Educazione finanziaria, in un mondo volatile non è mai troppo presto
L’educazione finanziaria è una forma di investimento del capitale umano. Anche la letteratura scientifica – teorica ed empirica – lo conferma ampiamente. Annamaria Lusardi e Olivia Mitchell in un contributo pubblicato sul «Journal of Economic Literature» nel 2014 mettono in luce l’importanza economica dell’educazione finanziaria in base alla seguente linea di ragionamento.
di Elena Beccalli
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L’educazione finanziaria è una forma di investimento del capitale umano. Anche la letteratura scientifica – teorica ed empirica – lo conferma ampiamente. Annamaria Lusardi e Olivia Mitchell in un contributo pubblicato sul «Journal of Economic Literature» nel 2014 mettono in luce l’importanza economica dell’educazione finanziaria in base alla seguente linea di ragionamento. Il paradigma economico convenzionale in merito alle decisioni di risparmio, presupponendo un soggetto razionale e ben informato, postula la capacità dello stesso di formulare piani di risparmio ottimali durante il proprio ciclo di vita. Questi modelli per funzionare, però, devono basarsi su una conoscenza finanziaria approfondita che consenta di formulare ed eseguire piani e decisioni complesse.
Tutto ciò non avviene nel mondo reale: pochissime persone possiedono competenze finanziarie e acquisirle richiede investimenti, tant’è vero che quando la conoscenza finanziaria rappresenta una variabile endogena nei modelli teorici – come viene fatto in alcuni studi recenti – si generano importanti implicazioni in termini di benessere individuale e sociale nonché spunti per i programmi di educazione finanziaria. Risulta dunque rilevante verificare sulla base delle analisi empiriche quanto (o quanto poco) le persone possiedano competenze finanziarie. Tra le numerose indagini richiamate nel volume, un utile riferimento sono i dati della seconda edizione dell’indagine sull’alfabetizzazione e le competenze finanziarie degli italiani (Iacofi), condotta dalla Banca d’Italia nel 2020 sulla base di una metodologia armonizzata in ambito Ocse. L’indagine – illustrata in dettaglio nel quaderno Questioni di Economia e Finanza di D’Alessio, De Bonis, Neri e Rampazzi – conferma la posizione di ritardo dell’Italia nel confronto internazionale, già rilevata peraltro nel 2017, sebbene evidenzi un miglioramento nelle conoscenze degli italiani e una sostanziale stabilità nei loro comportamenti e nelle loro attitudini. Nello specifico, il livello medio di alfabetizzazione finanziaria degli italiani – pari a 11,2 (in una scala da 1 a 21) – differisce a seconda del grado di istruzione (la variabile più rilevante), del genere, dell’età e della localizzazione geografica degli intervistati. È più basso, infatti, tra i giovani, tra le donne e tra i residenti del Mezzogiorno. Merita attenzione anche il dato relativo all’attitudine, ossia la tendenza dei rispondenti a guardare ai temi finanziari in un’ottica di lungo periodo: la quota di coloro che hanno un punteggio giudicato sufficiente è bassa (13,7%) e in calo rispetto alla scorsa rilevazione. Un peggioramento che trova spiegazione nella lunga stagnazione dell’economia italiana – nel 2019 il Pil non aveva ancora recuperato i livelli precedenti la crisi finanziaria globale, cui si è poi sommato lo shock economico generato dalla pandemia.
Diviene, quindi, fondamentale trasferire quanto prima ai giovani le competenze finanziarie utili per affrontare il loro futuro. Ciò si rende necessario per diversi ordini di ragioni. Innanzitutto, l’educazione finanziaria è tanto più importante quanto più le fasi di ciclo economico sono difficili poiché consente di disporre degli strumenti per affrontare le situazioni di incertezza. In secondo luogo, è ancor più rilevante alla luce della crescente digitalizzazione nel campo finanziario, con i maggiori rischi che la minore prossimità relazionale può presentare. Infine, mostra una stretta interconnessione con uno sviluppo economico e sociale sostenibile in quanto ha implicazioni di lungo periodo, insegna a risparmiare e investire in modo consapevole e responsabile nonché a compiere scelte virtuose anche in ottica intergenerazionale.
Dall’angolo di visuale dell’università, il cui carattere identitario risiede nell’educazione, pregevole è l’idea di un volume ideato e curato dai giovani per formare i giovani educatori finanziari, così da trasmettere i valori della finanza responsabile e cooperativa. Nella lunga tradizione del credito cooperativo si ritrovano, tra i princìpi ispiratori, radici che si diramano fino ad arrivare all’impegno nell’educazione finanziaria.
Se di per sé l’attività bancaria è da intendersi a servizio del tessuto sociale, ancor di più le banche mutualistiche – che hanno connaturato questo ruolo – devono abbracciare, in linea con quanto scritto nei loro statuti, anche il sostegno a iniziative per la promozione della consapevolezza finanziaria. La cooperazione racchiude un sistema valoriale che impone di non limitare la funzione sociale al solo soddisfacimento dei bisogni degli associati. Anzi, chiama a diffondere il benessere raggiunto dagli associati con la distribuzione dei risultati sul territorio di appartenenza anche tramite un’azione diffusa e organica di informazione e formazione finanziaria a beneficio di cittadini e comunità.
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