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Energia, cos’è il «decoupling» tra i prezzi del gas e dell’elettricità

L’intervento su un sistema in vigore da metà degli anni ’90 è una delle opzioni allo studio dell’Ue (insieme al tetto temporaneo al prezzo del gas) per frenare l’impennata delle tariffe

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2' di lettura

L’Ue lavora a tutta velocità a un intervento di emergenza e a una riforma strutturale del mercato dell’elettricità per affrontare l’impennata dei prezzi del gas e del kilovattora, e impedire un tragico effetto domino sull’economia del Vecchio Continente. Tra le cancellerie europee sta emergendo in particolare una nuova convergenza su due opzioni: un tetto temporaneo (“price cap”) al prezzo del gas importato e usato nella produzione dell’energia elettrica e il disaccoppiamento (in gergo tecnico “decoupling”) del prezzo del gas da quello dell’energia sui mercati all’ingrosso.

Un sistema in vigore da oltre vent’anni

È da circa un anno che la questione “decoupling” è sul tavolo dell’Ue. In seguito alla prima impennata delle quotazioni delle materie prime energetiche causata dalla ripresa dell’economia post-Covid, diversi Paesi hanno iniziato a sperimentare aumenti spropositati della bolletta elettrica pur avendo nel mix energetico una quota marginale di gas. Un risultato determinato dal meccanismo messo a punto negli anni novanta del secolo scorso dall’Ue in concomitanza con il processo di liberalizzazione dei mercati dell’energia europei.

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Il nuovo scenario e la richiesta di riforma

Il sistema ha funzionato bene per decenni, garantendo energia a prezzi accessibili. Ed è servito anche a rendere più costoso il carbone, favorendone la dismissione. Ma la crisi del Covid e la guerra in Ucraina hanno radicalmente cambiato lo scenario. Diverse capitali hanno fatto notare che il sistema era buono per liberalizzare, ma non altrettanto per decarbonizzare, perché fa pagare troppo le rinnovabili. Già nel dicembre 2021, Italia, Francia e Spagna, Romania e Grecia avevano chiesto una riforma incisiva delle regole del mercato, accoppiamento gas-elettricità incluso. Altri nove Paesi (Austria, Danimarca, Estonia, Finlandia, Germania, Irlanda, Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi) erano disponibili a considerare variazioni, ma solo a patto di non sconvolgere l’assetto esistente. Le due posizioni si sono confrontate in modo diretto e a distanza per mesi. Fino all’apertura alla revisione del funzionamento del mercato europeo dell’energia elettrica arrivata a maggio dai leader Ue.

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