elezioni del 12 dicembre

Nel Regno Unito trionfa Boris Johnson: «Brexit il 31 gennaio». Sterlina ai massimi

Il partito conservatore britannico ha trionfato alle elezioni nel Regno Unito assicurandosi la maggioranza nella Camera dei Comuni, la camera bassa del parlamento britannico, secondo l'esito del voto nelle elezioni anticipate del 12 dicembre

a cura di Nicol degli Innocenti, Angela Manganaro e Alberto Magnani

Elezioni nel Regno Unito: ora è davvero Brexit

4' di lettura

Il premier britannico Boris Johnson è arrivato a Buckingham Palace per incontrare la regina Elisabetta che gli affiderà l'incarico: il vincitore del voto del 12 dicembre 2019 dirà probabilmente alla sovrana quello che ha detto ai sostenitori a vittoria accertata: «adesso faremo la Brexit in tempo entro il 31 gennaio, senza se, senza ma e senza forse».

Il partito conservatore britannico ha trionfato alle elezioni nel Regno Unito assicurandosi la maggioranza nella Camera dei Comuni, la camera bassa del parlamento britannico. Alle ultime elezioni dell’8 giugno 2017, i Tory non avevano ottenuto la maggioranza assoluta ed erano stati costretti a un governo di minoranza con i nordirlandesi del Dup, alleanza che ha ritardato l’uscita del Regno Unito dalla Ue.

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LA MAPPA DEL VOTO PER COLLEGIO

La percentuale di consensi ottenuti dal partito di maggioranza...

LA MAPPA DEL VOTO PER COLLEGIO

Questa volta il partito guidato dal primo ministro Boris Johnson ha ottenuti 365 su 650, ben oltre la soglia dei 326 necessari per governare senza altri partiti alleati.

Il Labour si è fermato invece a 203: ha perso in zone del paese come Midlands e Galles ma soprattutto nell Nord, roccaforte adesso non più rossa, tutti posti comunque che avevano scelto la Brexit nel 2016 e che ogni marcano la sconfitta laburista più pesante dal 1935.

Rispetto al parlamento passato, i conservatori hanno guadagnato 47 seggi, i laburisti ne hanno persi 59.

Un dato su cui dopo, a mente fredda, si dovrà riflettere è che l’affluenza alle urne è stata di circa il 62% degli elettori.

I RISULTATI DELLE ELEZIONI NEL REGNO UNITO

Numero di seggi e variazione rispetto alle ultime elezioni. (Scrutinati 649 di 650)...

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Un dato immediato è invece quello della euro che passa di mano a 0,8304 sterline, contro 0,8475 della chiusura di ieri sera.

Un dato preoccupante per la coesione nazionale è quello della Scozia dove si rafforzano i nazionalisti proUe e l’opposizione a Johnson: l’Snp di Nicola Sturgeon ha vinto 48 dei 59 seggi ma soprattutto chiede un secondo referendum sull’indipendenza che potrebbe mettere a rischio il Regno così come lo abbiamo conosciuto.

Gioisce Donald Trump che si congratula con Boris Johnson per la sua «grandissima vittoria!». A poche ore di distanza da un primo tweet sulle elezioni nel Regno Unito Trump ha scritto: «Adesso Gran Bretagna e Stati Uniti sono liberi di mettere a punto un grande nuovo accordo commerciale dopo la Brexit. Questo accordo ha il potenziale per essere il più redditizio di qualsiasi accordo mai siglato con l'Ue».

Brexit più vicina
In questo modo Boris Johnson e la sua maggioranza si proietterebbero a una finalizzazione agevole della Brexit entro il 31 gennaio 2020. Secondo la ricostruzione del quotidiano Guardian, il premier potrebbe tentare il voto alla Camera dei Comuni anche prima di Natale. Gli investitori sembrano apprezzare il risultato delle urne con la sterlina ai massimi da 19 mesi e balzi fino al 2,7% rispetto al proprio valore sul dollaro.

“Get Brexit done” e “unificare il Paese”: sono gli impegni ribaditi da Boris Johnson nel discorso di proclamazione a deputato rieletto nel collegio di Uxbridge, sia pure con un margine limitato a 7000 voti. Il premier Tory ringrazia “il popolo” britannico per aver votato a dicembre e per il risultato. Rilancia quindi le sue promesse elettorali su investimenti nella sanità e in altri settori. L'obiettivo è realizzare la Brexit ma non solo e «cambiare il Paese per il meglio». «Il lavoro - conclude - comincia oggi.

Boris Johnson, la vittoria in 12 scatti

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Un «referendum» sulla Brexit
Gli elettori sono andati alle urne per assegnare i 650 seggi della Camera dei Comuni, l’equivalente della Camera dei deputati italiana. Il timore di una scarsa affluenza alle urne si sono ridimensionati già dalle prime ore della giornata, con le prime stime di una partecipazione elevata al voto. D’altronde le elezioni sono state ritenute le «più importanti di una generazione», per ragioni legate - inevitabilmente - alla posta in palio principale: la Brexit.

Il voto è stato interpretato soprattutto come un referendum indiretto sul divorzio dalla Ue, una saga diplomatica che tiene in sospeso Londra e Bruxelles da oltre tre anni. Boris Johnson ha spinto per il ritorno alle urne con l’obiettivo, esplicito, di irrobustire la sua maggioranza e «portare a termine la Brexit» entro l’ultima scadenza prevista (il 31 gennaio 2020). L’opposizione, sia pure con qualche vaghezza, si è compattata a favore del Remain o comunque dell’indizione di un secondo referendum sulla rottura con la Ue.

Per il Labour si è trattato di una sconfitta pesante. Un risultato che per i conservatori non si vedeva dai tempi di Margaret Thatcher, quando conquistò il terzo mandato nel 1987, e che segna la disfatta peggiore dal 1935 del partito di Jeremy Corbyn, finito immediatamente sotto processo.

«È stato uno shock». Questo il commento di John McDonnell, esponente di punta dei laburisti, il quale ha aggiunto che «sul futuro di Jeremy Corbyn saranno prese decisioni appropriate». E mentre su Twitter si fa largo l'hashtag #CorbynOut, lui dice che non guiderà il partito alle prossime elezioni, aggiungendo che resterà leader per «un periodo di riflessione».

Johnson deve tuttavia ancora affrontare le resistenza in Scozia, dove il sostegno al Partito nazionale a favore dell'indipendenza è aumentato, creando la prospettiva di un rinnovato stallo costituzionale sul futuro del Regno Unito.

In una precedente versione di questo articolo è stato scritto: «la sterlina passa di mano a 0,8304 euro (è il contrario, ndr)». Ci scusiamo con i lettori per l’errore.

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