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Edizione apre il cantiere del cda. I Benetton pronti a un Mion bis

A giugno scade il consiglio e la famiglia è orientata a rinnovare la presidenza. Il nuovo board insieme agli azionisti dovrà poi individuare il futuro ad

di Marigia Mangano

(IMAGOECONOMICA)

3' di lettura

Sembra profilarsi un Mion bis per Edizione, la holding della famiglia Benetton a capo del sistema che controlla Atlantia, Aspi, Autogrill, Adr, Abertis e Cellnex.

A fine giugno andrà in scadenza l’intero consiglio di amministrazione della holding di Ponzano Veneto. In quella occasione si tratterà di decidere e disegnare un assetto in grado di gestire il delicato momento che l’impero della holding sta attraversando, stretto tra l’emergenza Covid e la trattativa con il Governo sulle concessioni autostradali. Due problematiche che sotto diversi punti di vista sembrano suggerire, allo stato attuale, di privilegiare scelte all’insegna della continuità.

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Secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, al momento, l’orientamento dei quattro rami famigliari (Giuliana Benetton, eredi di Gilberto Benetton, eredi di Carlo Benetton e Luciano Benetton ) che detengono la proprietà di Edizione, sarebbe quello di allungare il mandato dell’attuale presidente Gianni Mion che a giugno, secondo le vecchie pattuizioni, dovrebbe terminare. Il tema sarebbe stato affrontato informalmente nelle settimane scorse con posizioni non sempre allineate perfettamente. C’è però consapevolezza che la figura dello storico manager di Edizione, in questa fase, è imprenscindibile. Il tema, con ogni probabilità, sarà affrontato in modo più fattuale in prossimità della scadenza, ma un primo confronto è atteso nel consiglio di amministrazione fissato il 18 maggio per una informativa sullo stato delle controllate. Del resto i contorni del rinnovo del board sono ancora da definire.

Attualmente il consiglio della holding è composto da 8 membri, Gianni Mion, Carlo Bertazzo (ad di Atlantia), Fabio Cerchiai (presidente di Atlantia), Giovanni Costa, Alessandro Benetton, Christian Benetton, Sabina Benetton e Franca Bertagnin Benetton. La nomina del nuovo board, oltre ad affrontare il rinnovo della presidenza, sarà anche chiamato a definire la durata del mandato, se uno, come deciso in occasione del ritorno dello stesso Mion, o tre anni. In proposito se la volontà è che Mion accompagni la transizione, tutto fa supporre che il consiglio resti in carica 12 mesi. Un arco di tempo nel corso del quale lo storico manager dovrà, insieme agli esponenti della famiglia Benetton, individuare il nuovo amministratore delegato di Edizione. Dopo l’uscita di Carlo Bertazzo, approdato ai vertici della controllata Atlantia, la priorità è quella di ricostruire la guida della holding, come annunciato dallo stesso Mion in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera. Un primo passo verso un assetto definitivo della holding capace in futuro di dare stabilità al sistema che fa capo alla stessa Edizione.

Il dossier dell’ad, tuttavia, secondo quanto si apprende, sarà affrontato solo nei prossimi mesi e dunque non contestualmente alla scadenza del cda. Del resto i principali dossier che sta affrontando la holding sono oramai da un anno gestiti in prima persona da Mion insieme a Bertazzo e ai manager della controllata Atlantia. Partendo dalla complicata trattativa delle concessioni per la controllata Aspi. Naturale, dunque, che sia il manager storico della famiglia Benetton a proseguire il complesso iter che si sta studiando per definire il futuro delle autostrade.

Il Governo, come anticipato da Il Sole 24 Ore nei giorni scorsi, ha posto tre condizioni ad Autostrade per l’Italia per trovare un’intesa sulla concessione: più soldi; il via libera alla revisione delle tariffe; l’introduzione nella convenzione di una lista di eventi catastrofali che, se imputabili all’azienda, facciano scattare in automatico la revoca. Sulla scorta di questo riscontro Autostrade per l’Italia è convinta di poter definire un accordo con l’esecutivo sul delicato tema della concessione in tempi ragionevoli. Ma è evidente che condizione imprescindibile perché si trovi il grande accordo è che l’assetto di Aspi cambi, con un passo indietro della dinastia di Ponzano Veneto, pronta a rinunciare alla maggioranza, e l’ingresso di nuovi investitori, come F2i o Cdp.

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