Elica, maggiori efficienze e più ricavi da marchi propri per rilanciare la redditività
di Vittorio Carlini
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Aumentare i ricavi da marchi propri. Inoltre: realizzare, sfruttando la stessa spinta sui brand di proprietà, maggiori efficienze nella filiera produttiva. Ancora: concretizzare i turnaround in Cina e Germania. Sono tra le priorità di Elica a sostegno del business. In particolare: per rilanciare la redditività aziendale.
Il gruppo nel 2016 ha visto i numeri di conto economico viaggiare a due velocità. I ricavi, secondo i dati preliminari, si sono assestati a 439,3 milioni in rialzo del 4,2% rispetto al 2015 (+4,4% a cambi costanti). Il dato, a livello di aree geografiche, è conseguenza di un mix di performance. Le vendite in Asia, al netto della Cina, sono aumentate (+23,2%) soprattutto in scia ad India e Giappone. I Paesi Occidentali, dal canto loro, sono stati caratterizzati, da un lato, dall’incremento (+3,9%) dell’ Europa (con l’eccezione della Germania). E dall’altro, seppure più limitatamente, dalla crescita delle Americhe (+0,6%). La redditività, a differenza dei ricavi, è invece nel suo complesso diminuita. L’utile operativo, ad esempio, è stato di 6,5 milioni rispetto ai 16,2 milioni realizzati nell’esercizio precedente (in rosso l’ultima riga di bilancio reported).
A fronte di una simile dinamica il risparmiatore è interessato a conoscere quali le strategie future del gruppo. Soprattutto sul fronte della redditività.
Qui, per l’appunto, tra le priorità c’è il turnaround dei business in Germania e Cina. Due mercati, va ricordato, al netto dei quali il rapporto dell’Ebitda adjusted di gruppo sui ricavi nel 2016 sarebbe stato vicino alla doppia cifra. Ciò detto nel Paese teutonico la società va realizzando diversi interventi. Tra questi si punta a concretizzare un maggiore controllo di qualità (ad esempio il marchio Elica è stato riportato nella gestione diretta della casa madre italiana). Inoltre c’è la volontà di riallineare il livello dei servizi alla reputazione dei brand (le cappe Gutman da sempre sono sinonimo di alto di gamma). Infine non può scordarsi lo sforzo sul rinnovamento e la riorganizzazione del portafoglio prodotti. Insomma: un mix d’azioni che dovrebbe consentire, il prossimo anno, di arrivare al break even a livello di Ebitda.
Detto della Germania quale, invece, la situazione riguardo la Cina? Nel Paese della Grande Muraglia, dove il gruppo italiano ha tra le altre cose sofferto l’aggressività della concorrenza, è stata avviata un’importante riorganizzazione. C’è la razionalizzazione della forza lavoro. Inoltre: viene aumentato il know how nell’impianto produttivo in loco anche per migliorarne la produttività. Senza dimenticare, poi, la ricerca di nuova clientela. Il tutto con l’obiettivo di raggiungere, in un paio di anni, il break even a livello di Mol. Al che può però obiettarsi: il partner cinese, dimostratosi non così efficiente, potrebbe non essere di sostegno al turnaround. Alcuni esperti smorzano il dubbio. Il socio nella jv in Cina, viene sottolineato, è di minoranza e non ha reali poteri d’intervento. L’operatività esecutiva, insomma, è nelle mani di Elica.
Ma non è solamente una questione di rilancio delle attività cinesi e tedesche. Altra priorità della multinazionale tascabile di Fabriano è l’incremento dei ricavi da marchi propri. Questi, alla fine del 2016, valevano il 44% del totale. Il restante 56%, invece, è appannaggio della produzione per conto terzi. Ebbene: il target, di medio periodo, è arrivare ad avere il 50% del fatturato generato dai brand di proprietà. L’obiettivo, a ben vedere, permette di sostenere, ed agevolare, una duplice dinamica che dovrebbe spingere la profittabilità stessa dell’azienda. Da un lato, infatti, il business dei marchi propri è caratterizzato da maggiore marginalità la quale aiuta a migliorare la redditività. Dall’altro il focus sugli «own brands», richiedendo più controllo sulla filiera produttiva, induce la società a perseguire ulteriori nuove efficienze operative. Un aumento d’efficacia nella «supply chain» che, nuovamente, dovrà costituire la leva per migliorare la profittabilità.
Già, più efficienza per essere più redditizi. Ma attraverso quali mosse? Le più diverse. Così, ad esempio, c’è il fronte dell’approvvigionamento di materie prime. Nel passato, da una parte, si guardava molto ai mercati dove queste erano a basso costo. Ma, dall’altra, non erano tenuti in debita considerazione i loro successivi costi logistici. Con il che gli oneri complessivi potevano risultare maggiori e la redditività inferiore alle attese. Ora, invece, l’approccio sarà più omnicomprensivo in modo da garantire la giusta marginalità. La stessa logistica, poi, dovrà fornire maggiori efficienze. Così come la produzione in fabbrica subirà un processo di ulteriore informatizzazione (ad esempio, attraverso l’uso della leva dell’Internet delle cose). Insomma, il gruppo mira ad un cocktail di strategie con un minimo comune denominatore: avere maggiore efficienza operativa per rialzare la redditività.
Fin qui alcune considerazioni rispetto alla profittabilità. E, tuttavia, Elica punta anche a proseguire la crescita dei ricavi. In che modo? Uno tra gli altri, oltre al continuo pressing su qualità e innovazione di prodotto, è proprio la spinta dei marchi propri. Questi sono attesi, secondo l’azienda, ad una positiva performance in Europa, in India, Giappone e Sud Est Asiatico. Oltre, poi, in Nord America. In quest’ultima area geografica, dove la produzione per conto terzi rimane comunque essenziale, Elica considera che il marketing e il design siano due leve importanti. Negli Usa c’è una buona predisposizione per prodotti innovativi e di stile. Il che agevola cappe di tipo decorative alto di gamma quali quelle di Elica. A fianco della strategia descritta il gruppo, però, vuole svilupparne un’altra: ampliare l’offerta nei prodotti di fascia media. Un esempio? Il lancio sul mercato di una cappa dal costo unitario di circa 200 dollari.
Tutto rose e fiori,quindi? La realtà è più complessa. Il risparmiatore esprime il dubbio ricordando che, proprio nell’America del Nord, i ricavi del 2016 sono calati. Elica smorza la preoccupazione. Si è trattato, è l’indicazione, dell’effetto dell’acquisizione della divisione elettrodomestici di GE da parte dei cinesi di Hair. Un evento che ha fatto venire meno l’importante cliente. Questo, però, è già stato sostituito con un altro. Quindi, indica sempre Elica, non c’è alcuna particolare preoccupazione. Anzi: la strategia di diversificazione sui prodotti, cui si aggiunge il focus sui marchi propri, consentono di stimare, conclude il gruppo, l’accelerazione del business Nordamericano.
Quel business che, tuttavia, è fornito dalla fabbrica del gruppo in Messico. Una situazione la quale, a fronte dei paventati dazi d’importazione da parte del neo Presidente Usa Donald Trump, potrebbe limitare lo sviluppo aziendale. Elica rigetta l’ulteriore dubbio. In primis, è l’indicazione, Elica principalmente non esporta direttamente dal Messico negli Usa. Bensì vende ai grandi clienti, anche americani, presenti in loco. Inoltre, aggiunge la società, i numeri dicono che, rebus sic stantibus, il problema non sussiste: le vendite in Messico, infatti, vanno bene. Infine: non c’è ancora alcuna indicazione concreta rispetto all’ applicazione della strategia politica prospettata. Quindi, conclusione Elica, anche su questo fronte non c’è alcun particolare problema.
Ciò detto il risparmiatore guarda, oltre al Cooking, l’altra area di business di Elica: quella riconducibile alla controllata Fime. Per comprenderne la dinamica è dapprima necessario ricordare l’oggetto sociale del gruppo. Questo è diviso, per l’appunto, da una parte nel Cooking. Cioè: la progettazione, produzione e vendita di cappe da cucina ad uso domestico, sia a marchio proprio che con brand di terzi. Dall’altra, invece, c’è il mondo Fime: i motori elettrici per elettrodomestici, cappe e caldaie per riscaldamenti. Ebbene: l’indicazione è che proseguono gli investimenti per sviluppare Fime. In tal senso va sottolineato che, complessivamente, nel 2017 i Capex previsti sono intorno a 28 milioni. Di questi una parte saranno indirizzati proprio sul mondo dei motori. Altri focus (al di là di circa 10 milioni in manteinance) riguardano invece l’aumento della capacità produttiva (legata anche agli «own brands») e la spinta sui sistemi informativi.
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