Eni: Descalzi e Scaroni a processo per presunte tangenti in Nigeria. Il cda del gruppo conferma la fiducia al ceo
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L’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, e il suo predecessore Paolo Scaroni sono stati rinviati a giudizio, insieme ad altri undici persone, con l'accusa di corruzione internazionale per una presunta tangente da 1,3 miliardi di dollari che sarebbe stata versata da Eni e Shell a politici nigeriani per l’acquisto nel 2011 dei diritti di sfruttamento del giacimento petrolifero Opl 245. Il processo inizierà il 5 marzo prossimo davanti i giudici della decima sezione penale del tribunale di Milano. Il Gup di Milano Giusy Barbara ha rinviato a giudizio anche le società Eni e Shell, coinvolte in base alla legge 231/2001 sulla responsabilità amministrativa degli enti.
Tredici rinviati a giudizio
Oltre a Descalzi e Scaroni, sono stati poi rinviati a giudizio anche Malcolm Brinded, allora presidente di Shell Foundation, tre ex dirigenti della società petrolifera olandese, Peter Robinson, Guy Colgate e John Coplestone, tre ex manager Eni, Roberto Casula, ex capo divisione esplorazioni, Vincenzo Armanna, ex vicepresidente del gruppo in Nigeria, e Ciro Antonio Pagano, all’epoca dei fatti managing director di Nae, società del gruppo Eni, e, infine, alcuni presunti intermediari, Luigi Bisignani, Gianfranco Falcioni e il russo Ednan Agaev, nonché l’ex ministro del petrolio nigeriano Dan Etete. Altri due imputati, gli intermediari Emeka Obi e Gianluca Di Nardo hanno scelto di farsi giudicare con rito abbreviato.
La replica di Eni: cda conferma fiducia nell’operato di Descalzi
Poco fa è arrivata anche la replica di Eni che ha preso atto della decizione del gup del tribunale di Milano. Il cda del gruppo, si legge nella nota, «anche sulla base di una valutazione degli esiti delle verifiche svolte da consulenti indipendenti incaricati di esaminare tutti gli atti e la documentazione depositata a chiusura delle indagini della Procura di Milano nel 2016», ha confermato la fiducia circa l’estraneità di Eni rispetto alle accuse. Ribadita poi la massima fiducia nel ceo Descalzi «sulla sua totale estraneità alle ipotesi di reato contestate e, in generale, sul ruolo di capo azienda.». Eni ha infine espresso «piena fiducia nella giustizia e nel fatto che il procedimento giudiziario accerterà e confermerà la correttezza ed integrità del proprio operato».
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