prevediamo una modesta ripresa della crescita grazie a una ulteriore riduzione dell’inflazione e alla tenuta del mercato del lavoro – spiega in un comunicato il vicepresidente della Commissione europea Valdis Dombrovskis –. Il conflitto in corso in Medio Oriente ha avuto finora un impatto economico limitato al di fuori della regione, ma l’acuirsi delle tensioni geopolitiche ha aumentato ulteriormente l’incertezza e i rischi che offuscano le prospettive economiche”.
Sul fronte delle cifre, ecco quelle più importanti. La crescita della zona euro sarà dello 0,6% nel 2023, in calo di 0,2 punti percentuali rispetto alle stime di settembre. Nel 2024, l’economia potrebbe espandersi del doppio, ossia dell’1,2%. L’anno successivo la ripresa dovrebbe rafforzarsi ulteriormente, con una crescita economica dell’1,6%. Sul versante dell’inflazione, la Commissione europea prevede che i prezzi al consumo aumentino in media annua del 5,6% nel 2023, del 3,2% nel 2024 e del 2,2% nel 2025.
Dopo un forte aumento sulla scia della pandemia da Covid-19, l’inflazione è in calo graduale, grazie a una stretta monetaria dalle proporzioni storiche. “Le fonti energetiche - spiegano gli economisti dell’esecutivo comunitario - cesseranno di essere un fattore disinflazionistico e si prevede invece che contribuiscano leggermente all’inflazione nel 2024, a causa anche di un effetto-confronto positivo, mentre si prevede che il loro contributo sarà sostanzialmente neutro nel 2025”.
Sul fronte italiano, l’analisi è molto fattuale. Il paese seguirà la dinamica dei suoi partner, anche se con risultati leggermente più modesti. Nel 2023 la crescita sarà dello 0,7%, mentre nel 2024 potrebbe attestarsi allo 0,9% e salire fino all’1,2% l’anno successivo. Insieme alla Germania (0,8%) e alla Finlandia (0,8%) l’Italia è il paese che rischia di crescere di meno nel 2024. Le economie più dinamiche sono quelle maltese e irlandese (4,0% e 3,0% rispettivamente), mentre la Francia crescerebbe dell’1,2%.
Sul versante dei conti pubblici italiani, bisognerà aspettare il giudizio della Finanziaria che Bruxelles pubblicherà martedì 21 novembre. Per ora, Bruxelles si limita a prendere atto che il disavanzo sarà del 4,4% e del 4,3% del PIL nel 2024 e nel 2025, per via tra le altre cose “del prolungamento del taglio nel cuneo fiscale e dell’ulteriore aumento dei salari pubblici nel periodo contrattuale 2022-2024”. Il debito, invece, è previsto in aumento nel 2024 e nel 2025, rispetto ai dati del 2023 (139,8% del PIL).
Questo elemento non è banale, mentre i paesi membri dell’Unione europea stanno negoziando una sofferta riforma del Patto di Stabilità, in un contesto nel quale il tentativo è comunque di imporre un risanamento delle finanze statali. Lo stesso percorso, di un doppio incremento del debito pubblico sia nel 2024 che nel 2025, è seguito nella zona euro dal Belgio, dall’Estonia, dalla Lettonia, dalla Lituania, dal Lussemburgo, da Malta, dalla Slovacchia, e dalla Finlandia.
Più in generale, scrive la Commissione europea: “Negli ultimi mesi l’incertezza e i rischi negativi per le prospettive economiche sono aumentati a causa della prolungata guerra di aggressione della Russia contro l’Ucraina e il conflitto in Medio Oriente. Finora, l’impatto di quest’ultimo sui mercati dell’energia è stato contenuto, ma esiste il rischio di interruzioni nelle forniture di energia che potrebbero avere un impatto significativo (…) sulla produzione globale e sul livello generale dei prezzi”.
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