Ristorazione

Elior riorganizza le mense con l’Intelligenza artificiale

Comincia dall’Italia la rivoluzione nei centri cottura della multinazionale francese: l’innovazione tecnologica permetterà di evitare gli sprechi

di Micaela Cappellini

(FOTOGRAMMA)

2' di lettura

Non più pasti da servire entro un raggio di distanza di trenta minuti di macchina dalla cucina centrale. Ma piatti che viaggiano anche per cento chilometri, e soprattutto in grado di mantenersi come freschi fino a trenta giorni. Merito della tecnologia del sottovuoto: l'assenza di ossigeno, combinata con una refrigerazione tra zero e quattro gradi, permettono di conservare a lungo e non sprecare nemmeno una porzione.
È questo il coniglio nel cilindro con cui Elior, la multinazionale francese della ristorazione collettiva, conta di rivoluzionare il mercato delle mense scolastiche, di quelle aziendali e dell'outsourcing dei ristoranti d'albergo. Innovazione e diversificazione sono le due chiavi con cui la multinazionale spera di buttarsi alle spalle le perdite inferte dalla pandemia.

Proprio ieri il gruppo ha reso noto il bilancio 2020-2021, chiuso a settembre: dopo il rosso di 483 milioni subito nell'esercizio precedente, questa volta Elior è riuscita a contenere il calo del fatturato a quota 3,69 miliardi di euro e le perdite a quota 100 milioni. Solo nell’ultimo trimestre si è registrato un rimbalzo dell’attività, che ora è all’85% rispetto ai livelli pre-Covid.

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Per testare il suo nuovo modello di gestione dei pasti Elior ha scelto proprio il nostro Paese: «In Italia abbiamo 21 cucine centralizzate - spiega Philippe Guillemot, Ceo global di Elior - nei corso dei prossimi cinque anni le convertiremo tutte con un set di nuove tecnologie che ci permetteranno di essere molto più flessibili nel servizio e capaci di garantire pasti personalizzati e pietanze in grado di essere conservate a lungo, senza sprechi». Per trasformare i centri cottura italiani, oltre al sottovuoto Elior porterà la conservazione in atmosfera modificata «e anche l'intelligenza artificiale - aggiunge Guillemot - grazie alla quale possiamo garantire le forniture on demand a monte e gli ordini dei clienti a valle». Il costo? «Solo sette milioni di euro - dice - le economie di scala che queste tecnologie ci garantiranno sono decisamente superiori ai costi».

In Italia, la prima cucina 2.0 è già attiva e si trova a Bologna: può rifornire dai pranzi di lavoro per i dipendenti delle Pmi fino ai tavoli degli hotel a 4 e a 5 stelle i cui ristoranti sono gestiti da Elior: «Al giorno d'oggi, con gli effetti della pandemia che non sono ancora venuti meno - dice Guillemot - è sempre più difficile prevedere quanti clienti avrai tanto in una mensa aziendale, per via dello smart working, quanto in un ristorante». A Bologna Elior ha anche recentemente acquisito Emily, una società specializzata proprio nelle ricette in grado di esaltare al massimo l'utilizzo del sottovuoto e dell'atmosfera modificata nella preparazione dei piatti. «Quattro anni fa la competizione era ancora sul prezzo - dice Guillemot - oggi invece si sceglie una ristorazione collettiva al posto di un'altra in base alla qualità».

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