EMST, il Museo Nazionale al centro del panorama dell’arte contemporanea
L’istituto pubblico ha ripreso dopo la pausa del Covid a produrre mostre grazie al sostegno pubblico. Grande sforzo per dare voce ai giovani artisti dell’area
di Giovanni Gasparini
I punti chiave
6' di lettura
L'inaugurazione di una mostra collettiva che coinvolge due dozzine di artisti, e cinque esibizioni personali, ha riportato nuovo slancio al Museo d'Arte Contemporanea di Atene (EMST) diretto dal 2021 da Katerina Gregos. Nei cinque anni che separano dall'importante partecipazione dell'Istituzione a Documenta 2017 grazie anche alle risorse tedesche di Kassel, il museo ha elaborato una strategia di collaborazione fra la dimensione internazionale e quella locale, elemento che aveva sollevato qualche critica ai tempi.
La pandemia ha bloccato la slancio delle visite internazionali, ma dal 2021 il numero dei visitatori è triplicato a 10.000 al mese, grazie anche a 15 esibizioni temporanee e 25 eventi nell'ultimo anno, oltre ai due piani dedicati alla collezione permanente. Il lancio delle nuove esibizioni per il 2023, in corso fino a fine maggio, è stata l'occasione per una visita.
Un museo fieramente pubblico
La nuova direttrice rivendica con fierezza il ruolo pubblico dell'istituzione e, diversamente dai suoi omologhi negli altri paesi solitamente impegnati a sottolineare lo sforzo per ottenere fondi privati, si fa promotrice del modello pubblico in cui il 100% dei fondi provengono dalle casse dello Stato. Ciò dovrebbe consentire un'ampia indipendenza dalle pressioni del settore privato e commerciali. Il budget annuale di 9 milioni di euro permette di sostenere un team di 54 persone, a cui si aggiungono collaboratori esterni. Questo modello si riflette nell'approccio etico che contraddistingue le relazioni con lo staff e le collaborazioni con curatori, artisti ed esterni, improntato ad evitare quei comportamenti di sfruttamento che sono disgraziatamente divenuti la norma in molti altri paesi, Italia inclusa. Pertanto, non si sollecitano donazioni da artisti, e le opere vengono commissionate o pagate agli artisti in un rapporto diretto che sottende a forti relazioni fra artisti, curatori e museo. Con buona pace del virtuale.
Artisti in fuga, anzi no
Il museo si propone di arginare e anzi beneficiare dalla cosiddetta ‘Diaspora greca', il fenomeno per cui gli artisti locali si trasferiscono all'estero per assenza fondi in Grecia. Oltre alla commissione di esibizioni ed opere, si propone anche l'uso del museo come studio per artisti. L'edificio, il territorio e la collezione il Museo dopo varie fasi ‘migratorie' dalla sua fondazione nel 2000, è ospitato in un grande edificio modernista, originariamente ex birrificio tedesco Fix fino agli anni ‘70 nella zona industriale al centro di Atene, ridisegnato dall'architetto Takis Zenetos nel 2015. La posizione nelle immediate vicinanze dell'Acropoli e la mirabile vista del Partenone dal terrazzo del Museo connettono il contemporaneo col suo nobile passato. Mentre l'edificio del Museo dell'Acropoli soffoca le casette che attorniano l'Acropoli, l'EMST guarda al futuro e i discorsi nazionalistici sulla restituzione dei marmi non sembrano avere particolare eco.
Gli 8.000 mq di spazio per esibizioni sui 20.000 mq in totale permettono di accogliere anche oltre 1.400 lavori nella collezione permanente (con una percentuale internazionale/locale di circa 60/40%) che dopo una fase di donazioni e acquisizioni con nomi importanti come Kounellis e Mona Hatoum, ora guarda al XXI secolo e all'identità locale. Tutto ciò deve fare i conti con un budget limitato, poiché la coperta è proverbialmente sempre corta.
Le mostre temporanee
Nel 2022 il Museo ha inoltre ricevuto in dono 140 lavori dalla collezione Daskalopoulos (condividendo così la fortuna di grandi musei come la Tate e il Guggenheim). Il nuovo ciclo di esibizioni La collettiva ‘Modern Love' presenta opere curate dalla direttrice Katerina Gregos che abbracciano le tematiche dei rapporti interpersonali mediati dalla tecnologia, e come esse impattano sugli aspetti emotivi, tanto che il sottotitolo è: ‘Amore nell' Era dell'intimità fredda'. Pur non trattandosi solo di opere digitali o video, lo strapotere dei social media nell'era digitale rimane il filo che guida le opere dei 24 artisti in mostra, proiettando una visione critica (quando non decisamente sinistra) di questo momento storico e sociale. Uno dei lavori che sfruttano al meglio le nuove tecnologie spingendole al paradosso è il dialogo fra due assistenti digitali che ‘conversano' fra di loro in ‘I Don't Know you, so I can't love you' installazione del 2018 dell'artista estone Marge Monko.
Il tema del dialogo fra macchine che rimpiazzano l'umanità è al centro dell'indagine di Maria Mavropoulou, artista presente anche nell'esibizione in corso a Bologna al MAST.I suoi spietati scatti fotografici ‘Family Portraits' in cui solo gli schermi accesi delle attrezzature elettroniche illuminano ambienti familiari bui e privi di persone è forse uno dei più riusciti ritratti ‘in assenza', un monito ad un futuro che forse è già presente. Una moderna caverna di Platone in cui l'uomo è cospicuamente assente. Non tutti i lavori però usano un registro negativo per parlare di questi problemi: il video brasiliano ‘Artificial Humours' di Gabriel Abrantes, basato a Lisbona e con la collaborazione della Galleria Francisco Fino, impiega un registro comico e surreale per presentare con un gradevole film di mezz'ora una ‘storia d'amore' fra una ragazza indigena del Mato Grosso e un robot volante.
L'esplorazione degli aspetti della sessualità ed intimità continua con le personali della cretese Eleni Bagaki e di Erica Scouriti, basata a Londra. La prima mette su tela e su carta le proprie fantasie, fra cui una serie di 16 disegni piuttosto espliciti che hanno per supporto vecchie pagine di giornali pornografici, mentre la seconda usa le tecnologie attuali per registrare la propria esistenza e creare anche false memorie con video di qualità volutamente amatoriale, come in ‘Dad's Diary'. L'artista Hannah Toticki, basata in Danimarca, dedica invece la sua prima esibizione in Grecia alla problematica del lavoro nei tempi moderni, ricordando per l'appunto le tematiche presentate da Chaplin un secolo fa per ridicolizzare gli eccessi della rivoluzione industriale. La fusione di abiti da lavoro e uniformi nella realtà di tutti i giorni, la creazione di caschetti da lavoro che però non proteggono dalle ansietà della vita moderna e le sedie da ufficio che metaforicamente ci portiamo anche in vacanza sul bagnasciuga, sono tutte espressioni visive degli eccessi legati alla ‘connessione permanente' contro cui giustamente muove l'artista.
Una riflessione sull'invadenza del lavoro nella società occidentale moderna che non stupisce venga dal Nord Europa. L'intero ultimo piano è dedicato alle tre video-installazioni di Mikhail Karikis, artista di Salonicco basato a Londra e Lisbona, forse il più noto degli artisti del novero grazie alla partecipazione in diverse biennali e al profilo internazionale. I lavori, sotto il cappello comunque del richiamo alla fratellanza ‘Because we are together' sono molto ben prodotti e accompagnati da musiche studiatissime e ampia documentazione preparatoria. I lavori meditano sul climate change, fra cui uno dedicato alla centrale a geotermia naturale di Lardarello in Toscana, mentre un coro di minatori ci riporta a quasi 40 anni fa quando il governo Thatcher chiuse le miniere (incidentalmente una delle più importanti decisioni ambientaliste involontarie, prese in un contesto di lotta sociale violenta). L'installazione video più poetica, affascinate e riuscita propone la ricostruzione di rumori e fenomeni atmosferici tramite strumenti musicali appositamente realizzati, e canti della tradizione folk. La forza delle immagini e delle opere parlerebbe da sola, ma è accompagnata da una notevole mole di documentazione e opere secondarie che purtroppo rendono omaggio alla moda di iper-intellettualizzare l'esibizione anche a scapito della forma artistica.
La realtà ateniesi pubbliche e private
Il museo nazionale si pone al centro di un network che coinvolge anche fondazioni private e gallerie. Alcuni artisti scelti dal EMST, come Eleni Bagaki e Mikhail Karikis, sono presenti anche in un'altra grande esibizione ‘The Current Between Us' in corso fino a fine marzo alla ex Centrale Elettrica a vapore di Neo Faliro verso il porto del Pireo, con il supporto dell'azienda elettrica PPC (omologa dell'Enel in Italia) e diverse gallerie fra cui la milanese ZERO e le ateniesi Rodeo e The Breeder. I curatori Georgia Liapi e Panos Giannikopoulos hanno selezionato diverse decine di lavori di ogni tipo di medium per animare questo immenso spazio industriale attraverso d'arte, realizzando in modo intelligente un non facile equilibrio fra la spettacolarità del luogo e la forza delle opere. L'elenco dei lavori degni di citazione sarebbe troppo lungo, ma forse ancora più importante è l'insieme sia visivo che narrativo che si compone rendendo viva questa enorme ‘cattedrale' per l'arte contemporanea, al centro del quale l'edificio industriale senza tetto costituisce una ‘San Galgano' greca e laica, monumento all'industria e all'ingegno dell'uomo ancora rilevante anche in questa strana era post-moderna.
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