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Enel, dagli investimenti flessibili la spinta alla redditività globale

Gli impieghi in capitale fisso generano flussi di cassa che sono maggiori rispetto agli investimenti stessi. Aumenta il debito netto ma la società dice che il rialzo dell’Ebitda le consente di avere una bassa leva finanziari

di Vittorio Carlini

6' di lettura

Enel, riguardo all’operatività, ha un approccio globale. Cioè il gruppo punta a cogliere dove si presentano, tra i vari Paesi, le opportunità di sviluppo. Una strategia che, volendo massimizzare il ritorno sugli investimenti, fa leva sulla flessibilità e granularità di quest’ultimi. Un esempio? Lo fornisce il focus sulle rinnovabili. Una priorità che, peraltro, è contestuale a quella sulla decarbonizzazione (l’obiettivo al 2030 è ridurre del 70%, rispetto al 2017, le proprie emissioni gas serra per kWh). Ebbene: nelle “renewable” Enel ha dei team tra le diverse aree geografiche che individuano i potenziali progetti. Quelli considerati interessanti sono proposti alla divisione globale di business (Enel Green Power). Qui viene effettuata un’analisi che, se positiva, dà il via a successive fasi (ad esempio riguardo alle autorizzazioni e permessi) il cui “approdo” è il comitato d’investimento centrale composto dai vertici aziendali. Quest’ultimo, ricordando che per Enel il ritorno dell’investimento deve essere almeno 200 punti base al costo medio del capitale su ogni singolo progetto, trarrà le conclusioni finali. Con il che nasce però un dubbio. Ogni strategia ha un rischio d’esecuzione. Soprattutto se, come nel caso in oggetto, ha nell’approccio globale un suo elemento essenziale. A ben vedere la risposta che smorza le preoccupazioni in merito all’efficienza la si ritrova nel conto economico. Il gruppo (così è stato, ad esempio, nel 2017, 2018 e nel primo semestre del 2019) ha sempre, a fronte di ingenti Capex, generato Free cash flow. Il segnale dell’efficiente allocazione degli investimenti capitalizzati.

Fin qui alcune considerazioni sull’approccio globale. Un’operatività flessibile la cui filosofia, va ricordato, si riscontra anche nella gestione attiva degli asset che è tra le priorità del gruppo.

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Al di là di ciò c’è tuttavia un altro angolo visuale utile a comprendere la dinamica del business di Enel: quello geografico. Al 30 giugno scorso il maggiore contributo all’Ebitda ordinario del gruppo è arrivato dall’Italia, seguita dal Sud America e dall’Iberia. Poi ci sono le altre “Region”. Di là dai valori assoluti deve, però, rilevarsi che l’America Latina è quella contraddistinta dal maggiore incremento di redditività (+31,9%). Certo: hanno aiutato il consolidamento della brasiliana Distribuicao San Paulo e il miglioramento del quadro regolatorio. Tuttavia anche nel 2018 il più alto rialzo era ad appannaggio del Sud America. Il segnale di come quest’area sia importante.

Il mondo delle reti
In America Latina Enel vuole crescere nelle reti. Sia chiaro: nei network la nostra Penisola (1,774 miliardi di Mol ordinario nei primi sei mesi del 2019) e l’Iberia (974 milioni) rimangono determinanti. Ciononostante nel piano d’impresa 2019-2021 la Regulated asset base (Rab) di Enel in America Latina è prevista passare da 10,7 miliardi nel 2018 a 14 miliardi a fine arco piano. È vero! A novembre la multinazionale italiana, di cui la “Lettera al risparmiatore” ha incontrato i vertici, presenterà il nuovo business plan. Quindi i dati dell’attuale piano d’impresa non hanno troppa valenza nel loro singolo ammontare. E però devono ricordarsi per segnalare alcune dinamiche di fondo. In questo caso: l’importanza del Sud America. Quel Continente dove l’espansione del network avviene sia per crescita organica che per linee esterne. Rispetto alla prima modalità va sottolineato che nei Paesi sudamericani, diversamente dall’Occidente più industrializzato, si assiste allo spostamento di popolazione dalle campagne alle città. Un processo di urbanizzazione che implica la domanda di nuove strutture di collegamento elettrico. Si tratta di un incremento che interessa ad Enel soprattutto in Paesi quali Cile, Brasile e Perù. L’Argentina dal canto suo, a causa della crisi, è messa in “stand by”. Con riferimento invece all’espansione per linee esterne il gruppo è in gara per rilevare due società di distribuzione elettrica: Luz del Sur in Perù e Chilquinta in Cile. Sono asset rispetto ai quali Enel, che si dice fiduciosa in merito all’asta, è nella short list per presentare le offerte vincolanti.

Di là dal caso particolare l’interesse per le reti all’estero è dovuto anche, e soprattutto, al fatto che i network non digitalizzati (come quelli in America Latina) hanno un importante valore prospettico per la società. Il gruppo, indicano diversi esperti, ha esperienza nella digitalizzazione delle reti. Il che, oltre a darle un vantaggio rispetto ai competitor, le consente di estrarre maggiore redditività dalle reti. Così, tornando in Sud America, Enel guarda ad esempio al Cile dove la legge sui contatori digitali, attualmente bloccata, potrebbe trovare la sua concreta applicazione nel 2020.

Le fonti “renewable”
Ma non sono solo i network. Altro focus, sempre trasversale all’intero gruppo, è sulle rinnovabili. Guardando all’incremento previsto di capacità installata, indicata dal business plan 2019-2021, si nota che la porzione maggiore è attribuibile al Brasile. Certo: gli Stati Uniti, l’Iberia (e la stessa Italia) hanno un importanza primaria. Tuttavia, il messaggio che nuovamente si ricava è che il Sud America non fa da comprimario. Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è sempre più complicata. L’America Latina è una zona notoriamente caratterizzata da instabilità geopolitica. Nel passato è accaduto con il Brasile. Adesso è nuovamente la volta dell’Argentina. È un contesto che può dare fastidio allo sviluppo delle società presenti nell’area. Compresa Enel. Il gruppo non condivide la preoccupazione ed invita ad un’analisi più articolata. In primis perchè, rammenta l’azienda, la valutazione del rischio Paese legata alla tradizionale divisione tra mondo industrializzato ed emergenti ha perso di peso. Basta pensare alla Brexit in europa. Inoltre, ricorda Enel, il Sud America è un continente complessivamente caratterizzato da demografia e congiuntura in crescita. Infine, sottolinea sempre la società, la flessibilità ed efficienza operativa consente di modulare gli investimenti in funzione delle diverse variabili: da quelle geopolitiche a quelle regolatorie. Di conseguenza l’azienda, che non vede alcun un particolare problema sul tema, conferma l’obiettivo a fine 2019 di circa 5,3 miliardi di Ebitda ordinario generato in Sudamerica.

Fin qui alcune considerazioni su America Latina e alcuni focus aziendali quali le reti e le rinnovabili. Altra priorità, però, è anche l’efficienza operativa. Il gruppo, su questo fronte, prevede intorno a 1,2 miliardi di efficienze nel 2021. La digitalizzazione dei vari settori di attività è il principale motore della riduzione dei costi. Una contrazione che passerà per il settore retail, per la “digitization” delle reti e l’efficientamento della generazione termoelettrica. Il mix di strategie è in atto ed Enel indica di essere in linea con il target sulle efficienze per il 2021. Sennonché altro aspetto d’interesse è la struttura finanziaria dell’azienda. Su questo fronte l’indebitamento finanziario netto, al 30 giugno scorso, si è assestato a 45,391 miliardi. Il valore è in rialzo rispetto a fine del 2018 (41,089 miliardi). L’incremento, all’interno di una prima metà dell’anno comunque contraddistinta da ricavi e redditività in salita, fa storcere il naso al risparmiatore. Enel non condivide il disappunto. La società, dapprima, sottolinea che c’è un impatto meramente contabile, legato all’applicazione dell’Ifrs 16, per 1,4 miliardi. Ciò detto Enel invita a guardare l’indebitamento non isolatamente nel suo valore assoluto, bensì contestualmente alla crescita degli investimenti. Il continuo efficiente aumento dei Capex, è l’indicazione, ha permesso l’incremento dei flussi di cassa e della redditività. Tanto che in media il rapporto “Net debt to Ebitda” del gruppo, viene spiegato, è di 2,4-2,5 volte. Cioè la leva finanziaria, anche rispetto ai competitor, è bassa. Non solo. Enel ricorda che i suoi investimenti, mediamente, non sono vincolati oltre il biennio. Questo significa, conclude l’azienda, che se fosse necessario il gruppo ha flessibilità per adeguarsi al mutare della situazione.

Già, il mutare della situazione. Quella globale, a ben vedere, muta sul fronte della crescita. La guerra sui dazi di Washington contro Pechino induce il rallentamento della congiuntura. L’Italia, dal canto suo, è in stagnazione. Una situazione che, implicando il rischio del calo della domanda di energia, può impattare sullo sviluppo della società. Enel, auspicando la soluzione dei contrasti, professa ottimismo. In realtà, dice la multinazionale, il discorso è più articolato. In Occidente il calo di richiesta d’energia è soprattutto dovuto all’efficientamento dei consumi e alla crescita del terziario che, notoriamente, non è così energivoro. E però, sottolinea Enel, la sempre maggiore elettrificazione dell’economia più che controbilancia questa dinamica. Inoltre, sempre in Occidente, viene ricordato che il consumo retail, molto importante per il gruppo, è resiliente alla volatilità del Pil. Riguardo invece ai Paesi emergenti, dove la correlazione tra economia e Mega Watt è ancora forte, Enel rammenta di essere presente in Paesi con congiunture previste in rialzo.

A fronte di un simile contesto quali allora le prospettive sul 2019? Enel conferma, senza considerare l’impatto meramente contabile dell’Ifrs 16, l’obiettivo dell’Ebitda ordinario intorno a 17,4 miliardi e dell’utile netto ordinario a circa 4,8 miliardi. Il debito netto finanziario, considerando l’Irfs 16, è previsto a circa 44 miliardi.

IL GRUPPO ENEL IN NUMERI

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