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Energia, Alverà: «Europa acceleri su rinnovabili, regole chiare per sussidi idrogeno»

Secondo il Ceo di Tes-H2 i costi di produzione dell'idrogeno hanno già raggiunto il break even rispetto al gas per il forte rincaro delle commodity. Ora il problema è la discontinuità delle supply chain che colpisce tutti i settori, anche quelli di elettrolizzatori e pannelli solari

di Cheo Condina

(ANSA)

3' di lettura

“Sulle rinnovabili l’Europa era davanti a tutti ma oggi rischia di essere il fanalino di coda, quindi deve dare un colpo di reni. Mi aspetto che nel primo trimestre del 2023 la Commissione esca con delle precise regole per sussidiare, dove serve, l’idrogeno”. E’ quanto ha sottolineato Marco Alverà, Ceo di Tes-H2 (società che punta a decarbonizzare la filiera energetica attraverso l’idrogeno verde), intervenendo alla III Edizione dell’Intelligence Week, organizzata da Vento & Associati e Dune. Oggi il vero nodo, ha aggiunto, più che i costi di produzione dell’idrogeno rispetto alle fonti fossili – dove il break even è arrivato prima del previsto a causa del rincaro delle commodity, a partire dal gas – è che nel “mondo c’è un tema di discontinuità delle supply chain che colpisce tutti i settori, anche quello della produzione di elettrolizzatori e pannelli solari”. “E’ proprio questo – ha continuato Alverà – il vero collo di bottiglia per abbassare ulteriormente la curva dei costi dell’idrogeno green”.

La "corsa al Sole" del Medioriente e gli equilibri geopolitici

Intanto, “c’è in atto una corsa all’interno del Medioriente tra Emirati Arabi e Arabia Saudita per chi ha il primato sull’esportazione del loro Sole. Il Qatar, che oggi guida l’export di gas, non ha abbastanza terreno per fare questi enormi sviluppi che servono su larga scala. La Cina continua a costruire impianti di idrogeno per i suoi fabbisogni interni. Gli Stati Uniti, che erano il Paese più indietro, hanno fatto un balzo in avanti con l’Inflation Reduction Act che ha stanziato quasi 400 miliardi di dollari prevalentemente su rinnovabili e solare”. Di qui la necessità che anche l’Europa acceleri su questo fronte, allacciando ove possibili ponti con il Nord Africa, dove produrre idrogeno verde grazie all’abbondanza di rinnovabili. Questa, secondo Alverà, “è una transizione energetica che abbassa il costo dell’energia, crea nuovi posti di lavoro e, aiutando l’Africa a fornirsi di energia a buon mercato, è un modo anche per gestire, in parte, i flussi migratori. È una attività in cui l’Italia può giocare un ruolo di hub e dove l’Europa deve prendere spunto da questa disponibilità, fare uno scatto in avanti e recuperare il terreno perso con gli Stati Uniti”.

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I mercati finanziari anticipano la svolta green

Anche i mercati finanziari, ha concluso Alverà, sono molto attenti a questa inversione della curva che ci sarà molto presto tra fonti rinnovabili e fonti fossili. “In Tes abbiamo come soci UniCredit, Hsbc, E.On, e FFI (Fortescue Future Industries). La guerra in Ucraina ha accelerato di 5/6 anni questa inversione. Tra tutti i principali investitori le idee sulla transizione ecologica e il senso di marcia sono chiari: il collo di bottiglia sono le fabbriche per produrre pannelli solari ed elettrolizzatori. Non c’è scarsità di spazio di domanda e di tecnologia, c’è tutto quello che serve, adesso bisogna fare quello che noi in inglese chiamammo PPWS (put the panels where it’s sunny) dobbiamo comprare i pannelli, metterli dove c’è il sole e portare quell’energia, che riusciamo a produrre a 10 euro, il più velocemente possibile a sostituire quell’energia che non c’è”. Questo perché “L’Unione Europea è costruita sulla comunità del carbone e dell’acciaio, abbiamo tolto il carbone senza preoccuparci del fatto che togliendo il carbone fa fatica a stare in piedi l’industria dell’acciaio e da essa dipende l’industria automobilistica e centinaia di Pmi in Europa e quindi dobbiamo velocemente sostituire il carbone con qualcosa che sia non solo più pulito ma anche a buon mercato”.

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