Emergenza Ucraina, Carlo Capasa: l’impatto della guerra sulla filiera moda
Una gara di solidarietà con UNHCR, ma anche l'allarme per un comparto messo a dura prova da rincari e blocco dei pagamenti. Intervista al presidente della Camera nazionale della Moda.
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Il presidente della Camera nazionale della Moda italiana aiuta a fare il punto della situazione, con i numeri: da un lato, gli oltre quattro milioni raccolti in pochi giorni tramite l'iniziativa congiunta con UNHCR, un'iniziativa concreta che si aggiunge alla ferma condanna della guerra. Dall'altro, il blocco dei pagamenti che rende impossibile qualsiasi operazione commerciale verso la Russia, un comparto che vale 1.6 miliardi di euro. Da ultimo, il caro energia, che si è già tradotto in un aumento del 30% dei costi complessivi di produzione per le imprese italiane. E se la gravità della situazione presente impone che la priorità sia il sostegno delle persone che soffrono, all'orizzonte Capasa vede un aumento generale della volatilità di tutti gli asset finanziari e, come è già successo nel caso della pandemia, un impatto psicologico sulle abitudini, gli orientamenti e lo stile di vita dei consumatori.
Dopo due anni di pandemia, un nuovo shock per il settore e, come due anni fa, un grande slancio di generosità da parte dei brand italiani. Accanto a questa gara di solidarietà, che cosa può fare di concreto il sistema moda per far pesare la propria voce?
L'intero comparto della moda italiana è fortemente addolorato per la guerra in Ucraina. La nostra prima preoccupazione, in questo momento, è concentrarci sull'iniziativa congiunta con UNHCR, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati, che sta ottenendo molte e rilevanti adesioni da parte dei brand della moda italiana, con generose donazioni che vengono utilizzate per aiuti concreti alle persone e alle famiglie costrette alla fuga dal proprio paese. In questo momento sono stati raccolti più di quattro milioni di euro e, di ora in ora, si aggiungono ulteriori donazioni ed iniziative concrete atte ad aiutare la popolazione. Da sempre la moda promuove l'unione delle persone e lo scambio culturale, diffonde valori di inclusione e di pace e in questo momento vogliamo amplificare i messaggi di unione e speranza.
I beni di lusso non sono inclusi nel pacchetto di sanzioni al momento decise dall’Unione Europea, anche se di fatto il blocco dei pagamenti rende difficili gli acquisti. Ritiene che sarebbe giusto includerli formalmente in un eventuale e aggiuntivo pacchetto di sanzioni?
In questo momento il settore del tessile/abbigliamento non è incluso nel pacchetto di sanzioni erogate in quanto ritenuto non strategico dall'Unione Europea. Abbiamo piena fiducia nel nostro Governo e in quello europeo; ora più che mai è necessaria coesione con le istituzioni. Qualora le sanzioni nel prossimo futuro dovessero coinvolgere il settore del tessile/abbigliamento ci allineeremo. C'è da dire che già da ora il blocco dei pagamenti rende praticamente impossibile qualsiasi operazione commerciale verso la Russia.
Nella black list dei paesi ostili approvata dalla Russia figura anche l’Italia. Quali sono e saranno le ricadute per il sistema moda italiano?
In questo momento è difficile prevedere quali saranno le ricadute specifiche nel nostro settore. Ricordo, in primo luogo, gli aggravi dovuti al “caro energia” che in alcune lavorazioni cruciali come la tintura e stampa – che contribuiscono alla creazione delle qualità estetiche di filati e tessuti – arriva a rappresentare fino al 10% del costo totale. Per queste imprese i costi complessivi di produzione sono già aumentati per oltre il 30% e l'ulteriore crescita dei prezzi energetici previsti nei prossimi mesi potrebbe far salire di diversi punti percentuali la dinamica dei costi. La crisi Ucraina espone l'Euro a pressioni ribassiste verso il dollaro che rimane valuta di riserva internazionale. Ieri (8 marzo) il cambio è sceso sotto 1.1 dollari per euro, con prospettive di ulteriore indebolimento della valuta europea che potrebbe avvicinarsi (anche se non raggiungerla, a meno di ulteriori sviluppi disastrosi della crisi) alla parità con il dollaro. Ciò implicherebbe, da un lato, ulteriori pressioni sui prezzi in Euro delle materie prime (denominate prevalentemente in dollari e il cui prezzo in Euro salirà a causa della rivalutazione della moneta statunitense) e, dall'altro, una riduzione del valore della capitalizzazione delle imprese italiane (ed europee) e, per quelle quotate in Euro, rischio liquidazione in previsione della riduzione del controvalore in dollari. Per questa ragione dobbiamo attenderci un aumento generale della volatilità di tutti gli asset finanziari e dei cambi che avranno effetti sugli investimenti e sul valore delle aziende. Ci sarà anche da considerare l'impatto psicologico sulle abitudini, gli orientamenti e lo stile di vita dei consumatori. Ribadisco, comunque, che le nostre priorità attuali sono concentrate verso le persone che soffrono e sul come sostenerle ed aiutarle.
Quanto pesa il comparto russo?
L’anno scorso la moda italiana (inclusi gioielli, bigiotteria, occhiali e profumi) ha esportato verso la Russia circa 1,4 miliardi di Euro. Sono cifre calcolate a prezzi di “export”, quindi senza il ricarico della distribuzione che può raddoppiare o triplicare questo valore rispetto ai prezzi al consumo. In prevalenza si tratta di abbigliamento e pelletteria.Un'altra componente significativa è quella relativa al turismo di “shopping” ovvero gli acquisti in Italia effettuati dai turisti russi. Stimiamo che questi ammontino a circa 250-260 milioni di euro. Complessivamente, dunque, la Russia vale per il mercato della moda italiana circa 1,5 miliardi / 1,6 miliardi di euro. Una cifra che rappresenta circa il 2% fatturato complessivo del settore che attualmente supera i 100 miliardi. Consideriamo, infine, le esportazioni verso l'Ucraina che ammontano a circa da 250 milioni di euro.
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