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Effetto Moody’s sull’Italia: spread giù a 173 punti, il decennale rende il 4,34%

Acquisti sui titoli di Stato italiani dopo il rialzo dell’outlook. Piazza Affari positiva nonostante l’impatto dello stacco cedole

di Vito Lops

(Quality Stock Arts - stock.adobe.com)

4' di lettura

L’effetto sorpresa di Moody’s - che venerdì sera a mercati chiusi ha migliorato l’outlook sull’Italia da “negativo” a “stabile” - non ha lasciato indifferenti gli investitori che hanno acquistato i BTp in una giornata in cui i bond governativi europei sono stati venduti. Il rendimento del decennale italiano è sceso al 4,34% (il 5% toccato un mese fa sembra lontano anni luce) mentre quello del corrispettivo Bund è risalito al 2,61%. Di conseguenza lo spread tra i due Paesi - usato spesso come termometro per giudicare la pressione dei mercati nei confronti della carta italiana - è sceso del 2,5% a 173 punti base.

Effetto positivo anche sul mercato azionario con il Ftse Mib di Piazza Affari miglior listino europeo. Non deve confondere il +0,15% di facciata perché nella giornata di lunedì molte big quotate hanno staccato la cedola e questo ha “penalizzato” la valutazione dell’indice dello 0,84%. A conti fatti il paniere delle blue chip italiane è salito dell’1% mentre il Dax 40 di Francoforte ha ceduto lo 0,14% e l’indice Eurostoxx 50 si è preso una pausa (+0,04%) consolidando il rimbalzo della scorsa settimana.

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Cambio di mood

Va detto che dopo i minimi dello scorso ottobre, sui mercati finanziari il mood è cambiato. Spulciando nei primi outlook che le varie banche d’affari stanno via via pubblicando tracciando la via per il 2024, emerge chiaramente come quello del “soft landing” (atterraggio morbido dell’economia) sia lo scenario prevalente. Recentemente Goldman Sachs ha ridimensionato al 15% le possibilità di una recessione per l’economia americana. Gli analisti di Factset prevedono che nel 2024 le società quotate nell’indice S&P 500 aumenteranno gli utili dell’11,2%. Una crescita a doppia cifra dei profitti non è compatibile con uno scenario di recessione dove, al contrario, gli utili mediamente calano del 15-20 per cento. Anche gli analisti di Morgan Stanley sostengono che l’economia statunitense si stia dirigendo verso un moderato rallentamento piuttosto che verso una vera recessione. La banca prevede un aumento della disoccupazione negli Stati Uniti al 4% entro la fine del 2023 e al 4,4% entro la fine del 2024, con una crescita annua del Pil dell’1,2% per il 2023 e dello 0,8% nel 2024.

L’ipotesi soft landing​

Quello del soft landing è un ambiente in cui tendenzialmente si muovono bene le obbligazioni - molti gestori stanno iniziando ad esporsi su durate più lunghe andando a congelare per più tempo gli attuali rendimenti - e i titoli tecnologici (l’indice Nasdaq 100, in rialzo dell’1,2%, ha aggiornato i massimi del 2023 e dista appena quattro punti percentuali dai massimi storici che risalgono al novembre 2021). Ed è uno scenario gradito anche ai settori molto sensibili al tema tassi, quelli che non a caso hanno sofferto più di tutti la politica ultra-aggressiva delle banche centrali dell’ultimo anno e mezzo. Tra questi spiccano i comparti delle utility e del real estate, tra i migliori nelle ultime settimane.

L’euro guadagna terreno

Il sentiment favorevole è confermato anche dalle valute. L’euro (sinonimo di appetito al rischio) continua a guadagnare terreno nei confronti del dollaro (roccaforte dell’avversione al rischio) e oggi ha sfiorato 1,1 nei confronti del biglietto verde. È sempre più distante da quota 1,04 che esibiva appena qualche settimana fa.

Va però anche ricordato che molte sono le incognite che attendono i mercati nei prossimi mesi e che quello del “soft landing”, seppur sia lo scenario dato come più probabile, potrebbe essere messo a repentaglio dall’altro scenario che i mercati stanno scontando: “high for longer”, ovvero tassi elevati ancora per diverso tempo. «Diversi trimestri», per citare il governatore della Bce Christine Lagarde. Tassi che mordono i bilanci di famiglie e imprese, erodendo giorno dopo giorno il loro potere di acquisto e la capacità di investire. Di conseguenza, per più tempo resteranno là in alto i tassi, più aumenteranno le probabilità che quell’atterraggio morbido oggi scontato dai mercati degradi ad “atterraggio duro”, che fa rima con recessione. E la curva dei tassi 10-2 anni, che negli Stati Uniti si è invertita ed è finita sottozero da 16 mesi consecutivi e che è stata premonitrice di tutte le ultime otto recessioni, continua a lanciare un segnale d’allarme.

Rally di Natale

Quanto ai prossimi giorni, gli investitori dovranno concentrarsi sulle minute della Fed - che verranno rese note martedì sera - e che potrebbero dare l’idea delle intenzioni della banca centrale in vista della prossima riunione in calendario per il 12-13 dicembre. Sarà interessante capire, in ogni caso, quando possa risultare sgradito al governatore Jerome Powell il recente movimento al rialzo dei mercati azionari e delle obbligazioni che sta difatti facendo risalire l’indice delle “financial conditions” che è molto seguito dalla Fed, al pari dei dati sulla disoccupazione, nel calibrare la sua battaglia all’inflazione.

Probabilmente le banche centrali non vedrebbero di buon grado un eventuale rally di Natale in Borsa perché aumenterebbe quel senso di ricchezza tra gli investitori, elevando la propensione al consumo e, a ruota, le pressioni sui prezzi dei beni e servizi. Ma se osserviamo come si stanno comportando bond e azioni - in netto rialzo da tre settimane di fila - pare proprio che i gestori non vogliano rinunciare in questo 2023 al rialzo di fine anno, sulla base del quale sono calcolate anche le loro provvigioni. Il rally di Natale è in corso.

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