Enel rifà la centrale di Brindisi: addio al carbone, il futuro è il gas
Da gennaio al via i lavori per cambiare tecnologia nel colossale impianto di Cerano. Meno emissioni e più efficienza energetica
di Jacopo Giliberto
4' di lettura
La transizione energetica nei fatti. L’Enel abbandona il carbone nella colossale centrale Federico II di Brindisi, la seconda più grande d’Italia, un bestione da 2.640 megawatt con un rendimento energetico attorno al 40%, uno dei principali punti d’emissione di anidride carbonica in Italia. Dal 2025 la centrale funzionerà con metano ad alta efficienza, 1.680 megawatt, rendimento energetico attorno al 60%, taglio netto del 60% per le emissioni di anidride carbonica.
Non è un caso che l’Enel abbia annunciato anche la chiusura di una grande centrale a carbone in Cile e che proprio in questi giorni la grande finanza abbia confermato il disimpegno dal carbone, come hanno deciso per esempio le Generali e Intesa Sanpaolo.
Serve flessibilità
Il motivo? La potente centrale a carbone, quattro gruppi da 660 megawatt l’uno costruiti nei primi anni Novanta, è una vaporiera a basso costo con inerzie da pachiderma, lentissima ad accelerare e lentissima a frenare. È una centrale che deve produrre a tavoletta il cosiddetto «baseload», cioè deve produrre lo zoccolo costante di chilowattora e deve evitare variazioni di produzione.
Ma l’arrivo delle fonti rinnovabili, ormai prossime al 50% della produzione nazionale, impone alla rete nazionale il sostegno di centrali termoelettriche flessibili e velocissime nell’assecondare l’incostanza di sole, vento e pioggia. Se una nuvola appanna i pannelli solari o se al contrario il vento soffia più forte sulle pale eoliche, le centrali termoelettriche devono modularsi in pochi istanti per non far mancare la corrente ai consumatori.
Un progetto in tre fasi
L’Enel aveva formalizzato il progetto più di un anno fa; in marzo il ministero dell’Ambiente aveva delineato la procedura di valutazione di impatto e nei giorni scorsi lo Sviluppo economico ha autorizzato il progetto.
Il progetto è diviso in tre fasi. Partendo dal gruppo 2, da gennaio verranno spenti i quattro gruppi a carbone e verrà costruito e avviato un grande turbogas a metano, il cui funzionamento è simile al reattore di un aereo. La fase due prevede la costruzione di un secondo turbogas gemello. La terza fase: i fumi roventi che usciranno dai due turbogas verranno mandati in uno scambiatore di calore per produrre vapore con cui far girare una terza turbina, che sarà collocata dove oggi c’è il gruppo a carbone numero uno. La centrale oggi brucia carbone che viene portato dal porto di Brindisi fino alla centrale di Cerano attraverso un impressionante nastro trasportatore che percorre le campagne pugliesi per una dozzina di chilometri. Il minerale viene polverizzato da mulini enormi e viene soffiato dagli iniettori nelle camere di combustione. In futuro invece userà 260mila metri cubi di metano l’ora.
La vicinanza con il nuovo gasdotto che la Snam sta posando fra Mesagne e Melendugno per collegarsi con il Tap assicura la disponibilità di metano.
Maggiore efficienza
In altre parole, oggi la centrale deve produrre calore bruciando carbone pari a 6.560 megawatt per «estrarne» 2.640 megawatt di corrente; in futuro basteranno 2.700 megawatt di calore dal metano per produrre 1.680 megawatt di elettricità. Inoltre l’Enel sta sviluppando progetti per l’installazione di capacità fotovoltaica all’interno dell’area della centrale, come parte della più generale iniziativa di sviluppo di nuova capacità rinnovabile su tutto il territorio italiano.
Il carbone in Italia
La centrale di Brindisi Cerano non è la sola alimentata con il carbone. La più grande e moderna è quella di Civitavecchia (Enel), ma vanno ricordate per esempio le centrali dell’Enel alla Spezia, a Fusina Venezia e a Portoscuso Sulcis in Sardegna. In graduale dismissione ci sono per esempio le piccole centrali nel porto di Genova e di Giano nell’Umbria. L’utility lombarda A2A ha in programma una graduale uscita dal carbone per la grande centrale goriziana di Monfalcone e ha appena avviato la chiusura della centrale Lamarmora a Brescia mentre è chiusa ormai da anni e ha modeste speranze di ripartire la centrale di Brindisi Nord che si trova nella rada del porto.
Le rinnovabili superano i combustibili
Dice la società energetica: «La chiusura anticipata del Gruppo 2 della centrale Federico II di Brindisi rientra nell’impegno di Enel per la transizione energetica verso un modello sempre più sostenibile».
A livello globale, nel 2019, la capacità installata di Enel da fonti rinnovabili ha superato per la prima volta quella da fonti termoelettriche e nel primo trimestre del 2020 la produzione di energia elettrica a zero emissioni ha raggiunto il 64% della generazione totale del gruppo.
L’obiettivo a lungo termine del Gruppo Enel è la completa decarbonizzazione del mix entro il 2050, con una serie di traguardi intermedi come il completamento dell’addio al carbone in Italia entro il 2025 e a livello globale entro il 2030.
Michele Emiliano: tutelare i lavoratori
«La transizione energetica dal carbone a un modello più sostenibile trova oggi una concreta attuazione nella decisione di Enel di dismettere il Gruppo 2 della centrale Federico II di Cerano entro l’1 gennaio 2021», annuncia la Regione Puglia attraverso un comunicato.
«Questa è una buona notizia, — aggiunge il presidente della Regione, Michele Emiliano — abbiamo lavorato con grande determinazione per convincere Enel a dismettere la centrale a carbone di Cerano e questo impegno è stato preso per il 2025. Dobbiamo dare atto a Enel che ha preso questo impegno». E ha precisato: «I lavoratori e le loro famiglie vanno tutelati», una precisazione che ricorda le proteste che trent’anni fa avevano accompagnato la fine dei lavori di costruzione della centrale.
«Si conferma così il percorso avviato di dismissione dal carbone — osserva il sindaco di Brindisi, Riccardo Rossi — sebbene si tratti solo del primo passo non possiamo che accoglierlo positivamente».
Commenti degli ecologisti
«La scelta di iniziare a chiudere la centrale a carbone di Brindisi, una delle più inquinanti d’Europa, a partire dal primo gennaio 2021 è senza dubbio positiva, purtroppo però rovinata dalla volontà dell’azienda di convertire l’impianto a gas fossile», protesta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia.
Il Wwf aggiunge che «è fondamentale che l’azienda, contestualmente alla procedura di riesame Aia, invii come richiesto dal ministero dell’Ambiente, il piano dettagliato per la dismissione completa dell’uso del carbone».
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