Le stime di Bain

Effetto guerra sul lusso: a rischio il 2-3% del mercato mondiale

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin mette crisi la spesa locale dei russi - tra sanzioni, blocco dei pagamenti e chiusure - che solo per i beni personali è tra i 6 e gli 8 miliardi. Addio ai turisti russi e impatto su Europa e Usa se la crisi dovesse persistere

di Marta Casadei

Mosca, passanti osservano una vetrina del department store Tsum (Afp)

I punti chiave

  • Secondo Bain la guerra mette a rischio il 2-3% del mercato del lusso (6-8 miliardi per i beni personali).
  • Comprare in Russia (anche online) sta diventando sempre più difficile
  • La guerra avrà effetti sulla spesa dei turisti russi (che non viaggeranno) ma anche sulla fiducia dei consumatori

4' di lettura

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin mette a rischio il 2-3% del fatturato globale del lusso. Tanto pesano i consumatori russi sul mercato mondiale dei luxury goods secondo le stime di Bain. «Sulla base degli elementi ad oggi disponibili, pur considerando che gli eventi evolvono rapidamente e che la situazione rimane significativamente incerta, – spiega Claudia D’Arpizio, senior partner and global head of Fashion & Luxury Bain & Company - stimiamo innanzitutto un impatto più probabile, immediato e rilevante sulla spesa personale russa di lusso a livello locale, spinta dalla svalutazione del rublo e dalle restrizioni in atto». Numeri alla mano, sono a rischio tra i 6 e gli 8 dei 283 miliardi di euro di valore del mercato dei beni di lusso personali nel 2021.

Da Ynap al fast fashion: business in Russia in stand by

Comprare prodotti di moda in Russia, oltretutto, sta diventando sempre più difficile. Sia offline sia online. Piattaforme come Yoox e Net-à-porter, per esempio, hanno smesso di consegnare prodotti nel Paese: «A causa della situazione attuale, non siamo in grado di completare nuovi ordini. Tutta l’evasione degli ordini è stata sospesa fino a nuovo avviso», si legge in una nota. Anche Farfetch ha segnalato possibili problemi con le spedizioni e i resi.

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Andando oltre il lusso, sono state fatte scelte ben più drastiche: brand globali come Nike e insegne del fast fashion come H&M, Mango, ma anche Asos e Bohoo, nei giorni scorsi, hanno deciso di sospendere le attività nel Paese chiudendo negozi e siti e mettendo in stand by le consegne.

Le aziende stanno fermando il business per ragioni diverse: H&M, che ha nella Russia il 6° mercato per importanza, ha annunciato la sospensione dopo una serie di polemiche nate in seno all’opinione pubblica svedese (che hanno spinto a fare lo stesso anche Ikea): così il colosso del fast fashion ha espresso la propria preoccupazione «per i tragici sviluppi in Ucraina» e ha espresso «vicinanza a tutte le persone che stanno soffrendo» e ha tirato giù le saracinesche. Non è la prima volta, oltretutto, che il gruppo si espone contro le scelte politiche fatte o sostenute indirettamente da una grande potenza: nel 2021 i prodotti H&M sono stati messo al bando su alcuni siti e in alcuni retailer cinesi perché il colosso del fast fashion si è rifiutato di produrre nello Xinjiang (regione in cui la minoranza uigura viene perseguitata). Nel caso dell’invasione russa in Ucraina appelli a boicottare il mercato russo sono arrivati da magazine (Vogue Ucraina) e player del settore. Il department store Tsum Kyiv, per esempio, ha inviato una nota ai brand di moda dicendo che «nessun brand dovrebbe essere venduto in Russia.

Le ragioni per cui i marchi hanno deciso di mettere in stand by il business in Russia, però, non sono solo ideologiche: consegnare merce in questo momento è difficile e l’esclusione delle banche russe dal sistema Swift rende altrettanto complesso finalizzare i pagamenti.

L’impatto oltre il mercato locale: addio ai turisti

L’impatto della guerra Russia-Ucraina non sarà, ad ogni modo, limitato solo al mercato locale. Innanzitutto ci sarà una flessione delle vendite in quei Paesi che contano (o speravano di tornare a contare, con la fine della pandemia) sugli acquisti dei turisti russi: «Anche la spesa russa all’estero, principalmente diretta verso l’Europa occidentale, sarà drasticamente ridotta finché sarà in vigore la chiusura dello spazio aereo europeo alle compagnie aeree civili russe», continua D’Arpizio.

Tra i Paesi che spera(va)no un ritorno dei turisti russi c’è senza dubbio l’Italia: prima del Covid erano la seconda nazionalità per acquisti tax free dopo i cinesi (che, ricordiamo, sono ancora “bloccati” in patria dal travel ban). Secondo le rilevazioni di Global Blue, società leader nel segmento tax free shopping, nel periodo gennaio 2021 – febbraio 2022 il volume di acquisti tax free dei russi (molti dei quali vaccinati con sieri non riconosciuti da Ema e quindi limitati negli spostamenti) in Italia è diminuito rispetto al 2019 , ma il lo scontrino medio è salito a 1.215 euro (+78% rispetto al 2019) che nel caso di acquisti a Venezia è salito addirittura a 2.060 euro. Se la città preferita per fare shopping è stata Milano (39% degli acquistin tax free), la categoria prediletta è quella del fashion&clothing (87%).

Gli effetti a lungo termine su Europa e Usa

Se poi il conflitto dovesse prolungarsi, gli effetti sull’Europa potrebbero essere più gravi:  «Prevediamo un potenziale impatto su Europa e Stati Uniti, nel caso in cui l’attuale crisi si intensificasse (e/o persistesse nel tempo) portando a conseguenze economiche e finanziarie più gravi - spiega Federica Levato, Partner Bain & Company e Leader EmeaFashion - Luxury Practice -. Tuttavia, questo scenario è ad oggi poco probabile e correlato alle modalità e alle tempistiche per la risoluzione della crisi, che è estremamente difficile da prevedere oggi». Tra queste conseguenze ci sono una minore crescita del Pil dei paesi Ue, dovuta agli aumenti dei prezzi dell’energia, che potrebbe impattare sulla fiducia dei consumatori locali di lusso, con una conseguente una riduzione della spesa discrezionale dei consumatori europei. Già provati dal biennio di Covid-19. Gli effetti negativi sulla stabolità finanziaria, invece, potrebbero minare la fiducia dei consumatori Usa, altamente legata alle fluttuazioni del mercato azionario.

A sottolineare i potenziali e gravi effetti collaterali del conflitto (questa volta per il tessile moda italiano nel suo complesso) è stato Carlo Capasa: «Il mercato russo rappresenta in tempi normali per la moda italiana circa il 2% delle esportazioni. Ovviamente, le ripercussioni di questa guerra comporteranno effetti che andranno oltre il blocco del mercato russo e la perdita di quello ucraino, se non altro per l'impatto che il costo energetico avrà sulle nostre produzioni, ma ciò che interessa, in questo momento, è terminare questa guerra e salvaguardare la vita e la libertà delle persone», ha detto il presidente di Cnmi all’Adnkronos. 

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