Effetto guerra: nel breve spinta su gas e greggio ma il futuro è delle rinnovabili
La previsione è di Carlo Maximilian Funk, responsabile delle strategie di investimento Emea del gruppo finanziario State Street Global Advisors
di Vitaliano D'Angerio
I punti chiave
3' di lettura
C’è ancora futuro per le energie rinnovabili. L’invasione russa in Ucraina nel breve aiuterà i combustibili fossili ma sarà una fiammata di breve periodo. I Paesi dipendenti da gas e petrolio russo vogliono affrancarsi da questo legame e dunque, contestualmente, ci sarà un’accelerazione degli investimenti nelle energie pulite. Sembra l’identikit della situazione italiana. A descriverla è Carlo Maximilian Funk, capo delle strategie di investimento in Europa, Medio Oriente e Africa (Emea) del gruppo finanziario americano State Street Global Advisors (4.100 miliardi di dollari di in gestione al 31 dicembre 2021)
«Penso che l’attenzione nel breve termine sarà sulla sicurezza energetica ed è quindi normale che le persone ricorrano a fonti di energia tradizionali per raggiungere questa sicurezza. Tuttavia – spiega Funk –, pensiamo che ciò sarà un fenomeno a breve termine e che gli importatori di energia, specialmente quelli che dipendono dal petrolio e dal gas russo, accelereranno i loro programmi per le energie rinnovabili per diventare indipendenti più rapidamente. Questo innescherà una forte attenzione e un’ulteriore accelerazione degli investimenti nelle energie rinnovabili». È la previsione contenuta nel report di State Street Global Advisors dal titolo «ESG Implications of the Russia-Ukraine War».
Le conseguenze della guerra sulle strategie Esg
Scetticismo e qualche acrobazia. Sulle strategie di investimento Esg di recente vi sono state delle vere e proprie torsioni linguistiche, e di valutazione, soprattutto per quanto riguarda gli investimenti nelle armi, da sempre uno dei comparti esclusi dagli investimenti socialmente responsabili.
Che sta succedendo allora nel mondo della finanza sostenibile? Il climate change sembra essere passato in secondo piano, almeno in apparenza. Dall’Australia infatti, arrivano notizie drammatiche a causa delle alluvioni che hanno devastato i territori della zona orientale. Gli uragani stanno martoriando quella terra ancora adesso.
Oggi però l’attenzione del mondo occidentale è più concentrata sul fattore Russia colpita da una raffica di declassamenti sul versante dei rating di sostenibilità . «Diverse case di ricerca Esg specializzate hanno massicciamente declassato la Russia», si legge nel documento di State Street GA. Inoltre, viene aggiunto, è stata assegnato la classificazione più severa sul versante della G di governance.
Russia e sanzioni
Attenzione però a come avvengono questi declassamenti di Mosca. «Qualsiasi decisione di esclusione nel contesto della crisi Russia-Ucraina deve essere vista in relazione alle sanzioni applicate – sottolineano gli strategist di State Street GA –. Fare diversamente non sarebbe etico, in quanto non possiamo discriminare nessuna regione. Allo stesso tempo però, si può escludere sulla base di parametri Esg (ad esempio l’esclusione in base a potenziali violazioni di norme sociali o l’esclusione di certi settori). Questo tipo di esclusione non è su base geografica e non è quindi discriminatoria».
Chi è esposto su Mosca potrebbe così vedere delle forti penalizzazioni. «Le attuali sanzioni e il fatto che, la Russia dovrebbe essere esclusa da molti benchmark, renderanno la regione de facto non investibile – viene aggiunto nel report della casa d’investimenti americana – il che avrà conseguenze disastrose per le aziende russe se viste dalla prospettiva degli investitori internazionali. Bisognerà poi vedere se l’esposizione alla Russia potrebbe diventare un fattore nel futuro calcolo dei punteggi Esg, ma è troppo presto per saperlo».
Il fattore Environment
C’è poi la questione ambiente. È il fattore Environment, la E di Esg, a preoccupare tutti. Il ritorno al carbone, anche se per un breve periodo, sembra un ritorno al passato e sta creando forte allarme.
Sull’eccezionalità della situazione scommettono gli strategist americani: «Il processo di decarbonizzazione potrebbe però essere, in ultima istanza, stimolato proprio dalla necessità d’indipendenza energetica dai combustibili: il 90% delle emissioni globali sono oggetto di impegni di neutralità carbonica. La necessità geopolitica di diversificazione energetica potrebbe rappresentare un booster per le rinnovabili». È la speranza soprattutto dei ragazzi della Generazione Greta.
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